Il 10 settembre a Figline Valdarno, in Toscana, in un comizio organizzato a sostegno della candidatura di Susanna Ceccardi alle elezioni regionali del 20 e 21 settembre, il leader della Lega, Matteo Salvini, ha passato la parola anche a un personaggio sconosciuto al pubblico locale. Si trattava di un politico portoghese, André Ventura, leader del partito Chega, che i n portoghese significa «basta». Neto nel1983, Ventura è il primo esponente di un gruppo di estrema destra (o destra «anti sistema» e «anti élite», come la chiama lui) a conquistare una poltrona in parlamento dai tempi della caduta del salazarismo. Ad accompagnarlo in Italia c’era anche il vicepresidente e ideologo del partito, Diogo Pacheco de Amorim. I due hanno saputo solo all’ultimo dove avrebbero incontrato il leader della Lega e la situazione in cui si sono trovati - un comizio con annesso pranzo in una tavolata all’aperto - non ha permesso grandi discorsi, ma quello che interessava a Ventura era consacrare l’unione.

«Sento una forte affinità con Salvini», dice dal terrazzo di un piccolo hotel a due passi dal Pantheon dove ha alloggiato durante il suo breve tour italiano. Alto, barba e folti capelli neri, camicia azzurra classica con le maniche arrotolate e nessun rosario in vista, Ventura ha un modo di fare sicuro e alla mano. 

 «Condividiamo le stesse idee in materia di tasse, immigrazione, lotta all’invasione islamica in Europa», dice Ventura. Ai tempi della fondazione di Chega, nel 2018, si era fatto ispirare anche dal Movimento 5 stelle. «Mi piacciono perché sono anti sistema, come noi. Ma non c’è dubbio che ora l’affinità più forte sia con la Lega», chiarisce. 

Per Ventura incontrare Salvini è stato importante per due ragioni: l’appartenenza di entrambi allo stesso gruppo europeo, Identità e democrazia, che include tra gli altri anche il Rassemblement national di Marine Le Pen, e la campagna per le elezioni presidenziali che si terranno in Portogallo il prossimo gennaio. Ventura è tra i candidati. Al momento i sondaggi lo danno al secondo posto con circa il 10 per cento delle preferenze, in netto distacco dall’attuale presidente Marcelo Rebelo de Sousa (Partito Social Democratico) in cima alla lista con quasi il 70 per cento, anche se deve ancora ufficializzare la ricandidatura.

Obiettivo ballottaggio
«Se sono al secondo posto significa che posso arrivare primo», dice Ventura. «Marcelo è molto popolare, sarà difficilissimo. Il mio obiettivo è arrivare al ballottaggio». Dal 1974 ad oggi, in Portogallo si è dovuti ricorrere ad un secondo suffragio solo nel 1986, quando nessuno dei candidati aveva ottenuto più della metà dei voti. Se questo, come probabile, non dovesse accadere a gennaio, per Ventura la campagna per le elezioni presidenziali sarà comunque un’occasione per crescere. «Salvini verrà a novembre in Portogallo per manifestare il suo sostegno». Chega, un partito nato un anno e mezzo fa che conta circa 16.000 iscritti, ha ottenuto l’1,3 dei voti alle legislative dello scorso anno, ma l’obiettivo è arrivare alle prossime con il 10 per cento: «Se non dovessimo riuscirci sarà un fallimento», dice. 

Ventura ha conquistato un grande spazio su giornali e televisioni portoghesi. Già noto al pubblico per la sua attività di commentatore televisivo in materia di sport e di crimine, non risparmia battute e dichiarazioni che catturano l’attenzione dei media nazionali, scatenando spesso forti polemiche. Lo scorso gennaio su Facebook proponeva che la deputata Joacine Katar Moreira, nata in Guinea Bissau e unica rappresentante in parlamento del partito Livre (da cui ora si è staccata), fosse rimandata «al suo paese di origine». Katar Moreira aveva infatti chiesto che venisse redatto un inventario delle opere conservate nei musei portoghesi provenienti dalle ex colonie, in vista di una possibile restituzione. In risposta alle accuse di razzismo, Ventura ha sminuito la sua affermazione. «L’ho detto in modo ironico», spiega. «Rispetto Joacine e immagino lei pensi lo stesso me. Ma non accetto il tema della riparazione. È stupido guardare al passato e dire che cinquant’anni fa eravamo persone cattive. E come la mettiamo con gli investimenti che abbiamo fatto? E con la civilizzazione che abbiamo portato?», dice, parlando del colonialismo portoghese. Ma questo capitolo di storia è più aperto che mai nel dibattito portoghese.

