Per i libici la giornata del 10 febbraio si è presentata come un deja vu degli anni più sanguinosi della guerra civile. Secondo fonti di stampa locali e internazionali nelle prime ore del mattino il convoglio su cui viaggiava il premier Abdul Hamid Dbeibah è stato colpito da diversi proiettili sparato da un commando armato. Il Libya Observer, citando fonti governative, ha scritto che non ci sono stati feriti e gli attentatori sono riusciti a scappare. Ma l’attacco subito non è l’unica preoccupazione per il premier libico.

Il paese rischia di tornare nel caos dopo che la Camera dei rappresentanti di Tobruk, che a settembre aveva sfiduciato Dbeibah, ha scelto Fathi Bashaga come nuovo primo ministro ad interim. Insieme a lui era in lizza anche Khaled al Bibas, ma si è ritirato prima del voto.

A controllare il parlamento di Tobruk è Aguila Saleh, lo speaker della Camera e uno dei papabili vincitori alle elezioni che dovevano tenersi lo scorso 24 dicembre e che sono state rinviate. «Il nome di Bashaga è stato “portato avanti” da Saleh, è lui il politico navigato che distribuisce le carte in questa pletora di candidati», dice Giuseppe Dentice responsabile desk medio oriente per il Centro studi internazionali. Per l’assemblea il mandato di Dbeibah è scaduto e con esso la sua legittimità come primo ministro. Nell’ultimo anno il premier libico e i suoi uomini hanno incontrato i leader europei e internazionali per cercare fondi per ricostruire il paese, ma non sono stati capaci di indire le elezioni come previsto dalle Nazioni unite, fallendo nel tentativo di portare a termine la transizione politica che avrebbe dovuto dare una nuova vita alla Libia.

Fermo al suo posto

Il nuovo primo ministro, Fathi Bashagha, è stato eletto all’unanimità: 147 voti su 147. Uomo di Misurata ed ex ministro dell’Interno nel governo di accordo nazionale di Fayez al Serraj, si è guadagnato un forte credito nella difesa di Tripoli dall’attacco del generale della Cirenaica Khalifa Haftar. «Se l’unanimità venisse confermata nasce all’indomani delle ceneri dell’incontro di gennaio che c’è stato a Bengasi dove c’erano tutti i leader della politica libica dell’est e dell’ovest, anche Khalifa Haftar, tranne Dbeibah», dice Dentice.

La sua elezione è una bocciatura netta dell’operato di Dbeibah che già nei giorni scorsi aveva detto che non avrebbe accettato il risultato del voto. «Non permetteremo nuove fasi di transizione e non arretreremo nel nostro ruolo nel governo, come abbiamo promesso davanti al popolo, fino a quando non si terranno le elezioni», ha detto Dbeibah in un discorso alla nazione in diretta televisiva. Dopo le sue dichiarazioni a Tripoli centinaia di persone sono scese in piazza per protestare contro l’azione del parlamento e manifestando sostegno a Dbeibah.

«Sconfitti nell’offensiva militare di due anni fa, Saleh e Khalifa Haftar stanno cercando di entrare a Tripoli con Bashagha. Non sono riusciti a entrare a bordo di un carro armato, provano sulle spalle di Bashagha», ha detto invece Ashraf Shah, ex consigliere dell’Alto consiglio di stato libico. Per evitare di essere “spodestato” Dbeibah ha anche detto di voler collaborare a una «roadmap» con il parlamento di Tobruk per arrivare a nuove elezioni nel prossimo giugno, senza specificare una data. Ma la Camera non vuole offrirgli una seconda occasione. Il generale Haftar ha già rilasciato un comunicato in cui ha accolto con soddisfazione la nuova elezione di Bashaga.

Sul tavolo ci sono molte questioni da risolvere. In primis la nuova riforma costituzionale. L’Assemblea che si occupa di redigere la nuova Costituzione ha proposto che la sua approvazione sia sottoposta a un referendum popolare e ha chiesto il sostegno della missione delle Nazioni Unite in Libia per portare a termine il processo costituzionale.

In questo scacchiere del potere frammentato e fragile si muovono le milizie e i gruppi armati i veri re capaci di spostare gli equilibri in campo più delle decisioni prese a Ginevra o a New York dalle Nazioni unite.

Fathi Bashaga

Nonostante la sua elezione Bashaga non ha alcun potere politico fino a quando non vengono nominati i ministri del suo governo. L’ex ministro dell’interno del Governo di accordo nazionale di Fayez al Serraj ha due settimane di tempo per farlo.

In quel caso, qualora Dbeibah non si facesse da parte il paese si troverebbe ad avere due diversi centri di potere paralleli come accaduto nel 2014 con al Serraj e Haftar, uno in Tripolitania e l’altro nella Cirenaica. Una situazione che di fatto mina il percorso di transizione verso un’unità nazionale e a delle elezioni democratiche. L’attentato subito da Dbeibah può essere letto come un messaggio con cui le milizie e gli attori politici in gioco gli chiedono di farsi da parte. Un chiaro fallimento della governance delle Nazioni unite, incapaci, a undici anni di distanza dalla caduta di Gheddafi e dallo scoppio della guerra civile, di garantire una stabilità politica ed economica alla Libia.

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