Solo quindici giorni fa veniva annunciata al mondo la comparsa di una nuova variante del Coronavirus, chiamata Omicron e scoperta in Sudafrica, e già un gruppo di scienziati di quel paese ha completato e pubblicato online il primo studio su questo nuovo ceppo. Purtroppo le notizie non sono buone: la variante Omicron del SARS- Cov-2 pare sia in grado di reinfettare individui già guariti dal Covid tre volte di più di quelle precedenti, il che significa che un soggetto infettato da una variante precedente del Coronavirus – Alfa, Beta o Delta che sia - potrebbe aver sviluppato un’immunità che non lo protegge dalla nuova variante Omicron. E di conseguenza gli scienziati si chiedono anche: ma i vaccini ora in uso, che contengono le proteine Spike vecchie, di varianti precedenti del virus, conferiscono un’immunità protettiva? Ovvero, la variante Omicron sfugge ai vaccini?

Le evidenze dal Sudafrica

Dr. Manjul Shukla transfers Pfizer COVID-19 vaccine into a syringe, Thursday, Dec. 2, 2021, at a mobile vaccination clinic in Worcester, Mass. As the U.S. recorded its first confirmed case of the omicron variant, doctors across the country are experiencing a more imminent crisis with a delta variant that is sending record numbers of people to the hospital in New England and the Midwest. (AP Photo/Steven Senne)

Giovedì 2 dicembre un team di scienziati, che lavorano nei laboratori dell’Istituto Nazionale di Malattie Infettive del Sudafrica e di arie università del paese, ha pubblicato online un articolo dal titolo: «Aumento del rischio di infezione da SARS- Cov-2 associato all’emergenza della variante Omicron in Sudafrica».

Gli studiosi hanno esaminato quasi 3 milioni di cittadini sudafricani, e hanno scoperto che mentre il rischio di reinfezione da variante beta o delta è bassissimo, la nuova variante Omicron pare reinfettare soggetti già guariti in un numero altissimo di casi. «Il nostro studio», scrivono, «suggerisce che la variante Omicron si associa ad una sostanziale abilità di evadere l’immunità derivante da una infezione precedente. Restano irrisolte due domande urgenti: se la Omicron sia anche in grado di sfuggire all’immunità indotta dai vaccini, e se essi proteggano contro la malattia grave e la morte».

«Noi pensiamo che le infezioni precedenti non forniscano protezione contro la variante Omicron», ha affermato Anne von Gottberg, un’esperta dell’Istituto Nazionale di Malattie Infettive del Sudafrica. Il che è grave e preoccupante.

Del resto, che ci fosse qualcosa di strano gli scienziati sudafricani se ne erano resi conto subito. A metà novembre in Sudafrica si contavano circa 300 nuovi casi di Covid al giorno. Lunedì scorso i nuovi casi sono stati 2273, martedì erano 4373, e mercoledì 8561.

I contagi raddoppiavano da un giorno all’altro. «Spessissimo si trattava di persone che venivano reinfettate dalla nuova variante Omicron», dice von Gottberg. «Crediamo che i casi aumenteranno in maniera esponenziale in tutte le province del paese. Crediamo che i vaccini tuttavia saranno ancora in grado di proteggerci contro la malattia grave».

È solo un augurio oppure una previsione scientifica fondata? Per ora, certezze non ce ne sono. Secondo gli scienziati sudafricani, i dati iniziali suggeriscono che la Omicron provochi una malattia meno grave di quella indotta dalle varianti precedenti, ma queste osservazioni potrebbero essere influenzate dal fatto che i primi casi di Covid da Omicron sono state rilevati in soggetti giovani, che normalmente sviluppano una forma lieve della malattia.

Segnali dai ricoveri

Jonathan Rodriguez, 6, of Worcester, Mass., focuses on a spinning toy as he receives a shot of the Pfizer COVID-19 vaccine, Thursday, Dec. 2, 2021, at a Worcester Department of Health & Human Services mobile vaccination clinic, in Worcester. As the U.S. recorded its first confirmed case of the omicron variant, doctors across the country are experiencing a more imminent crisis with a delta variant that is sending record numbers of people to the hospital in New England and the Midwest. (AP Photo/Steven Senne)

I cittadini sudafricani sono preoccupati e stanno correndo in massa a vaccinarsi. Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha ammonito i suoi concittadini: «Se i tassi di vaccinazione non aumenteranno sarò costretto a imporre uno strettissimo lockdown in tutto il paese». «L’aumento delle vaccinazioni dell’ultima settimana non è sufficiente», ha affermato Aslam Dasoo, un esperto di politica sanitaria. «Non basta per arrestare questa quarta ondata. Lo scorso lunedì era positivo tra l’1 e il 4 per cento dei tamponi. Adesso lo è oltre il 20 per cento. Rischiamo tantissimo».

