La polizia di Stato ha eseguito all’alba un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip di Milano, nei confronti di 18 persone accusate di traffico illecito di rifiuti, frode fiscale, autoriciclaggio, usura ed estorsione. Dieci di loro sono finiti in carcere e otto ai domiciliari. Il blitz è avvenuto in tre diverse regioni: Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna, e ha portato anche al sequestro preventivo di 120mila euro e delle quote di società utilizzate per le attività illecite.

L’inchiesta, dal nome “Cardine – Metal money”, è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia diretta dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci. Il lavoro degli inquirenti ha consentito di ricostruire episodi di usura a danno di otto persone tra cui diversi imprenditori lombardi. I tassi di interesse arrivavano fino al 40 per cento l’anno, creando un giro di affari di circa 750mila euro. Chi non riusciva a pagare veniva minacciato anche con l’utilizzo di armi da fuoco e violenze.

Secondo le forze investigative, Cosimo Vallelonga, storico boss della ‘ndrangheta già condannato per altre vicende, avrebbe ripreso in mano le redini del clan una volta uscito dal carcere. Vallelonga era affiancato da Piero Marchio e suo figlio Vincenzo già condannato nell’operazione “Oversize” come affiliato di spicco della locale di ‘ndrangheta di Lecco. Padre e figlio erano particolarmente attivi nel recupero crediti per conto del boss.

Traffico di rifiuti

Secondo l’accusa, Vallelonga avrebbe anche costituito delle società attive nel business del traffico illecito di smaltimento dei rifiuti metallici, mettendo le mani su un business di sette milioni di euro attraverso documenti di trasporto falsi e una rete di società cartiere. I proventi illeciti sarebbero stati riciclati, oltre che a diretto beneficio dei sodali, anche per la costituzione di nuove attività imprenditoriali operanti nel commercio di autovetture e nella ristorazione.

Nel corso delle indagini è stato sottoposto a sequestro anche un carico di rifiuti radioattiviti, composto da sedici tonnellate di rame trinciato, proveniente dalla provincia di Bergamo, bloccato dalla Polizia stradale di Brescia nel maggio 2018.

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