Il premio Strega si impegna da anni a includere generi e case editrici nuove, così la “Cinquina” dei finalisti del premio Strega quest’anno è arrivata a contare ben sette scrittori che attendono il 7 luglio per sapere chi vincerà. Per la prima volta nella storia del premio Strega, accedono infatti alla finale sette libri.

Nonostante l’affollamento, la vittoria che verrà resa nota al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia sembra già segnata. La classifica vede come libro più votato il romanzo di Mario Desiati, Spatriati (Einaudi), con 244 voti.

Secondo finalista Claudio Piersanti con Quel maledetto Vronskij (Rizzoli), 178 voti, terzo Marco Amerighi con Randagi (Bollati Boringhieri) 175 voti, quarta Veronica Raimo con Niente di vero (Einaudi ,169 voti. Ex equo con 168 voti Fabio Bacà con Nova (Adelphi) e Alessandra Carati con E poi saremo salvi (Mondadori). Ripescato Nina sull'argine (Minimum Fax), 103 voti, di Veronica Galletta.

Le piccole case editrici

La possibilità di aggiungere altri autori oltre all’ex aequo deriva dall’articolo 7 del regolamento del premio, il quale prevede che con il primo scrutinio vengano designati i cinque libri che hanno ottenuto il maggior numero di voti, i quali entrano di diritto nella lista per la seconda votazione. Se nella graduatoria dei primi cinque non è compreso almeno un libro pubblicato da un editore medio-piccolo, si legge, accede alla seconda votazione il libro (o in caso di ex aequo i libri) con il punteggio maggiore, dando luogo a una finale a sei (o più) candidati. La casa editrice, che quest’anno è Minimum Fax, è così definita delle associazioni di categoria e dalle conseguenti valutazioni del comitato direttivo.

Non è la prima volta che si va oltre la Cinquina, ma la prima volta che non accadde per ragioni di ex-aequo, ma per la «clausola di salvaguardia» delle piccole case editrici, fu per Jonathan Bazzi nel 2020, con il romanzo Febbre edito da Fandango, il quale grazie al ripescaggio divenne sesto volume in finale.

Tullio De Mauro

Tullio De Mauro (LaPresse)

Il regolamento che prevede l’inclusione delle piccole case editrici è arrivato nel 2015 dopo le ripetute polemiche attorno al fatto che quasi sempre finivano per non arrivare in finale, lasciando spazio solo ai big dell’editoria. Il presidente e insigne linguista Tullio De Mauro, oggi scomparso, decise il cambio di corso: «In un panorama librario che muta seguendo i tempi – si leggeva nel comunicato -, con un’offerta in continua ridefinizione, modalità di lettura e fruizione dei libri inedite e nuove forme di autorialità, è fondamentale continuare a garantire una pluralità di voci e idee, salvaguardando quelle specificità e differenze che costituiscono la ricchezza del mercato editoriale italiano».

In quell’occasione venne ridefinito anche il meccanismo di voto per la Cinquina dei finalisti: i giurati del premio – gli Amici della domenica, 400 donne e uomini di cultura, ai quali si aggiungono sessanta lettori forti che ruotano ogni anno e quindici gruppi di lettura costituiti da scuole, università e Istituti Italiani di Cultura all’Estero – vennero chiamati a esprimere non più una, ma tre preferenze, in modo che aumentasse il numero di voti necessario per accedere alla finale e il giudizio fosse di fatto più ponderato.

Con il nuovo regolamento inoltre la Fondazione Bellonci aprì le porte anche a tutti gli autori che scrivono in lingua italiana.

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