Ventura ha commentato anche il recente arresto di Steve Bannon, ex consigliere del presidente americano Donald Trump, per truffa e riciclaggio di denaro. La vicenda, ha scritto su Twitter, «dimostra come a volte il potere riesca a strumentalizzare la giustizia. Speriamo che non succeda lo stesso anche in Portogallo ora che Chega inizia a dare fastidio». Ma quello che succede negli Stati Uniti gli interessa relativamente. «Spero che vinca Trump, ma se non fosse così non importa», spiega. «L’ho detto anche a Salvini: l’esito delle elezioni americane non deve avere un impatto sul nostro piano per l’Europa».  

L’Europa che desidera Ventura è «forte a livello sia monetario che militare». E aggiunge: «Abbiamo il complesso della Seconda guerra mondiale, ma è il momento di girare pagina. Se non ci muoviamo a crescere come forza militare non conteremo più nulla».  L’Europa deve innanzitutto «rispettare le identità nazionali». Per identità nazionale portoghese Ventura intende un paese «che difende gli ideali occidentali e di civilizzazione della religione cristiana». A questo proposito ricorda un recente viaggio a Bruxelles. «C’erano più musulmani che altri», racconta. «In Portogallo non sentiamo il problema a questi livelli, ma io voglio mantenere un bilancio della civilizzazione. Dobbiamo prevenire la comparsa di città con una popolazione all’80 per cento musulmana. Alla lunga avrebbe un impatto troppo forte sulla nostra società, sui diritti delle donne per esempio». 

La percezione di Ventura si scontra con i dati ufficiali: secondo una ricerca pubblicata dal Pew research center nel 2017 la popolazione di religione islamica in Europa è in costante aumento ma non supera il 6 per cento del totale, mentre potrebbe arrivare al l’11 nel 2050.  

Anche se non prega in diretta televisiva come Salvini, Ventura non nasconde il suo credo religioso. Si è avvicinato al cattolicesimo in modo spontaneo, chiedendo di essere battezzato all’età di 14 anni. Prima di intraprendere gli studi in giurisprudenza - durante i quali si è dottorato in Irlanda con una tesi sui diritti umani che ora fa discutere per divergenza con le sue opinioni attuali - Ventura ha trascorso alcuni anni in seminario. A Roma, dopo l’intervista, ha visitato il Vaticano per incontrare alcuni preti portoghesi. La fede cattolica lo ha portato a mettere in discussione questioni come il diritto all’aborto e il matrimonio tra persone dello stesso stesso.

Aborto e matrimoni gay
«Sono contro l’aborto, ma non ne chiederei mai la criminalizzazione». Tuttavia il programma del 2019 di Chega prevede l’esclusione dell’aborto e delle operazioni per il cambio di sesso dal sistema sanitario pubblico. «Una cosa è la criminalizzazione, una cosa è chiedere a tutti i contribuenti di pagare», spiega Ventura. Anche sui matrimoni gay prende le distanze, con cautela. «Ho tanti amici gay e penso siano liberi di fare quello che vogliono. Ma ritengo che il matrimonio sia un’istituzione, non un contratto. L’unione tra gay non dovrebbe avere lo stesso nome».

L’aborto è stato legalizzato in Portogallo tramite referendum nel 2007, mentre l’omosessualità è stata definitivamente decriminalizzata meno di quarant’anni fa, nel 1982. I matrimoni gay sono legali dal 2010 e dal 2016 le coppie dello stesso sesso possono adottare figli. 

Oltre a proporre passi indietro su aborto e diritti delle coppie omosessuali, i membri di Chega valutano la reintroduzione della pena di morte e la castrazione chimica dei pedofili. «Non è certo la migliore soluzione in assoluto, ma sembra efficace», sostiene Ventura riguardo a quest’ultima. Conservatore negli ideali, anti élite sulla carta ma con appoggio da parte di poteri forti, il partito è ultra liberista in economia. Nel programma del 2019 proponeva l’abolizione della sanità e dell’educazione pubblica per dare spazio alla concorrenza tra privati. Su questo fronte non ha trovato l’appoggio dell’elettorato, e sta facendo marcia indietro.

