L'avvocato siciliano Piero Amara, 52 anni, è stato arrestato questa mattina nell’ambito di un’inchiesta che riguarda presunti favori su procedimenti riguardanti l’ex Ilva di Taranto.

Nelle ultime settimane, il suo nome è tornato al centro delle cronache perché i verbali da lui resi alla procura di Milano hanno rivelato l’esistenza di una presunta loggia segreta Ungheria e hanno fatto tremare il Consiglio superiore della magistratura.

All'avvocato Amara viene contestata la corruzione in atti giudiziari sia a Trani sia a Taranto per i filoni dell'inchiesta della procura di Potenza relativi nel primo caso agli esposti anonimi sull'Eni e nel secondo per gli incarichi presso l'amministrazione straordinaria dell'Ilva. Amara, finito in carcere, scrive la Procura di Potenza, è «soggetto attivo» della corruzione insieme a Filippo Paradiso (custodia in carcere) e Nicola Nicoletti (sottoposto agli arresti domiciliari) mentre secondo la procura di Potenza Carlo Maria Capristo (sottoposto ad obbligo di dimora a Bari) è «soggetto passivo».

Amara è da anni al centro dei maggiori scandali giudiziari, il principale dei quali riguarda l’Eni, ed è stato indagato, arrestato, scarcerato, e poi di nuovo finito sotto inchiesta.

Amara, Eni e il «Sistema Siracusa»

Nel 2002, Amara entra a far parte del collegio difensivo dell'Eni. Al suo fianco ci sono l'avvocato Salvatore Calafiore e un giovane imprenditore, Alessandro Ferraro.

Amara, in qualità di ex avvocato esterno di Eni, verrà indagato dai pm di Milano, nell’ambito di un’inchiesta su presunte attività di depistaggio per condizionare l'inchiesta sul caso Eni-Nigeria, e viene arrestato dalla guardia di finanza per un cumulo di pena di 3 anni e 8 mesi.

I procedimenti avviati dalle procure di Trani e Siracusa sul falso «complotto» nei confronti dell’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, secondo i magistrati milanesi, «sono stati avviati e coltivati da Amara» e dai «suoi complici. Sarebbe stata messa in piedi, quindi, una «associazione a delinquere» per «intralciare l'attività giudiziaria», «depistare e delegittimare» le inchieste milanesi.

Amara e il caso Palamara

Piero Amara risulterebbe coinvolto anche nelle vicende dell’ex pm romano, Luca Palamara, ex consigliere del Csm ed ex presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati radiato dalla magistratura con l’accusa di aver pilotato nomine in cambio di favori.

Dal 2019, il legale siciliano infatti diventa il testimone d’accusa in varie indagini, anche molto importanti. Una di queste, è quella che vede indagato Palamara, con l'accusa di aver pilotato diverse sentenze e inchieste a suo carico, in cambio di soldi e favori da parte di lobbisti vicini a grossi imprenditori.

Amara si autoaccusa di aver chiesto e ottenuto favori da Palamara.

Amara e la loggia «Ungheria»

A seguito delle rivelazioni di Amara, la Procura di Perugia apre un fascicolo per ipotesi di reato in associazione segreta, l’inchiesta è in mano al procuratore capo, Raffaele Cantone. L’ipotesi è che i membri della loggia possano aver avuto l’obiettivo di condizionare le nomine in magistratura, ma anche in altri settori.

Attraverso questa loggia, chiamata «Ungheria», Amara racconta di aver conosciuto l'ex vicepresidente del Csm, Michele Vietti, e l’avvocato di Messina Enrico Caratozzolo.

I pm di Perugia e Milano hanno molti dubbi sulla veridicità della testimonianza, su più passaggi del racconto, secondo cui era Vietti a organizzare spesso gli incontri segreti a Roma. Incontri ai quali Amara dice di aver partecipato fino al 2016, anno in cui avrebbe deciso di prendere le distanze. Caratozzolo, invece, mette in dubbio la partecipazione dell’avvocato a questi incontri.

Come raccontato su questo giornale da Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian, Vietti sarebbe anche colui che raccomanda ad Amara un gruppo di avvocati di fama, per farli incaricare per il concordato della spa Acqua Marcia.

Amara, come ricostruito da Domani, ha detto a dicembre 2019 ai pm milanesi di aver «raccomandato» a Fabrizio Centofanti, allora direttore degli affari legali di Acqua Marcia, proprio Caratozzolo, il professor Guido Alpa e Giuseppe Conte. Professionisti che hanno davvero lavorato (legittimamente) per il concordato di Acqua Marcia tra 2012 e 2013, ma che negano con forza qualsiasi rapporto con Amara.

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