Il 22 settembre a Fremont, in California, si è svolto il battery day, un evento in cui l’azienda americana Tesla, guidata da Elon Musk, ha rivelato nel dettaglio la propria strategia per «accelerare l’avvento dell’energia sostenibile».

È stata un presentazione senza prototipi avveniristici né demo finite male, come quella del Cybertruck di un anno fa, ma probabilmente più importante e rivoluzionaria. 

Batterie
L’argomento principale, come da titolo, erano le batterie, la componente più importante di un’auto elettrica: composte da materiali come litio, nickel, grafite, cobalto, sono molto pesanti e molto costose. Proprio per questo, sono il perno fondamentale della transizione ad un trasporto elettrico. 

Per questioni fisiche, un motore elettrico è naturalmente superiore a un motore termico: possiede accelerazione istantanea, non ha marce, è composto da meno componenti e necessita quindi di minore manutenzione, oltre ad essere soggetto a meno malfunzionamenti. 

Un motore termico invece brucia carburante per ottenere energia meccanica e muovere il veicolo: ma è profondamente inefficiente, perché genera molto calore. Di fatto, tutto il calore è energia sprecata, cioè benzina - o diesel, o metano - che viene bruciato inutilmente, con un gratuito surplus di inquinamento. 

Un motore termico può dissipare fino al 90 per cento di energia in questo modo. Un motore elettrico è molto più efficiente, e meno inquinante anche quando utilizza energia elettrica prodotta da combustibili fossili. 

Il vero problema della macchina elettrica non è dunque il motore, ma “il serbatoio”, cioè la batteria dove si immagazzina l’energia. 

Attualmente, le batterie sono composte da tanti piccoli cilindri, chiamati celle, che funzionano esattamente come le pile ricaricabili che mettiamo negli elettrodomestici.

A parità di peso, un serbatoio pieno di carburante può contenere fino a decine di volte più energia di quanta ne riusciamo a immagazzinare in una batteria al litio: riempiendo di benzina un serbatoio da 50 litri, un’auto può percorrere anche mille chilometri, mentre un’auto elettrica avrebbe bisogno di una batteria enorme per fare lo stesso tragitto. 

Proprio per questo ogni innovazione che aumenti la densità energetica delle batterie, ne diminuisca il peso o il costo avvicina i veicoli elettrici alla parità con le auto normali.

Al momento, la maggior parte delle batterie in commercio ha un costo fra i 100 e i 200 euro per kilowattora (un kilowattora è la quantità di energia immagazzinata: una famiglia ne consuma circa 1.500 in un anno, in casa.) 

La legge di Wright

Anche chi non è un informatico, in questi ultimi anni ha sentito parlare della “legge di Moore”, che afferma: «Un microprocessore raddoppia di potenza ogni 18 mesi». 

È una legge empirica che ha saputo predire con grande precisione l’incredibile aumento di capacità di calcolo dei nostri computer. Soprattutto, descrive una curva esponenziale e, come abbiamo tristemente imparato a conoscere in questi tempi pandemici, con le leggi esponenziali non si scherza. Una lenta crescita all’inizio può risultare senza controllo più avanti. Quello che al principio sembra un lieve scalpiccio può annunciare l’avanzata furiosa dei cavalieri dell’Apocalisse. 

La legge di Moore ha predetto e guidato per decenni la gigantesca tecnologizzazione del mondo, quella per cui negli anni Sessanta i mainframe occupavano intere stanze e oggi un ragazzino ne ha uno in tasca migliaia di volte più piccolo, e miliardi di volte più potente. Un’innovazione tecnologica senza precedenti che ci pare scontata in informatica, ma raramente abbiamo visto in altri ambiti. 

Una legge simile alla legge di Moore è la cosiddetta “legge di Wright”: per ogni unità di beni prodotta, il costo diminuisce di una percentuale costante. 

La legge di Wright, al contrario della prima, si basa sull’esperienza e non sul tempo: più faccio qualcosa, meno mi costerà farla in futuro. L’esperienza rende migliori e più veloci: a livello aziendale significa conoscere sempre meglio i propri processi manifatturieri, che potranno essere migliorati ancora e così via, secondo una crescita costante. Ed esponenziale. Già negli ultimi dieci anni, il costo per kilowattora è diminuito dell’80 per cento, e anche il fotovoltaico ha visto abbattere i prezzi in maniera simile.

La legge di Wright è dunque fondamentale per nuove industrie come quella delle auto elettriche: un lento ma stabile flusso di produzione potrà aumentare di velocità con il passare del tempo, portando a batterie più performanti, meno costose e più leggere, fino a che la differenza economica con le auto termiche non sarà minima. 

In un pianeta che sta alterando il proprio clima per gli effetti di una società completamente e totalmente dipendente dai combustibili fossili, questa parità diventa una questione fondamentale.

Anche a questo, dunque, servono gli incentivi statali su tecnologie come fotovoltaico, eolico, auto elettriche. L’investimento iniziale dà i frutti dopo pochi anni, con il calo dei prezzi, fino a che gli incentivi non diventano più necessari. Si tratta di spingere faticosamente una palla di neve su per una salita, prima che scavalli il crinale e scenda da sola, a valanga.

