Nei verbali di Piero Amara un nome ricorre spesso: Michele Vietti, ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura dal 2010 al 2015. L’ex esponente dell’Udc viene citato per la prima volta il 6 dicembre 2019, mentre Amara sta parlando ai pm Laura Pedio e Paolo Storari di vicende legate all’Eni. «Devo fare una premessa: io facevo parte di una loggia massonica coperta formata da persone che io ho incontrato attraverso persone di origine messinese, dove questa loggia è particolarmente forte. Mi ha introdotto Giovanni Tinebra, magistrato con cui avevo ottimi rapporti. Attraverso questa loggia, chiamata “Ungheria”, ho conosciuto Vietti e tale Enrico Caratozzolo, avvocato di Messina», dice Amara.

Nel racconto di Amara, le cui ricostruzioni sono vagliate dai pm di Perugia e Milano che dubitano della veridicità di molti passaggi, Vietti sarebbe il suo capo diretto. Uno dei “vecchi”, che talvolta avrebbe perfino organizzato incontri del fantomatico gruppo massonico in uno studio di cui «aveva disponibilità» a Roma.

L’ex numero due del Csm è torinese, ex sottosegretario alla Giustizia nel governo Berlusconi, aveva ingaggiato Caratozzolo come suo consigliere giuridico. Vietti viene descritto come un uomo potente, capace di indirizzare – già quando era presidente della sezione disciplinare del Csm – provvedimenti su giudici e magistrati, trasferimenti, nomine degli uffici giudiziari. Secondo Amara, erano proprio Vietti e Caratozzolo, oltre al magistrato della Corte dei conti Luigi Caruso, i custodi della lista dei membri di Ungheria.

Vietti sarebbe anche il colui che raccomandò ad Amara un gruppo di avvocati di fama, per farli incaricare per il concordato della spa Acqua Marcia: Amara, come ricostruito da Domani, ha detto a dicembre 2019 ai pm milanesi di aver «raccomandato» a Fabrizio Centofanti, allora direttore degli affari legali di Acqua Marcia, proprio Caratozzolo, il professor Guido Alpa e Giuseppe Conte. Professionisti che hanno davvero lavorato (legittimamente) per il concordato di Acqua Marcia tra 2012 e 2013, ma che negano con forza qualsiasi rapporto con Amara.

Conte ha minacciato querele per calunnia, Caratozzolo spiega che di denunce lui non vuole farne: «Non so perché Amara mi tira in mezzo a questa storia di Ungheria, ma che ci faccio poi con una condanna per calunnia? Di logge non so nulla: io sono stato a scuola dai gesuiti, e di associazioni segrete non mi intendo. Non conosco affatto bene Amara, lo avrò incontrato qualche volta a Roma o in aereo tornando a Messina. Ma tipo: “Ciao Piero, Ciao Enrico”, nulla di più».

Gli incontri riservati

Amara racconta anche di incontri organizzati da Vietti a cui lui avrebbe partecipato per anni: «Fino all’estate del 2016 mi sono mosso con una certa libertà e ho frequentato senza particolari cautele i membri dell’associazione Ungheria. Ad agosto 2016 l’avvocato Calafiore (co-indagato, ndr) è stato informato da un senatore di Ala che la Guardia di Finanza di Roma ci teneva sotto controllo con intercettazioni, cimici e pedinamenti. Da quel momento ho adottato cautele e ho evitato di incontrare direttamente gli associati. Per esempio, pur essendo stato invitato all’evento che annualmente Vietti organizza tra molte persone e al quale partecipavano molti degli associati, dopo l’agosto del 2016 non vi ho più partecipato».

Caratozzolo si fa una risata: «Escudo che Amara sia mai stato presente a quegli incontri. Si fanno verso Natale, è il modo con cui Michele saluta le persone che gli sono più care». Vietti, sentito al telefono, è ancora più secco: «Non ho mai sentito nominare la loggia Ungheria. Sarà così segreta che la ignoro io stesso. È una barzelletta, escludo categoricamente ogni circostanza raccontata».

Le calunnie aggravate, macchina del fango ordita per fini oscuri: questa è l’ipotesi investigativa alternativa dei pm perugini che stanno cercando verifiche sull’esistenza effettiva della loggia. Anche se Vietti non riesce a darsi spiegazioni su chi e perché avrebbe spinto Amara ad accusarlo: «Non ho la più pallida idea di perché mi tiri dentro. Forse ci siamo visti una decina di anni fa, era un legale che girava per Roma, forse. Andrebbe chiesto a lui perché parla di me».

Le accuse ad Ardita

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La vicenda Ungheria, intanto, continua a squassare la magistratura italiana. Non tanto per le dichiarazioni di Amara, tutte da verificare, ma per la gestione dei verbali e dell’inchiesta che prima ha spaccato la procura di Milano, con il pm Paolo Storari in disaccordo con l’attendismo imposto dal suo capo Francesco Greco. Poi l’intero Csm, quando si è scoperto che Storari, seguendo un iter anomalo, ha deciso di “autotutelarsi” da possibili future censure e critiche consegnando verbali ancora segreti a Piercamillo Davigo, suo amico e allora consigliere del Csm. Quest’ultimo non ha tenuto il riserbo, ma ha informato delle dichiarazioni di Amara “chi di dovere”. Sempre in via informale, Davigo avrebbe infatti informato il vicepresidente del Csm David Ermini e il procuratore generale di Cassazione Giovanni Salvi.

Contemporaneamente, copie dei verbali finivano nella cassetta della posta di giornalisti e altri membri del Csm (per la fuga di notizie è indagata l’ex segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto), creando un clima di terrore interno all’organo di autogoverno della magistratura: Sebastiano Ardita, infatti, è citato da Amara non come membro della presunta loggia, come erroneamente scritto finora, ma come sodale suo e di Tinebra. E come persona a conoscenza dell’esistenza della loggia e dei suoi adepti. «Una calunnia in partenza, divulgata poi attraverso la diffusione nel Csm dei verbali secretati, con l’obiettivo di screditarmi», dice oggi Ardita.

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