La vicenda del cimitero dei feti di Roma arriva in tribunale. A darne l’annuncio sono i Radicali Italiani che hanno deciso di portare il caso davanti ai giudici capitolini.

«La vicenda delle croci presenti nel cimitero Flaminio di Roma e riportanti senza autorizzazione i nomi delle madri ha mostrato - a seguito di molteplici accessi agli atti da parte di Radicali Roma - numerosi profili di illegittimità e di mancato rispetto delle normative a tutela delle donne interessate» scrivono in una nota Giulia Crivellini, tesoriera di Radicali Italiani e Francesco Mingiardi, presidente di Radicali Roma. «Per questo – continua il comunicato – insieme a Francesca Tolino, che alcuni mesi fa aveva denunciato la presenza di una croce con il suo nome nel cimitero, abbiamo presentato un’azione popolare al Tribunale di Roma contro l’Ama, l’Asl Roma 1 e l’ospedale San Giovanni Addolorata di Roma per chiedere, in nome delle cittadine e dei cittadini romani, i danni ai responsabili di una prassi lesiva delle scelte delle donne in un momento delicato come quello dell’aborto».

Secondo i Radicali, una sentenza a loro favore garantirebbe di fare chiarezza sull’intera vicenda rispetto alle procedure adottate «che possono essere occasione per scorrettezze colpose o dolose».

Nella nota chiedono anche al comune di Roma di costituirsi parte civile all’udienza, dando un chiare segnale di vicinanza nei confronti delle donne lese dalla vicenda. «L’Ama per anni ha abusato in maniera macabra del nome delle donne approfittando della loro mancata informazione per affliggerlo sulle croci del cimitero dei feti» scrivono i Radicali. «Il nostro obiettivo – concludono – è quello di imporre il pieno rispetto delle normative che prevedono l’obbligo del coinvolgimento della donna nell’informazione e nella scelta sulla destinazione del feto, il contrario di quanto successo finora in molte città d’Italia. In secondo luogo vogliamo contrastare, con le armi del diritto, ogni attività dei gruppi “no-choice” che nelle pieghe della 194 agiscono finanche su cavilli burocratici rispetto ad un apparato amministrativo e sanitario spesso inerte». 

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