In ogni caso, i medici della provincia di Gauteng, quella più colpita, riferiscono che i loro pazienti presentano perlopiù sintomi simili a una influenza accompagnata da una tosse secca, che nella maggior parte dei casi può essere curata a casa.

Però, i ricoveri per Covid negli ospedali della provincia sono passati dai 143 della prima settimana di novembre ai 788 della settimana scorsa. Sono cresciuti di più di 5 volte in due settimane, il che equivale ad un tasso di contagiosità quattro volte superiore a quello della terribile variante delta.

«Dai primi dati, sembra che i vaccini forniscano ancora alti livelli di protezione contro le ospedalizzazioni e la morte», ha affermato Abdool Karim, epidemiologo dell’Università KwaZulu-Natal. Sembra, ma non è certo. E questa incertezza deriva dal fatto che la variante Omicron è avvolta nel mistero.

Quando è comparsa, gli scienziati si sono resi conto che conteneva ben 32 mutazioni nella sua proteina Spike - quella che il virus utilizza per attaccarsi alle nostre cellule – e si sono spaventati.

La proteina Spike è alla base della contagiosità e della aggressività del virus, perché è come una “chiave” che esso utilizza per entrare dentro alla “serratura” formata dal recettore ACE2 presente sulle superficie di certe nostre cellule.

L’origine della contagiosità

Ogni mutazione altera la sua struttura, e la rende in grado di entrare meglio, o peggio, dentro alla serratura-cellula. La chiave-spike che entra meglio nella serratura apre meglio le cellule. Poi, la proteina Spike del coronavirus è composta da due porzioni, definite “subunità”.

La prima subunità, denominata S1, aggancia il recettore sulla cellula attraverso una sua porzione chiamata Receptor Binding Domain, ovvero «dominio che lega il recettore»: sembra sia responsabile della contagiosità del virus. La seconda subunità, la S2, favorisce la fusione fra la membrana del virus e quella della cellula, e permette al virus di iniettare il suo materiale genetico, il suo Rna, dentro la cellula, per infettarla e generare tante copie di virus figli: sembra sia responsabile della aggressività del virus.

Le 32 mutazioni nella proteina Spike di Omicron sono quasi tutte concentrate nella subunità S1, e pare che le conferiscano la capacità di agganciarsi meglio alle cellule delle nostre vie aeree, rendendo la variante più contagiosa. La sua subunità S2 è praticamente priva di mutazioni, e quindi la sua aggressività dovrebbe essere invariata. In effetti, Omicron si è dimostrata da subito più contagiosa, ma non pare più aggressiva e letale.

Che succede con i vaccini

Jehna Kottori, 10, of Worcester, Mass., right, prepares to receive a shot of Pfizer COVID-19 vaccine, Thursday, Dec. 2, 2021, at a mobile vaccination clinic, in Worcester. As the U.S. recorded its first confirmed case of the omicron variant, doctors across the country are experiencing a more imminent crisis with a delta variant that is sending record numbers of people to the hospital in New England and the Midwest. (AP Photo/Steven Senne)

La proteina Spike, però, è anche quella che genera la risposta immunitaria del nostro organismo. I nostri linfociti B producono diversi tipi di anticorpi contro i vari antigeni presenti sulla superficie del virus, ma sono quelli contro la proteina Spike i più efficaci a bloccare il virus, e sono i linfociti T che riconoscono la proteina Spike del virus quelli che meglio degli altri lo uccidono e lo fagocitano.

Per questo motivo, i vaccini contengono un virus innocuo che esprime la proteina Spike sulla sua superficie, oppure goccioline di lipidi al cui interno sta un RNA che istruisce le nostre cellule a produrla.

C’è una strana caratteristica della variante Omicron che potrebbe favorirci. I vaccini attuali contengono una proteina Spike modellata su quella presente nei virus vecchi, originari, pre-varianti. Quando hanno sequenziato l’Rna della variante Omicron e le sue mutazioni, gli scienziati hanno studiato – diciamo così - il suo albero genealogico: un virus deriva, cioè è figlio, del virus “papà” che più gli assomiglia dal punto di vista genetico. E così si sono resi conto che la variante Omicron non deriva, cioè non è figlia, di nessuna delle varianti ora in circolazione nel mondo, perché non assomiglia a nessuna.

Da dove sia nata è un mistero: si sa solo che invece essa è molto simile alle varianti originarie del virus, quelle che circolavano due anni fa.

Qualcuno ipotizza che Omicron si sia replicata “di nascosto” per lungo tempo in un individuo immunodepresso, malato di Aids, che gli ha fatto da incubatore. Il bello è che avendo una proteina Spike per così dire “antica” i vaccini attuali dovrebbero ancora essere in grado di proteggerci. Forse.

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