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Non è concepibile che un partito – ovvero la Lega – voti contro un provvedimento del governo e che tutto continui come prima, scrive in prima pagina il politologo Piero Ignazi. Se non c’è un chiarimento politico, significa che il governo si ritiene indipendente dalle valutazioni dei partiti. E questo cortocircuito rischia di far saltare il rapporto tra istituzioni e cittadini: così i cittadini non si sentirebbero più depositari della decisione finale attraverso il voto. Così il solco tra opinione pubblica e istituzioni si allarga. E a far tacere queste preoccupazioni sistemiche non vorremmo, dice sempre Ignazi, che venisse riproposto un ritornello del tipo “meno male che Mario c’è”.

Per il politologo, la classe dirigente è ancora affetta dallo stesso strabismo che la colse un decennio fa quando idolatrò il governo di Mario Monti, oltre che la sua figura. Azioni e valutazioni di allora si adattano bene alla situazione odierna. Per esempio, possiamo ritrovare in entrambi i casi l’invocazione di un intervento salvifico del presidente della Repubblica; il sospiro di sollievo per un governo di tecnici e super-partes sostenuto da tutti salvo dalle formazioni estreme a destra e a sinistra; l’aspettativa di un trionfo della lista capitanata da Mario Monti alle elezioni politiche del 2013.

Questo quadro si ripete, con alcune sfumature e alcune aggravanti. La prima è che si continua a sollecitare irresponsabilmente il presidente Mattarella a infrangere di nuovo una lunga prassi, e cioè ad accettare di rimanere al Quirinale. Una presidenza à la carte, un altro sfregio istituzionale, a dimostrazione che in Italia le regole possono essere molto flessibili. Con ovvie conseguenze sulla loro credibilità.

Un’altra aggravante, dice Ignazi, riguarda la messa al trono di Mario Draghi alla presidenza del consiglio ad infinitum, per una sorta di volere del popolo misticamente interpretato dai cantori della classe dirigente. Ma questo non consente di sorvolare sui principi su cui si fonda un regime democratico parlamentare. La sospensione della politica, decretata quando Mattarella incaricò Draghi al di fuori di ogni “formula politica“, non può che essere temporanea.

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