Il sistema politico si è perso in questi giorni in una speciosa e improduttiva diatriba sull’articolo 41 bis del codice penale, al quale è sottoposto l’anarchico Alfredo Cospito.

Il tema andrebbe semmai esaminato sotto il profilo della costituzionalità e degli aspetti umanitari, cosa che i politici si sono ben guardati dal fare, mentre alcuni magistrati hanno ricordato che rispettando le norme del nostro ordinamento giudiziario si potrebbe cancellare il 41 bis, che appare come un regime eccessivo per un paese democratico.

Infatti, si parla ora di sottoporre Cospito al regime meno severo di alta sicurezza di secondo livello. Il tema andrebbe comunque esaminato nel contesto della situazione in cui si trova il nostro sistema penitenziario.

Il sistema penitenziario italiano

Alcuni dati di sintesi ci dicono che al 31 maggio 2022 nelle carceri italiane i detenuti erano 54.771, di cui 2.237 erano donne e 17.043 stranieri.

Nel 2022, nelle carceri italiane ci sono stati 84 casi di suicidio ai quali bisogna aggiungere i 60 tra le forze della polizia penitenziaria. L'Italia, messa a confronto con i soli paesi membri dell'Unione europea, risulta avere le carceri più sovraffollate: 120,3 detenuti per ogni 100 posti, con una media di 1,9 persone per cella.

Non solo, l’Italia risulta ai primi posti con il più alto numero di detenuti in attesa di un primo giudizio o di una sentenza definitiva: 34,5 per cento contro una media del 22,4 per cento.

Non si può poi dimenticare che l’8 gennaio 2013 anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che l’Italia viola i diritti dei detenuti tenendoli in celle dove hanno a disposizione meno di tre metri quadrati e ha condannato l’Italia per trattamento inumano e degradante di sette carcerati detenuti nel carcere di Busto Arsizio e in quello di Piacenza.

Questa situazione implica inevitabilmente una vita in condizioni spesso disumane, dove anche chi non è delinquente lo diventa.

le misure alternative al carcere

L’ex magistrato Gherardo Colombo ha sintetizzato con queste parole il concetto di pena: «Credo che la pena, il castigo, il carcere non siano la soluzione dei problemi della giustizia italiana. Ma punire, infliggere il male in risposta alla trasgressione, in effetti legittima il male. La risposta alla devianza dovrebbe essere da una parte preventiva, dall’altra riconciliativa: portare, come dice la Costituzione, alla rieducazione di chi si è allontanato dalla società».

Il gruppo di lavoro costituito dal presidente Giorgio Napolitano nel 2013 sul tema delle carceri, propose quattro misure: di trasformare in pene principali alcune delle attuali misure alternative dell’esecuzione, come l’affidamento in prova e la detenzione domiciliare; un ampio processo di depenalizzazione di condotte che possono essere meglio sanzionate in altra sede; l’introduzione su larga scala di pene alternative alla detenzione; con particolare attenzione va dedicata al tema del lavoro dei detenuti, che riduce drasticamente la recidiva, rende il carcere più vivibile, rispetta la dignità della persona detenuta; una congrua assegnazione di risorse finanziarie.

Non si tratta di cifre importanti, ma il fondo complementare del Pnrr, alla lettera g prevede 132,9 milioni di euro, dal 2022 al 2026, per la costruzione e il miglioramento di padiglioni e spazi per le strutture penitenziarie per adulti e minori, una progettazione complessiva che tiene conto anche dei fondi per i lavori di ristrutturazione di 4 istituti per minori.

Come dovrebbero essere le carceri

In Norvegia l’ergastolo è stato abolito nel 2012 e la pena massima è di 21 anni. Le carceri norvegesi sembrano sobri alberghi che garantiscono la dignità del carcerato. L'obiettivo del sistema giudiziario è quello della riabilitazione dei criminali, non quello della loro punizione.

Le carceri dovrebbero essere  come campus universitari dove si studia, si lavora e si apprende un mestiere che si potrà esercitare una volta scontata la pena. Ogni recluso dovrebbe avere una sua camera con servizi che consenta un dignitoso livello di vita. Questo è il solo modo per riabilitare i carcerati come richiede la Costituzione. La vera pena è quella della privazione della libertà di movimento, che di per sé è già un enorme castigo.

Perché, ad eccezione del Partito Radicale di Marco Pannella, le forze politiche non si sono mai occupate seriamente del sistema carcerario? La risposta è semplice: 54.000 carcerati sono una base elettorale poco interessante. Molto meglio sostenere il pensiero dei benpensanti che auspicano uno stato forte che impone law and order e permetta una legittima difesa senza limiti. Questo è quello che, purtroppo, hanno evidenziato le ultime elezioni politiche.

Forse le alte cariche dello stato dovrebbero chiedersi se l’Italia, con questo sistema penitenziario, ha completato il suo processo verso una democrazia compiuta.

© Riproduzione riservata