Oggi Beppe Grillo incontrerà i parlamentari del Movimento 5 stelle e lo farà senza il leader in pectore, Giuseppe Conte. «Non abbiamo notizie», «brancoliamo nel buio», «nessuno sa cosa viene a fare domani», hanno detto diversi parlamentari del Movimento alle agenzie.

Quello che si sa è che ancora una volta il Movimento 5 stelle appeso alle imprevedibili decisioni del suo fondatore. Il partito è in crisi di voti e di idee e secondo molti l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte potrebbe riuscire a salvare il salvabile. Ma Conte e Grillo sono da giorni impegnati in una difficile e segreta trattativa su quale sarà il futuro ruolo di Grillo, su quanta autonomia avrà il nuovo capo politico e su chi avrà la proprietà del simbolo del Movimento. In altre parole: se può esistere un Movimento 5 stelle senza Beppe Grillo.

Democrazia diretta dall’alto

Non è la prima volta che accade qualcosa simile. La storia del Movimento è quella del ciclico accentramento del controllo da parte di Grillo e del suo rilassamento, ma senza che mai nessuno di questi due processi giunga al suo epilogo: la trasformazione di Grillo in autentico capo politico, o il definitivo affrancamento del Movimento dalla figura del suo fondatore.

La prima volta che questa dinamica si è manifestata, il Movimento 5 Stelle non era ancora nato. È il 2005 e Grillo annuncia sul suo blog la nascita dei MeetUp “Amici di Beppe Grillo”, luoghi di aggregazione in cui attivisti locali possono discutere i temi che stanno a cuore il comico: ambientalismo, difesa dei consumatori, acqua pubblica, connettività.

In uno dei primi incontri, a Torino, Grillo sottolinea lo spirito della sua creatura: «Ragazzi funziona così: voi segnalate, io faccio l’amplificatore. Si studia il problema a fondo, seriamente e si collabora». In pochi notano il paradosso di un’organizzazione che si dice nata dal basso, ma che allo stesso tempo creata dall'alto da un leader carismatico.

Il peccato originale

Un gruppo di attivisti, però, lo prende alla lettera. Nel 2007 nasce MeetUp 280, un gruppo di discussione che arriva a contare un centinaio di iscritti, tra cui molte figure che presto diventeranno note: Michele Morini, Giovanni Favia, Federica Salsi, Maurizio Buccarella, Andrea Cioffi, Federico Pizzarotti, Alfonso Bonafede e Vittorio Bertola. Molti di loro entreranno presto nelle fila dei dissidenti.

Il gruppo discute spesso di come strutturare l’organizzazione tra i vari MeetUp. “Democrazia diretta” è una delle espressioni che ricorrono più di frequente e alcun, sostengono sia stato questo gruppo a dare per primo l’idea a Grillo. Il rapporto con il fondatore è un tema centrale per il gruppo. Bisogna, scrivono, «chiarire con Grillo che intenzioni abbia, chiarire che intenzioni abbiamo tra noi e Beppe Grillo».

A settembre, il gruppo presenta un documento con la sintesi delle sue discussioni: è la prima proposta di uno statuto per qualcosa che appare come l’embrione di un partito, fondato sull’organizzazione dal basso e sulla democrazia diretta. Non se ne farà niente.

Pochi giorni dopo, il V-Day di Bologna ha un successo enorme e Grillo annuncia che fornirà “certificazioni a cinque stelle” a una serie di liste che parteciperanno alle successive elezioni amministrative. La democrazia diretta tirata in ballo dal gruppo 280 diventa un pilastro del nascente movimento. Ma sarà una democrazia concessa dall’alto e che, dall’alto, potrà essere sospesa in qualsiasi momento.

Espulsioni e parlamento

Nel 2009, Beppe Grillo fonda il Movimento 5 Stelle sulla base di un documento chiamato ironicamente “non-statuto”, nel quale l’ultima parola su tutto spetta allo stesso Grillo. L’anno successivo, il Movimento partecipa alle prime elezioni amministrative e ottiene un discreto risultato, riuscendo a far eleggere diversi consiglieri regionali e comunali. Le tensioni però esplodono rapidamente e arrivano le prime espulsioni per contrasti con il leader.

Nel 2013, il Movimento 5 Stelle ottiene una sorprendente e spettacolare vittoria alle elezioni politiche. Diventa il partito più votato in Italia e si trova nell’improvvisa necessità di coordinare più di 150 tra deputati e senatori, scelti dagli attivisti tramite elezioni primarie.

Il sistema per tenerli sotto controllo è draconiano. Divieto di andare in televisione, ampi poteri concentrati negli staff della comunicazione, scelti personalmente da Grillo e dal suo soco Gianroberto Casaleggio. Si decide che i capigruppo, figure che potrebbero diventare leader in pectore, dovranno alternarsi ogni due mesi.

Il direttorio

Il sistema dura poco più di un anno. Le europee del 2014 vanno male, gestire tutto come un padre e padrone è molto impegnativo per Grillo e le risorse di Casaleggio e della sua azienda sono limitate. In primavera, Grillo torna in teatro con un spettacolo per la prima volta da anni. Durante il monologo fa capire chiaramente quanto sia stanco di seguire il Movimento passo passo.

Grillo si allontana di nuovo dal Movimento. A novembre, annuncia una votazione lampo sulla nomina di un “comitato esecutivo”, ribattezzato subito “direttorio”. Ma, ancora una volta, fa il passo solo a metà. I cinque componenti, tra cui Luigi Di Maio e Roberto Fico, li sceglie personalmente tra i suoi fedelissimi. A parte il prestigio mediatico, il direttorio non ha reali poteri.

Il capo politico

Il direttorio non cambia la natura del Movimento e il suo principale effetto è lanciare la carriera politica del più ambizioso e abile dei suoi componenti, Luigi Di Maio. Grillo intanto attraversa un’altra delle sue cicliche fasi di stanchezza. La morte di Casaleggio nel 2016 ha reso ancora più pesanti le sue incombenze. Alla fine del 2017, Di Maio viene eletto capo politico e, in poco tempo, Grillo fa approvare un nuovo statuto e separa il suo blog da quello del Movimento. I giornali raccontano dell’allontanamento finale del fondatore. Ma il diavolo è nei dettagli: Grillo con il ruolo di “garante” mantiene un potere altissimo nel Movimento e continua a essere l’unico titolare del suo simbolo.

Di Maio, comunque, gode di un’autonomia senza precedenti e pur incontrandosi con Grillo nei momenti chiave, guida il Movimento alla sua prima esperienza di governo insieme alla Lega. Non andrà bene. Dopo una serie di sconfitte locali, l’esito delle europee nel 2019 spinge Di Maio alle dimissioni. Grillo torna ancora una volta in campo e impone un’alleanza con il Partito democratico. Il futuro, dopo questo governo, si sta scrivendo in questi giorni.

Quella che ha colpito il Movimento in questi anni è la maledizione del padre fondatore. Dopo avere creato un partito diretta emanazione della sua personalità, Grillo ha deciso che la sua creatura non poteva vivere senza di lui. Ma allo stesso tempo ha scoperto che non poteva vivere né svilupparsi nemmeno con lui. Una storia che, per una di quelle crudeli ironie della storia, Grillo condivide con il suo arcinemico: Silvio Berlusconi e la sua Forza Italia.

 

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