«Il direttore Alessandro Canali è stato licenziato dal capo dell’Agenzia delle Dogane Marcello Minenna solo perché il giorno prima gli aveva evidenziato anomalie gestionali e irregolarità nella gestione di una dipendente dell’ente, Patrizia Bosco, con cui Minenna ha una relazione di tipo sentimentale». Sono queste in estrema sintesi le accuse di un esposto depositato al tribunale di Roma e alla Guardia di Finanza da Canali, un legale e grillino della prima ora e dirigente di alto livello dell’agenzia nazionale. Accuse che (se provate) sarebbero gravi, perché riguardano comportamenti, viaggi e missioni istituzionali del capo di uno degli enti fiscali più importanti del paese.

La vicenda da una settimana sta squassando non solo gli uffici dell’organismo, ma anche il mondo dei Cinque stelle. La guerra raccontata da Domani, che ha ottenuto documenti riservati ed esposti mandati in tribunale e alla Guardia Di Finanza, è infatti tutta intestina: se Minenna è stimato da Beppe Grillo e ovviamente da Giuseppe Conte (che lo impose direttore quando era a Palazzo Chigi), Canali da lustri è uno dei professionisti di riferimento del movimento romano, e considerato da fonti parlamentari ancora oggi come un «uomo onesto ed integerrimo». «Sono tutte sciocchezze», dice Minenna al telefono senza voler aggiungere altro. Altre fonti vicine al direttore spiegano però che la vicenda sarebbe solo una vendetta. Una gigantesca calunnia causata dalla fine brusca del rapporto di lavoro.

Licenziamento misterioso

Partiamo dalla fine della storia. Cioè dallo scorso 22 settembre, quando Canali – messo due anni fa a capo della segreteria dell’ufficio del vicedirettore, detenuto ad interim dallo stesso Minenna – manda una mail al suo capo e alla Bosco, spiegando ai due che «Patrizia, distaccata da un altro ente e formalmente incardinata da Canali, «non ha mai timbrato e tuttora risulta non in possesso di cartellino». L’avvocato chiede di regolarizzare la questione, e propone a Minenna pure di scaricare le spese delle trasferte della Bosco non sul suo ufficio dove lei è incardinata (sarebbe in quel caso solo lui il responsabile in caso di eventuali e presunte irregolarità) ma su quello da Minenna, «essendo state gestite sino ad ora tutte le missioni direttamente dal direttore generale e dalla sua segretaria».

Il giorno dopo l’invio della missiva - allegata agli atti dell’esposto insieme a foto e messaggi whatsapp che proverebbero il legame sentimentale tra i due - Minenna convoca Canali annunciandogli seduta stante la soppressione dell’ufficio del vicedirettore, con conseguente perdita dell’incarico. «Canali trovava nello studio con grande sorpresa non solo la predetta dottoressa Bosco, ma altresì una decina di persone tra cui il direttore del personale, la dirigente dell’ufficio dirigenti, ed altri funzionari», scrive l’avvocato nel ricorso ex articolo 700 che chiede al tribunale di Roma l’immediata reintegra del posto di lavoro.

In effetti una lettera del 23 settembre firmata da Minenna chiarisce a Canali che ha deciso di eliminare la segreteria del vicedirettore, e che dunque di lui non c’è più bisogno. Il grillino viene spogliato conseguentemente anche degli altri incarichi ad interim e delle funzioni che l’ex amico gli aveva assegnato: da quello di numero uno della dogana dell’Aquila fino alla «trattazione, istruttoria e visto per la firma degli atti – si legge ancora nell’esposto di Canali – di quattro rilevantissime direzioni centrali: direzione giochi, tabacchi, direzione legale e direzione amministrativa e finanza. Ciò a riprova che l’asserita riorganizzazione che ha portato alla repentina soppressione del predetto ufficio è solo una evidente finzione e schermatura» per il licenziamento «arbitrario e ritorsivo».

I viaggi

Per Canali il suo siluramento sarebbe dovuto principalmente ai dubbi da lui esposti sui viaggi istituzionali della Bosco a spese dell’agenzia delle dogane. «In ogni evento pubblico Minenna la presentava come responsabile delle relazioni istituzionali, pur detenendo lui il predetto incarico», segnala ancora nell’esposto. Dagli uffici di Minenna spiegano al contrario che è davvero lei a gestire la funzione, e che dunque tutto è pienamente regolare. Non sappiamo però se esistano o meno lettere ufficiali d’incarico alla donna, perché il direttore raggiunto da Domani ha preferito non commentare.

