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C’è un rapporto che più che un report è un campanello d’allarme suonato a tutto volume. Il rapporto è quello steso dagli scienziati del panel intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite. La sintesi migliore di questo dossier la dà lo stesso segretario generale dell’Onu, che lo definisce così: “Un codice rosso per l’umanità”. Lo studio ci sbatte in faccia tutte le responsabilità dell’uomo e soprattutto ci dice che non è facile, o che è persino impossibile, tornare indietro, porre rimedio. Vanessa Ricciardi sul sito ha subito snocciolato i contenuti del dossier e scrive anche che Greenpeace è pronta a usare il rapporto davanti ai giudici per dare forza alle sue battaglie: l’associazione dice, «non lasceremo che questo rapporto venga oscurato da ulteriore inazione. Lo porteremo con noi nei tribunali».

Vi racconto allora una storia, che ha a che fare proprio con i tribunali e con il clima. C’è una ragazza, che oggi ha 25 anni, la sua famiglia ha origini abruzzesi e la sua infanzia lei l’ha passata in Oregon. Il suo nome è Kelsey Juliana ed è una Greta ante litteram. Un decennio fa, quando aveva 15 anni, già provò a portare in tribunale il governatore dell’Oregon per inazione climatica. Ma Kelsey passerà alla storia soprattutto perché è capofila di una battaglia legale di 21 teenager contro gli Stati Uniti d’America. Sì, avete capito bene. Nell’agosto di sei anni fa - era il 2015 - Kelsey, che all’epoca aveva 19 anni, e altri venti ragazzini - il più piccolo aveva solo otto anni - sfidarono in aula l’amministrazione americana. Sostenevano che continuare a supportare i combustibili fossili era un attacco ai loro diritti, al diritto della loro generazione e di quelle future di vivere in sicurezza. Come è andata a finire? Sono passati sei anni, Kelsey Juliana ormai è una attivista 25enne, alla sua storia è stato dedicato un film, ma manca ancora - almeno in aula - un happy end. La trafila giudiziaria continua e intanto il verdetto arriva dalla scienza. Ed è, appunto: codice rosso. 

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