La fiducia è uno dei beni collettivi più alti e indispensabili per una società. Essa è essenziale per affrontare i momenti difficili, le crisi, le fasi di caduta e di pressione come quelli indotti dalla pandemia. Bassi tassi di fiducia sono un costo, un tarlo negativo e pernicioso, per qualunque società, ancor di più per quella modernità liquida (in permanente stato trasformativo e contrassegnata dalla fluidificazione di valori e strutture) in cui viviamo e di cui ci ha parlato il sociologo polacco Zygmunt Bauman. La mancanza di fiducia alimenta una mentalità “win-lose”, io vinco-tu perdi. Essa nutre modalità di reazione ai problemi e alle difficoltà che riducono la velocità di risposta, la possibilità di raggiungere concretamente dei risultati, nonché la propensione a cercare progettualità volte al bene comune, al rafforzamento e consolidamento della società.

Italiani diffidenti

Nel nostro paese, purtroppo, la fiducia è un terreno arido da tempo, un albero dalle radici poco profonde e rinsecchite. I recenti eventi politici, con una crisi di governo giudicata inutile dal 66 per cento degli italiani (fonte Ipsos, dati presentati a Di Martedì del 2 febbraio), non possono che portare nuova acqua al mulino della disaffezione e del disincanto. La carenza di fiducia, in Italia, coinvolge molteplici aspetti e soggetti. Un primo aspetto è quello relativo all’insediarsi di un pericoloso sentimento di diffidenza generalizzata. Il 64 per cento delle persone concorda con quanti affermano: «Non mi fido più di nessuno, né delle banche, né delle imprese né degli imprenditori. Tutti cercano di fregarmi». Una dimensione che è minore solamente tra i giovani (56 per cento), mentre cresce al 71 per cento tra gli over cinquantenni. Nel confronto tra i diversi territori dell’Italia, la presenza di sentimenti di sfiducia generalizzata è forte nelle isole (79 per cento), ma permane intorno a 60 per cento in tutte le altre aree. Lungo la piramide sociale invece, i maggiori tassi di fiducia albergano nei ceti economicamente più solidi (50 per cento nel ceto medio), mentre lo scoraggiamento attanaglia i segmenti sociali più deboli. Le pulsioni orientate al «tutti cercano di fregarmi» sono al 69 per cento nel ceto medio-basso e sale all’81 per cento nei ceti bassi.

Una politica troppo lontana

Il deficit di fiducia nel nostro paese è una dimensione pervasiva e coinvolge i partiti, le élite imprenditoriali e tecnocratiche, nonché chi sta al governo, a prescindere dal colore politico. Rispetto alle forze politiche, l’84 per cento ritiene che i «partiti e i politici non si preoccupano delle persone comuni». Un dato che sale all’89 per cento nel ceto medio-basso. Duro è anche il giudizio nei confronti degli esperti e dei tecnocrati. Il numero di persone che ritiene «gli esperti in questo paese» lontani e non in grado di capire «la vita delle persone come me» si attesta al 76 per cento. I livelli di diffidenza verso le élite culturali ed economiche sono al calor bianco tra i ceti bassi e popolari (87 per cento), tra il ceto medio-basso (83 per cento), tra gli over 50 anni (80 per cento) e al Sud (79 per cento). Molto forte è, infine, la sensazione che nessun tipo di governo sia in grado di comprendere e difendere gli interessi e i bisogni delle persone comuni. Su questo fronte si colloca il 75 per cento del Paese. Le differenze nelle percezioni vedono schierati nelle divisioni degli scoraggiati gli over 50enni (79 per cento) e al Sud (78 per cento). Il vero concentrato di sfiducia, però, lo incontriamo nei ceti bassi, con una quota che arriva all’89 per cento.

Ricostruire la fiducia

Il sociologo tedesco Niklas Luhmann, nel suo libro sui «Sistemi sociali», assegna al tema della fiducia un significato di ampia portata. Per l’autore dare fiducia corrisponde ad aumentare «il potenziale di azione, disponendo di un margine maggiore di combinazioni e conseguendone una più elevata razionalità comportamentale». La fiducia è un tratto essenziale, indispensabile, per affrontare periodi di crisi complessiva (sociale, economica e individuale) come quello che il Covid-19 sta facendo vivere a milioni di persone. Essa è il tratto basilare, l’arché, per incentivare la collaborazione tra le persone, la ripresa relazionale, la rigenerazione economica e la tenuta sociale. Non ci potrà essere ripresa economica dell’Italia, né rinascita sociale, né crescita per marchi e brand, se non ci sarà una palingenesi del senso di fiducia. Citando le parole dello scrittore americano Stephen M.R. Covey, dobbiamo essere coscienti che oggi più che mai, di fronte a tutto quello che sta accadendo, è fondamentale che le persone, le imprese, la politica creino, ricostruiscano, trasmettano fiducia a tutti i livelli.

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