Gli ultimi due atti del governo di Mario Draghi – di fatto concluso, qualsiasi cosa riservi il destino a un «nonno al servizio delle istituzioni» – sono la relazione sul Pnrr discussa ieri con le forze politiche e un editoriale scritto a due mani con il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron sul Financial Times sulla riforma del patto di stabilità e crescita europeo.

I due atti sono legati, perché Macron e Draghi, definiscono il Next Generation Eu un buon modello di valutazione della qualità della spesa pubblica e del suo modo di finanziarla, cioè con debito europeo, e chiedono di rivedere le regole fiscali Ue, obiettivo su cui tutti concordano, offrendo spazio di manovra per gli investimenti pubblici. Ma è proprio il riferimento al NextGeneration Eu a fare la differenza.

La proposta

LaPresse

L’articolo del Financial Times, di per sé abbastanza vago, in realtà linka una proposta molto articolata.

La firma il consigliere economico di Draghi, Francesco Giavazzi, di due economisti che il premier ha chiamato a Palazzo Chigi ormai sei mesi fa proprio per lavorare sulla riforma del Patto di stabilità, Veronica Guerrieri dell’università di Chicago e Guido Lorenzoni della Northern Western University e Charles Henri Weymuller, consigliere di Macron all’Eliseo per gli affari macroeconomico e le politiche commerciali che ha lavorato con il presidente francese dai tempi in cui era ministro di Hollande.

La proposta, riassunta brevemente e in maniera rozza, è la seguente. Creare una agenzia europea del debito che acquisti la quota di debito nazionale “causato” dalla pandemia” – il documento si spinge a ipotizzare anche quello della crisi del debito precedente – anche scambiando con la Bce i suoi acquisti e dando alla Bce in cambio eurobond, in modo da trasformarla in una istituzione stabile dell’Ue. Per i paesi ad alto debito, esattamente come è successo col Pnrr significherebbe una riduzione del costo del debito (gli interessi) rilevante, per l’Italia attorno al 38 per cento. Sui debiti nazionali verrebbero applicate regole diverse in base all’obiettivo della spesa: se si tratta di progetti assimilabili a quelli finanziati da Next Generation Eu, debito buono per intenderci, allora il piano di rientro può essere più lento in considerazione della crescita. Dalla regola del deficit sarebbero esclusi questi investimenti buoni e gli obiettivi di rientro dovrebbero essere triennali e negoziabili in base alle variabili macroeconomiche del singolo paese.

Le alleanze

Germany's Chancellor Olaf Scholz, left, and Italy's Prime Minister Mario Draghi hold a joint news conference at Chigi Palace government office in Rome, Monday, Dec. 20, 2021. (AP Photo/Guglielmo Mangiapane,Pool)

Draghi ha scelto di rendere pubblica la proposta, che lui e Macron si raccomandano sia discussa senza essere offuscati dall’ideologia, solo dopo aver incontrato il nuovo cancelliere tedesco Olaf Scholz. Nel fitto lavoro diplomatico tra le cancellerie europee che regolarmente accompagna queste iniziative e che si è incrociato con l’accoglienza al nuovo governo di Berlino, a Italia e Francia è mancata però la sponda spagnola.

Secondo il quotidiano El Pais, infatti, Pedro Sanchez ha deciso scientemente di non allinearsi a Roma e a Parigi e di avere come primo interlocutore Berlino e perché no, magari il nuovo governo olandese del sempiterno Mark Rutte che ha rinunciato all’etichetta di frugale. Il motivo sarebbe avviare una riforma il più rapidamente possibile e non replicare la frattura Nord- Sud che ha accompagnato le passate discussioni sulla riforma dell’Eurozona.

In realtà per chi conosce le dinamiche europee non è proprio una novità: il rapporto tra Berlino e Madrid si è consolidato nell’asse Merkel e Rajoy ai tempi del salvataggio delle banche spagnole ed è stato mantenuto solido anche dal successore socialista. I maligni potrebbero persino ricordare i voti mancanti di Spagna e Germania alla candidatura di Milano come sede dell’Ema.

Quale golden rule?

Al di là dello sviluppo futuro della discussione e delle sue geometrie diplomatiche, per ora c’è un’altra proposta sulle regole fiscali europee elaborata per il think tank Bruegel, uno dei centri di elaborazione politica più ascoltati a Bruxelles, da Guntram Wolff e da Zsolt Darvas e citata come termine di paragone nel documento franco-italiano.

Si tratta di una golden rule sui nuovi investimenti verdi che prevede il loro scorporo dal conteggio del deficit, ma escludendo completamente il problema del debito pregresso, una formula che sembra cucita addosso al nuovo governo tedesco, con al ministero dell’Economia e del clima il verde Robert Habeck e a quello delle finanze il liberale Christian Lindner, ma molto poco alle idee della coppia franco-italiana.

Grandi ambizioni comuni, dunque per Draghi e Macron: nelle rispettive patrie, dove entrambi aspirano esplicitamente o meno alla presidenza della Repubblica, e anche in Europa.

 

© Riproduzione riservata