L’arresto di Joshua Wong di giovedì scorso ha avuto grande risonanza nel mondo occidentale. L’attivista 23enne di Hong Kong è infatti considerato il portavoce del movimento pro-democrazia che da luglio 2019 sfida l’influenza cinese sulla città. Eppure, parlando con chi è parte di questo movimento, si ha l’impressione che quello di Wong sia solo un arresto come tanti, destinato a impressionare più gli occidentali che gli attivisti locali. Ciò che sembra preoccupare molto di più è che, mentre Wong, pur dovendo comparire in tribunale, è stato rilasciato tre ore dopo l’arresto, tantissimi altri attivisti sono ancora detenuti.

«Quando il movimento è iniziato Joshua Wong era in prigione e nessuno sapeva chi fosse. Ha una certa rilevanza mediatica soltanto in occidente. Per noi attivisti è uno come tanti» spiega Jk, attivista 38enne emigrato in Francia l’anno scorso dopo che la situazione a Hong Kong ha iniziato a farsi pesante. Jk, che anche per il timore di subire ritorsioni preferisce utilizzare una sigla al posto del proprio nome, è un veterano dei movimenti di protesta: ha iniziato il suo attivismo nel 2012 e ha seguito tutti gli sviluppi dei movimenti pro democrazia.

Ha partecipato all’Umbrella movement, la protesta che deve il suo nome agli ombrelli gialli usati dai manifestanti per difendersi dai lacrimogeni lanciati dalla polizia, che nel 2014 vide i giovani di Hong Kong scendere in piazza per ottenere il suffragio universale nell’ex colonia britannica. Attualmente il capo dell’esecutivo è infatti selezionato da 1.200 esponenti dell’élite della città. . 

Quel che sorprende Jk è la quantità di attenzione riservata all’arresto di Wong, che stride con la reazione tiepida che la stampa europea ha riservato a eventi molto più importanti per il movimento. «Mi chiedo perché i media occidentali non abbiano lanciato l’allarme ad esempio sulle nuove regole di accreditamento dei giornalisti che limitano la libertà di stampa a Hong Kong», dice. 

Anche Yan (anche in questo caso si tratta di uno pseudonimo ndr) crede che l’occidente abbia dei problemi nel capire quali siano i veri problemi a Hong Kong. L’attivista ventiquattrenne è emigrata a Londra per evitare ripercussioni dopo l’approvazione della legge sulla Sicurezza nazionale che a giugno di quest’anno ha imposto duri limiti alla libertà di parola. «Ad agosto le forze dell’ordine hanno arrestato Jimmy Lai, editore di Apple Daily, uno dei pochissimi quotidiani non filogovernativi della regione. Un attacco alla libertà di stampa senza precedenti, di cui fuori da Hong Kong si è parlato troppo poco».

Apple Daily è ora in difficoltà economiche, tanto che i suoi lettori hanno iniziato a comprare pubblicità sul giornale per sostenerlo. Un caso di supporto dal basso che è molto simile a quello scelto in Ungheria dai lettori dei giornali considerati “scomodi” per il presidente Viktor Orbán

Come Wong sono stati arrestati negli ultimi mesi, centinaia di altri ragazzi, spesso figure simili a quella di Wong, come Agnes Chow, sua compagna di partito e anche lei molto nota all’estero. Chow è particolarmente popolare in Giappone grazie alla sua conoscenza del giapponese. È stata fermata per incitamento alla secessione il 10 agosto scorso. Il suo arresto ha avuto grande risonanza sui media di Tokyo, ma non su quelli occidentali. Tuttavia, non sono i casi di queste “celebrità” a preoccupare davvero gli attivisti. «Ovviamente Wong è importante, come tutti gli attivisti», racconta Jk. Ma le situazioni che più ci preoccupano sono quelle dei dodici attivisti che sono detenuti in Cina». 

I dodici attivisti sono infatti stati arrestati il 28 agosto dalle autorità cinesi mentre si trovavano a bordo di una barca al largo della provincia cinese di Guangdong. Nonostante la richiesta di estradizione inoltrata da Hong Kong, sono ancora detenuti in Cina, dove non hanno ancora potuto incontrare neanche i loro avvocati

Le accuse che hanno portato al fermo di Wong sono invece di aver partecipato ad assembramenti non autorizzati e avere infranto il divieto di mascherina, ma non toccano i punti delle legge sulla sicurezza nazionale la cui violazione può portare a pene molto più severe.  Il timore dei membri del movimento è che, essendo poco noti all’estero, tutti  gli altri attivisti possano essere soggetti molto più facilmente al potere repressivo cinese.

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