Dopo la nostra inchiesta sulle discariche che minacciano la villa di Adriano e Ponte Lupo, il più famoso e interessante ponte degli acquedotti romani, risalente al 144 a.C., questo testo inedito è un dialogo sulla magia delle rovine.

- Amerei con più cuore queste rovine se non venissero continuamente restaurate dal nostro pensiero, che non si rassegna all'idea di lasciarle in pace, inutilizzate. In verità, sono belle così come le vediamo, sbriciolate, macerate dalla pioggia, per il fatto di non rispettare più alcun disegno: ma la mente insoddisfatta tira linee sul vuoto e vuole ricostruire, completare, ad ogni costo. Nel restauro delle statue, quei pezzi di gesso che collegano una spalla a un gomito o le mani finte che reggono una finta spada lasciano perplessi proprio perché, in fondo, non sono poi così diversi dall'originale. Qual è la distinzione tra autentico e inautentico? La bellezza viene contaminata da questo dubbio che ne renderà per sempre ambiguo il godimento. Come un capello dentro una tazza di latte, macchierà il piacere con l’interrogazione sul significato. È un po’ la prerogativa del turismo colto. Che però è stato pressoché abolito: sostituendo ai taccuini le kodak, alle kodak le polaroid, alle polaroid i nastri preconfezionati di diapositive e a tutto ciò, infine, la carta oleata della pizza. Farsi beffe del viaggiatore col panama e i pastelli nello zaino ti spinge necessariamente tra le braccia di quello col berretto dal baseball e la telecamera. Un tempo si ripagava la distruzione che questi edifici hanno subito a opera del tempo con la moneta di una prosa ammirata che aspirava alle medesime pose: statuarie, pensose. Ma non c'è dubbio che nel fare il verso all'epica c’era almeno una possibilità su cento di conseguire la grandezza, mentre tenendosene alla larga non ce ne può essere alcuna. Solo frequentando intensamente l’ideale e a ogni passo sfiorando il ridicolo ci si può innalzare al di sopra di esso. La nostra educazione elementare è stata assurdamente eroica: l’arditezza a scuola ce la iniettavano a dosi massicce, Muzio Scevola, Orazio Coclite, Attilio Regolo, e poi Cesare, Tacito... e le Troiane, Achille alle porte Scee. Ovunque moniti, frasi scolpite, fulmini, profezie, battaglie. Il grido Talassa! Talassa! rimbalzava tra i banchi e i muri della scuola, che lasciavano passare parole d’ordine terribili e piogge di frecce che oscuravano il cielo prima di cadere e infilzare i panini della merenda. Oggi l'educazione è egualmente assurda però piallata, livellata. Ogni slancio viene guardato con sospetto. A dimostrarsi coraggiosi ci si guadagna una smorfia di compatimento. Gli istinti vengono liberati solo a condizione che si disperdano nell’individualità. Avendo vissuto quel rito di passaggio ora possediamo entrambe le anime, poiché siamo stati scolari quando ci proponevano modelli impossibili da eguagliare, e quando finalmente ci eravamo issati a fatica alla loro altezza, quelli si erano rimpiccioliti fino a scomparire. Siamo per forza cresciuti doppi, duplici: noi ora crediamo con tutto il cuore in una cosa e ci facciamo beffe della stessa cosa. Mentre amiamo, copriamo di scherno l’oggetto dell’amore. Siamo fanatici e dubbiosi. Educati ed educatamente ignoranti. Conformisti e ribelli. Ci attraggono in pari misura la guerra e la pace: la guerra in particolare, perché trabocca di figure affascinanti, atti di coraggio, istanti di terrore, di pietà, di immensa e immaginaria cavalleria. L’animo ingenuo e fanciullesco ama la guerra con tutti i suoi accessori per un istinto che lo spinge verso le cose definitive e terribili, perciò è intimidito dalla potenza di queste immense rovine.

- Sarà un pensiero infantile, però io qui sento una forte presenza eroica, ed è questo che mi da animo, il cuore ribolle a un’idea di grandezza, i risultati migliori dell'umanità stanno davanti ai nostri occhi, resi più splendenti dalla resistenza al tempo che si è accanito ma non ce l'ha fatta a cancellarli. Il modo in cui sono intrecciati i mattoni di questa muraglia... mi commuove. Ecco, questo luogo mi pare un'ottima postazione di resistenza di ciò che è umano.

- Non è un sguardo infantile il tuo ma un'illusione ottica. Ti emoziona la padronanza del suolo, dello spazio, delle acque da parte dell’uomo. Il padrone di tutto questo è assente e noi siamo i topi che si infilano nottetempo in casa sua. E mentre bucherelliamo i materassi e rosicchiamo le zampe dei mobili pensiamo: «però, gli antichi topi, le sapevano costruire, le cose!». Ogni paragone, ogni similitudine rischia di essere falsata, un’imitazione della verità, la qualcosa ci incanta, ci fa piangere e sognare. E poi l'effetto grandioso di posti come questo è permesso solo dall'assenza umana. Vedi che oggi, qui, tranne noi, non c'è anima viva. L'illusione delle rovine prende forma in assenza di figure umane o prevede il loro schiacciamento pittorico. Cosa vi è di più intimamente contrario all'uomo del paesaggio? L’uomo giustamente ridotto al rango di pastorello, figurina decorativa ai margini del discorso, il che si può fare solo ironicamente, risolvendosi a stare sdraiati nell’erba con in mano uno zufolo di cui non sappiamo da che parte ci si soffi dentro. E le rovine col tempo si ritrasformano in natura: sono rocce, scogli, burroni, maelstrom.

- Sì, certo questo dubbio può coglierci proprio in quei luoghi dove maggiormente si sono salvate testimonianze del passato, come nelle nostre città, e al tempo stesso esse hanno subito catastrofi immense, arrivando a noi sfigurate tanto da essere quasi blasfemo il pensiero di come fossero prima dello scempio, perché solo per immaginarlo occorre un'empia presunzione di pienezza. Eppure, il sentimento che si può provare nei loro confronti è solo un amore sconfinato e privo di rimpianti. Esse ispirano amore e il rifiuto netto di ogni superbia. La grandezza resta solo un’aspirazione e mai un rancore. La loro purezza sentimentale sta proprio in questa mancanza di applicazioni: nessuno che abiti veramente col pensiero queste rovine sogna di restaurare l'antica potenza. Il vero abitante delle rovine possiede uno sguardo assolutamente dolce e disincantato. Avere una simile patria ed averla sotto gli occhi perennemente distrutta gli fa superare il concetto stesso di patria e il desiderio tanto di ritornarvi quando di difenderla: perché in un certo senso non gli è possibile veramente allontanarsene, come non ci si allontana dall'amore o dalla propria ombra, né tradirla, dato che ogni possibile tradimento e ogni possibile crudeltà sono stati già consumati sul suo corpo.

*Scrittore, vincitore, nel 2016, del premio Strega con La scuola cattolica. 

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