Il legale arrabbiato ha depositato in tribunale anche le fotocopie su carta intestata dell’Agenzia di prenotazioni assortite, email e note spese delle missioni di Minenna e della Bosco. Da queste si evince che nel weekend di Ferragosto i due vanno a Lampedusa per tre giorni, con partenza in aereo da Roma: l’ufficio del direttore chiede all’agenzia di viaggi Cisalpina sia i biglietti aerei sia «la prenotazione di due camere doppie uso singola nell’hotel “Cupola Bianca” di Lampedusa». È il numero uno dei Monopoli che decide di portare con se la Bosco, «in missione per motivi istituzionali presso l’ufficio delle dogane del Canale di Sicilia» specificando che «le spese di trasferta sono a carico di questa agenzia». La missione secondo Minenna è giustificata da un suo incontro con il prefetto Michele Di Bari in merito al tema dello “smaltimento” delle imbarcazioni usate dai migranti. Dunque, non ci sarebbe nulla di anomalo.

Tornati dalla Sicilia a Roma i due si imbarcano per Brindisi. Lei stavolta paga il volo di tasca sua, mentre la trasferta di Minenna risulta, anche questa, a carico dell’agenzia per altri motivi istituzionali. Il volo arriva in Puglia alle 19 di sera del 15 agosto, Minenna viene prelevato da un autista dei Monopoli, ma non risulta partecipare quella serata di festa a incontri né eventi ufficiali. Però fonti delle Dogane dicono che anche in quel caso ci sono validi motivi che giustificano il viaggio, e che tutto è perfettamente regolare.

Leggendo le carte depisitate da Canali risultano varie missioni istituzionali della Bosco e del suo capo: qualche giorno fa, il 21 settembre, in occasione del “Fashion Week” di Milano, i due prendono un treno in business e due camere all’NH Collection President a 420 euro totali: motivo della visita di Minenna e della Bosco la presentazione del “museo itinerante dell’anticontraffazione”. Un’idea chiamata “Glass House” avuta tempo fa da Minenna per mostrare in piazza Ferrari tarocche e falsi cinesi di ogni tipo, da orologi a vestiti, che vengono spediti nelle maggiori città italiane a spese dell’agenzia per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema.

Grillino contro grillino

Dal 15 al 17 settembre Minenna e la Bosco vanno (insieme ad altri quattro dipendenti) fuori Roma. Prima tappa è Genova, all’inaugurazione del Salone nautico dove Minenna aveva voluto uno stand dell’agenzia. I due dormono in elegante hotel del centro (il “De Ville”, ogni suite è costata 315 euro a notte, sempre a carico dell’agenzia) mentre gli altri – a parte l’autista-guardia del corpo del direttore - pernottano in un albergo meno caro. A Genova Minenna va però a trovare anche Beppe Grillo a casa sua, per consegnargli il “Libro Blu 2020” che raccoglie tutti i successi dell’ente fiscale dell’anno passato. Una mossa che ha fatto storcere il naso a molti: il fatto che un direttore di un organismo pubblico sia andato a trovare uno dei vertici (ma senza ruoli istituzionali) del partito che ha appoggiato la sua nomina è stata considerata infatti poco opportuna.

Dalle carte depositate da Canali, sembra che anche ad ad agosto e settembre la Bosco e Minenna viaggino spesso in missione insieme: a Trento, Bologna, a Marsala, a Venezia. Nella città lagunare vanno all’hotel quattro stelle lusso “Savoia & Jolanda” a Riva degli Schiavoni, poi il giorno dopo il programma prevede uno spostamento in taxi (un motoscafo) fino all’hotel Excelsior del Lido dove in quei giorni si teneva la 78esima Mostra del Cinema e dove l’agenzia aveva deciso, questa sembra la motivazione della missione, di mostrare un video celebrativo sull’agenzia. Insomma, anche stavolta non ci sarebbe nulla strano.

Vedremo adesso se gli inquirenti e il tribunale di Roma vorranno fare approfondimenti per capire se Canali dice la verità oppure se mente per colpire chi gli ha levato il posto di lavoro e lo stipendio. Perché delle due l’una: o Minenna è vittima di un agguato strumentale dettato da vendetta oppure, fosse riconfermata la ricostruzione di Canali, diventerebbe protagonista di una di quelle vicenda che il M5S considera tipiche della vecchia Casta. E che non piacciono nemmeno al governo di Mario Draghi, che da tempo deve decidere se confermare o meno l’economista sulla delicata poltrona dell’agenzia. 

© Riproduzione riservata