La Procura di Roma ha impugnato davanti alla Cassazione la decisione dell'11 aprile scorso del gup con cui è stato sospeso il processo a carico di quattro agenti dei Servizi segreti egiziani accusati di avere sequestrato, torturato ed ucciso Giulio Regeni, nel 2016 al Cairo.

Con il ricorso il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco chiede alla Corte di Cassazione di annullare il provvedimento del giudice che si rifaceva a quanto deciso dalla Corte d'Assise, nell'ottobre scorso, secondo cui il processo non poteva andare avanti perché gli atti non erano stati notificati agli imputati. La procura vuole appurare se il processo possa svolgersi o meno, viste le diverse posizioni emerse tra gup e Corte. E per questo motivo si è rivolta alla Cassazione, che può definitivamente decidere in merito.

La questione è se risulta sufficiente, per celebrare il processo, che vi sia «la ragionevole certezza che i quattro imputati egiziani hanno conoscenza dell’esistenza di un procedimento penale a loro carico avente ad oggetto gravi reati commessi in danno di Giulio Regeni». Una «ragionevole certezza» che sia il gup sia la Corte d’Assise ritengono sussistente, ma per la Corte non è comunque sufficiente perché valuta necessaria la notifica degli atti, anche per i finti inconsapevoli.

Una decisione, però, in contrasto con quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che afferma, in una sentenza del 14 aprile scorso, come il processo possa procedere anche se gli imputati ignorino la data dell’udienza e il capo di imputazione se in presenza dei cosiddetti “finti inconsapevoli”.

Per la Corte d’Assise, per affermare che l’imputato è un finto inconsapevole, cioè che si è sottratto alla conoscenza degli atti, è comunque necessario che gli atti vengano notificati allo stesso imputato. Un contrasto logico evidente, sottolineato dai procuratori.

Lo scorso 11 aprile, il giudice per l’udienza preliminare di Roma, Roberto Ranazzi, aveva disposto la sospensione del procedimento a carico dei quattro agenti egiziani, dopo che le ulteriori indagini condotte dai carabinieri del Ros non erano state in grado di pervenire ai loro indirizzi. Una missione non facile, visto che anche come ribadito dal ministero della Giustizia c’è stata una indisponibilità dell’Egitto a qualsiasi forma di collaborazione con l’Italia in merito al caso Regeni. Su questo sono tutti abbastanza concordi: l’Egitto non manderà più nulla, anzi. Ha chiuso le porte a qualsiasi collaborazione con i magistrati italiani sulla vicenda.

Il giudice aveva stabilito la continuazione delle indagini da parte dei carabinieri del Ros e fissato la nuova udienza, per valutare eventuali sviluppi, per il 10 ottobre prossimo.

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