La forza morale dell’occidente sta nell’eredità dell’Illuminismo, il potentissimo movimento intellettuale che ha cambiato per sempre il mondo diffondendo quello che, enfaticamente e ingenuamente, si definiva l’imperio della ragione. Contro questo passaggio si sono mossi in molti, dai romantici tedeschi ai nazionalisti francesi, fino ai totalitarismi del XX secolo, per essere iper-sintetici.

Un elenco esaustivo lo ha offerto il grande storico delle idee Zeev Sternhell (Contro l’Illuminismo, Baldini e Castoldi), così come Jonathan Israel  ha prodotto un affascinante e poderosissimo studio su questa corrente intellettuale, in più volumi, di cui uno è stato tradotto in italiano (Una rivoluzione della mente. L'Illuminismo radicale e le origini intellettuali della democrazia moderna, Einaudi).

Come si impara sui banchi di scuola, da Voltaire e compagnia – senza togliere nulla ai liberali inglesi e scozzesi – discendono quei princìpi di libertà a cui ci ispiriamo tuttora. Purtroppo, tali princìpi faticano a trovare applicazione quotidiana perché il mondo non è perfetto. 

Bavagli

In questi mesi ce ne rendiamo conto una volta di più. Il “sacro” principio della libertà di espressione è messo in discussione per impedire ad alcuni media e giornalisti russi di circolare, in quanto fanno «propaganda e non informazione». Come se si potesse tracciare una netta linea divisoria... Ma quand’anche, per questo mettiamo dei bavagli?

Il passato ci offre qualche spunto di riflessione. Affermare che l’Unione sovietica era un paradiso in terra dove regnava il mondo dell’abbondanza materiale e le “vere” libertà erano garantite a tutti, come faceva l’Unità, organo del partito comunista nel Dopoguerra, era certamente una propagazione di grossolane falsità, tra l’altro a favore di un nemico dichiarato dell’Italia.

Con i criteri di oggi avrebbe dovuto essere silenziato subito, quel giornalaccio. E che dire dei media berlusconiani che raccontavano fandonie sui danni prodotti dall’Euro di Prodi alla nostra economia, o sul complotto per estromettere il Cavaliere dal governo nel 2011? Oppure, per essere più vicini nel tempo, perché non sono stati chiusi d’ufficio quei siti che diffondevano notizie false e dannose, certamente atte a turbare l’ordine pubblico, sull’inesistenza del Covid e sui danni mortali dei vaccini?

Un tozzo di pane

In effetti la libertà di espressione consente di divulgare queste e altre palesi menzogne. È il costo della libertà. Perché non esiste la verità (per i liberali). Esiste il pluralismo di varie e diverse opinioni, al punto che anche quei mattocchi di terrapiattisti possono far circolare tranquillamente le loro visioni della realtà (per quanto un po’ appiattite…).

La verità non si impone per legge. Il penoso can can sulla presenza nei media italiani di giornalisti o pennivendoli russi riflette solo la debolezza della cultura liberale e pluralista nel nostro paese. Viene a galla quel fondo autoritario favorevole al controllo e alla censura che ha attraversato l’Italia per gran parte del Novecento.

Basti ricordare il caso Renzi-Aristarco, la condanna da parte di un tribunale militare (!) per un articolo sul comportamento delle forze armate italiane in Grecia durante la Seconda guerra mondiale, o l’interdizione per anni alla circolazione in Italia del film Il leone del deserto in cui si mettevano in mostra le angherie della colonizzazione fascista in Libia. Controllo, censura, silenziamento sono il basso continuo della nostra cultura politica, più in linea con la Controriforma e i suoi auto da fé, che con la Riforma.

Avere paura delle menzogne degli operatori dell’informazione del regime putiniano significa non avere convinzione nei propri princìpi, nella superiorità di un sistema pluralista che vince sulla forza delle proprie argomentazioni, non con la camicia di forza. La chiusura da parte dell’Unione europea di due siti russi perché organi del regime ha inferto un vulnus ai princìpi ispiratori dell’Ue. Lungo questa strada si scivola verso il ministero della Verità.

Per chiudere. Negli anni Ottanta la Pravda sovietica mostrò una fila fuori dalla celebre panetteria parigina Poilâne, i cui prodotti erano, e sono, ricercatissimi; la fila era reale ma l’interpretazione suonava così: anche i francesi sono costretti a fare lunghe file per procurarsi un tozzo di pane.  Foto vera, menzogna palese.

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