Domani entrerà in vigore l’obbligo di green pass sui luoghi di lavoro e i principali sindacati denunciano che i principali porti italiani, da cui dipende una parte sostanziale del sistema logistico del nostro paese, rischiano di restare bloccati.

Al centro della crisi che rischia di scoppiare nelle prossime 24 ore ci sono le minacce di blocco dei porti da parte dei sindacati contrari all’obbligo di green pass, tra cui è in prima fila il Coordinamento dei lavoratori portuali di Trieste. Ma altrettanto problematica rischia di essere la presenza di numerosi lavoratori senza green pass nel personale che gestisce le infrastrutture portuali, negli equipaggi stranieri delle navi e tra gli autotrasportatori, molti dei quali originari dell’Europa dell’est e vaccinati con vaccini non riconosciuti nell’Unione Europea.

Le denunce

«Il governo è rimasto accecato dal suo obiettivo di vaccinare il 90 per cento della popolazione tralasciando completamente le ricadute sul mondo del lavoro delle sue decisioni», dice Roberto Gulli, segretario del sindacato Uiltrasporti Liguria.

Gulli dice di non essere preoccupato da un blocco del porto da parte dei lavoratori. «Non ci sono state avvisaglie come a Trieste». Piuttosto, teme rallentamenti dovuti ai 20 per cento di portuali genovesi non vaccinati che potrebbero non presentarsi al lavoro o avere difficoltà a ottenere i tamponi per farlo.

Ancora più preoccupante è la situazione generale della logistica, dice, con circa il 30 per cento degli autotrasportatori che si stima siano privi di green pass. Uno dei problemi principali sono i circa 5mila autisti stranieri vaccinati con Sputnik, un vaccino che non dà ancora diritto al green pass. «In queste condizioni, il rischio che le merci restino a terra è alto», dice Gulli e ricorda che in Italia lo stock medio delle forniture ha una durata di 15 giorni.

L’intervento del governo

Di fronte a questa situazione, il governo è corso ai ripari martedì sera quando dopo una riunione di emergenza ha diffuso una circolare in cui chiede ai prefetti di trattare con le parti sociali e di raggiungere accordi che portino le imprese a farsi carico del costo dei tamponi per i lavoratori privi di green pass, così da evitare una «grave compromissione» dell’operatività dei porti.

La richiesta di avere tamponi gratuiti per i lavoratori è sostenuta da tutte le organizzazioni sindacali principali e dalle loro federazioni dei trasporti, oltre che da numerosi enti locali e autorità portuali. Confindustria è invece contraria.

Ieri mattina, si sono svolti diversi incontri nelle prefetture delle città portuali e numerose aziende hanno accettato di pagare i tamponi ai lavoratori, a Trieste e Genova, ad esempio. Non a Livorno, invece, dove Giovanni Ceraolo, responsabile dei portuali dell’Usb, dice che venerdì manifesteranno sotto la sede dell’autorità portuale per chiedere risposte sui tamponi per portuali e altri lavoratori.

La decisione sui tamponi pagati dalle aziende rappresenta un notevole capovolgimento di fronte da parte del governo Draghi che fino ad oggi aveva adottato una linea molto dura sul green pass. Nonostante le obiezioni di parte della maggioranza, e in particolare della Lega, e dei principali sindacati, il governo aveva comunque imposto l’obbligo di esibirlo sul luogo di lavoro, una decisione quasi unica in Europa.

La situazione a Trieste

La situazione resta critica a Trieste, il più grande porto italiano per quantità di merci movimentate. Qui, il Coordinamento lavoratori portuali, la principale organizzazione dei 1.500 lavoratori impiegati nel porto, ha respinto l’offerta di tamponi a spese delle aziende e ha annunciato che a partire dal 15 ottobre bloccherà il porto di Trieste fino a che l’obbligo di green pass non sarà cancellato per tutti i lavoratori italiani.

«L’apertura del governo di ieri mirava a screditarci, cerca di far vedere che ci vendevamo solo per i nostri interessi», ha detto ieri Stefano Puzzer, portavoce del Coordinamento. Puzzer dice di essere vaccinato, come oltre la metà degli 850 lavoratori che avrebbero aderito alla protesta, ma sostiene comunque la necessità di cancellare l’obbligo di green pass. «Con nostro grande orgoglio e grande responsabilità ci siamo dovuti sostituire allo stato, se lo stato non la difende costituzione dobbiamo farlo noi lavoratori».

La protesta del Coordinamento ha aperto uno scontro con il presidente del porto, Zeno D’Agostino, ritenuto uno dei principali artefici della rinascita dello scalo triestino. Il suo impegno per assicurare condizioni lavorative migliori ai lavoratori aveva spinto i portuali a difenderlo con un’occupazione del porto quando l’Anac ne aveva chiesto le dimissioni per incompatibilità.

Oggi D’Agostino dice di essere «amareggiato» per la decisione di una parte dei «suoi» portuali. «Chi vorrà andare al lavoro venerdì non potrà farlo perché ci sarà un blocco di portuali e di persone che con il porto non c’entrano nulla». Dopo venerdì, D’Agostino dice che cercherà di capire quanti portuali aderiscono veramente al blocco ad oltranza. Se dovessero rivelarsi un numero significativo «vorrà dire che non ho più il sostegno dei portuali e quindi mi dimetterò».

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