Battery day
Le innovazioni illustrate da Elon Musk e da Drew Baglino, rispettivamente ceo e ingegnere capo di Tesla, sono state tutte in questa direzione: non nuovi prodotti, ma tanti miglioramenti manifatturieri. 

Sono state presentate delle nuove celle, ben più grosse delle attuali (46 mm di diametro e per 80 mm di altezza, contro le precedenti misure di 21 e 70 mm), che avranno 5 volte più energia, 6 volte più potenza, 16 per cento in più di autonomia, 14 per cento in meno di costi rispetto allo standard attuale.

Le nuove celle non verranno più inserite dentro moduli organizzati in una batteria: verranno invece incorporate direttamente dentro il telaio, diventando parte della struttura della macchina.

La strategia dell’azienda californiana è sempre stata quella dell’integrazione verticale, cioè di lavorare e produrre più componenti possibili direttamente in azienda.

Invece di comprare migliaia di componenti da centinaia di fornitori, l’obiettivo è incorporare gradualmente ogni segmento della filiera nel proprio flusso produttivo. 

Proprio per questo Tesla ha appena comprato una miniera di litio in Nevada, ed estrarrà e lavorerà direttamente il minerale. Evitando così l’inquinamento dato dal trasporto delle componenti, e occupandosi direttamente del riciclo delle batterie vecchie. 

Obiettivi

Il programma a lungo termine è dunque quello di passare dai circa 50 gigawattora annuali di produzione fino a 3 terawattora entro il 2030 (un tera equivale a mille giga): sessanta volte tanto, in dieci anni.

Sommando tutte le innovazioni presentate, Tesla afferma di poter dimezzare il costo delle proprie batterie, arrivando a circa 50 dollari per kilowattora, aumentando inoltre l’autonomia dell’auto del 54 per cento. Questo porterebbe i costi talmente in basso da raggiungere la fantomatica parità con le auto a motore termico, e persino andare oltre.

Rispondendo ad una domanda dal pubblico, che chiedeva cosa avrebbe fatto in futuro l’industria automobilistica tradizionale, Musk ha chiosato: «Non credo ci sarà un’industria dell’auto termica, nel lungo termine».

La transizione elettrica

È facile liquidare le affermazioni di Musk come mere trovate di marketing: l’imprenditore è molto controverso per le proprie ambizioni fantascientifiche (intende colonizzare Marte) e un uso sconsiderato dei social, che rende il suo profilo Twitter più simile a quello di un adolescente nerd che a quello di un miliardario con 38 milioni di follower. 

Ma è sbagliato sottovalutarlo. Tesla ha raggiunto risultati impensabili fino a qualche anno fa: in dieci anni è passata dall’essere una piccola azienda da poche centinaia di auto vendute all’anno a divenire il leader mondiale del trasporto elettrico, con 50mila dipendenti, centinaia di migliaia di auto vendute in tutto il mondo e un tasso di crescita ancora paragonabile a quello di una startup.

Le auto elettriche non sono la soluzione al cambiamento climatico. O meglio: sono una condizione necessaria, ma non sufficiente. 

Solo il mercato automobilistico può permettersi gli investimenti necessari per avere batterie al giusto prezzo, e con una filiera sostenibile dal punto di vista ambientale e dei diritti umani. Nei paesi che si sono potuti permettere una vasta campagna di incentivi economici, le auto elettriche rappresentano un segmento significativo del mercato: in Olanda hanno raggiunto il 10 per cento, in Norvegia addirittura il 50 per cento. 

Raggiungere prezzi accessibili è dunque fondamentale, non solo per le automobili ma per tutto il settore energetico. Le stesse celle che fungono da serbatoio per un’auto possono immagazzinare l’energia in eccesso generata da un campo fotovoltaico, o da pale eoliche. 

Con un sistema di accumulo a batterie, l’intermittenza dell’energia solare (prodotta solo di giorno) e dell’energia eolica (prodotta solo quando c’è vento) diventano costanti e affidabili tanto quanto le centrali a carbone. Che possono quindi venire sostituite anche nella loro funzione di stabilizzazione della rete elettrica, come già accade in alcuni progetti pilota nel mondo. Il tutto, ovviamente, senza emissioni.

Inoltre, batterie abbastanza leggere ed economiche potranno permettere l’elettrificazione dei camion e dell’intero trasporto su gomma, cioè una fetta consistente delle emissioni globali. Per poi, in futuro, anche gli aerei e le navi (ma qui, la competizione è anche con l’idrogeno). 

In attesa di una società culturalmente ed economicamente pronta a liberarsi dal concetto di macchina privata, l’elettrificazione delle auto è un pezzo fondamentale per il raggiungimento dei nostri obiettivi climatici. E le batterie sono il punto nevralgico di questa elettrificazione.

Se di rivoluzione si può davvero parlare, dunque, lo sapremo solo fra qualche anno, se e quando tutte le innovazioni presentate da Musk saranno state implementate. Se le promesse verranno mantenute, il battery day di Tesla verrà ricordato a lungo.

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