«Vorrei che le scuole pubbliche potessero competere liberamente con quelle private. I genitori devono essere liberi di scegliere una scuola cattolica, o per esempio ebraica. Chi difende solo la scuola pubblica vuole controllare le nostre coscienze», sostiene Ventura. E aggiunge: «I social media sono l’unico spazio rimasto davvero libero». Oltre alla liberalizzazione di servizi fondamentali, Chega ha proposto anche una flat tax al 15 per cento che metterebbe in ginocchio la fascia di popolazione con reddito basso favorendo invece i più ricchi. Anche su questo fronte Ventura promette che «il programma verrà chiarito» e la tassa comune potrebbe sdoppiarsi a seconda della fascia di reddito, escludendo coloro che percepiscono il salario minimo di circa 650 euro al mese. 

Tuttavia la questione che recentemente ha sollevato più rumore intorno a Chega e al suo leader non ha a che vedere con questioni strettamente economiche, ma piuttosto di discriminazione razziale, in particolare nei confronti dei cigani, ovvero rom e sinti. Nonostante siano presenti in Portogallo da oltre cinquecento anni, e che sia portoghese a tutti gli effetti, sono comunità ancora molto marginalizzata, con un basso livello di alfabetizzazione medio, soprattutto fra le donne, condizioni abitative spesso inadeguate e lavori precari. 

«La maggior parte di loro non paga le tasse e vive di sussidi. Molti sono costretti a sposarsi a tredici anni, le donne non non hanno diritti», sostiene Ventura elencando una serie di elementi non confermati da dati ufficiali, ma piuttosto da casi di cronaca e impressioni diffuse. «Io stesso li vedevo per strada a Loures [cittadina a nord di Lisbona dove Ventura si era candidato come sindaco con il Psd, ndr] a bere tutta la sera e andare a dormire alle due», racconta. «Non sono tutti così, ma sfido chiunque a darmi un solo distretto portoghese con presenza di cigani che non abbia problemi con quella comunità». 

La retorica anti gigana di Ventura, che oppone ai rom il português comum a cui si rivolge, trova un terreno fertile. La popolazione rom è percepita da molti come uno dei principali problemi, nonostante si stimi che non superi le 60mila persone in un paese di 10 milioni di abitanti, e che riceva - secondo gli ultimi dati disponibili - appena il 3,8 per cento dei sussidi destinati ai più poveri.

«Ventura si sta giocando la carta dei cigani per mettere in atto un populismo da due soldi», dice Bruno Gomes Gonçalves, vice presidente dell’associazione Letras Nomades. «Sta strumentalizzando l’odio diffuso e cristallizzato nei nostri confronti, ma anche noi siamo portoghesi, da secoli, e siamo un insieme di comunità, complesse e diversificate. Non possiamo accettare simili generalizzazioni razziste», aggiunge.

Prima i portoghesi
L’accusa di razzismo nei confronti di Ventura e di Chega è condivisa dalle parti politiche opposte e dalle decine di migliaia di persone che quest’estate hanno partecipato alle manifestazioni antirazziste organizzate in Portogallo sull’onda del movimento Black lives matter. Nei mesi scorsi è anche esplosa una polemica per la pubblicazione di un libro di Riccardo Marchi, un ricercatore italiano Centro de Estudos Internacionais ed esperto delle nuove destre europee. Nel volume, intitolato A Nova Direita Anti-Sistema.O Caso do Chega, ed Almedina), Marchi ha sostenuto che Chega è un partito di «destra radicale» piuttosto che estrema destra e che non si possa definire razzista. Un gruppo di 67 accademici ha  pubblicato una lettera sul quotidiano Público accusando Marchi di portare avanti «un’ igienizzazione accademica del fascismo e razzismo di Chega». 

Ventura respinge ogni accusa di estremismo e di razzismo e continua a organizzare manifestazioni dal titolo Portugal não é racista. Quando gli viene chiesto di definire cos’è il razzismo, risponde: «Produrre regolamenti mirati a certi gruppi esclusivamente sulla base del fatto che si tratti di persone di etnie diverse, come neri o cigani», e ha fatto l’esempio della segregazione sui mezzi pubblici. Qual è la differenza tra questa definizione e la proposta, da lui avanzata in un momento critico della pandemia, di un piano di isolamento mirato per la comunità cigana. «Loro hanno comportamenti che possono favorire la diffusione del virus», ha affermato. «Non è razzismo, è una questione di salute pubblica dei portoghesi». Come direbbe Salvini: «Non sono razzista, ma prima gli italiani». 

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