Al di là delle convulsioni passate e presenti del suo gruppo dirigente, il Pd ha comunque rappresentato e ancora rappresenta un riferimento per quei cittadini che si ispirano a valori democratici, progressisti, inclusivi, di uguaglianza e giustizia sociale.

Si tratta di una circoscrizione idealmente più ampia di quella elettorale, una dimostrazione del fatto che esiste e il destino di questo partito coinvolge tutti coloro che si identificano con quei valori, al di là delle insoddisfazioni per come, spesso, sono tradotti in scelte politiche e rappresentati.

È su queste premesse che ci sentiamo nel dovere di lanciare pubblicamente un allarme che contrasti lo sfaldamento di un partito la cui dirigenza sembra ormai dirigere solo se stessa. E in più sbandando da ogni parte.

Le improvvise dimissioni di Nicola Zingaretti (che sembra siano dovute a una reale esasperazione / disperazione personale), comunicate direttamente sui suoi social, e dunque annunciate a un pubblico indeterminato e generico, vengono motivate, cosa grave e inaudita, descrivendo i dirigenti personali del proprio partito come carrieristi e litigiosi, al punto che il segretario stesso dichiara di vergognarsene.

Tali dimissioni anomale ci sembrano l'ultima occasione per indurre finalmente una rivolta della ragione o almeno della ragionevolezza, i cittadini.

La stessa ragionevolezza che si perse nel 2018 quando Matteo Renzi dopo aver portato il Pd al suo minimo storico si dimise senza abbandonare la politica, come per esempio fece il premier britannico David Cameron dopo l'esito del referendum sulla Brexit, e come lui stesso promise dopo la cocente sconfitta del referendum costituzionale del 2016.

Rimane anche scarsamente ragionevole e comprensibile come siano rimasti nei ruoli decisionali all'interno del Pd i tanti amici di Renzi che non hanno seguito fuori dal partito ma hanno continuato ad alimentare una fronda interna sempre più insidiosa.

E infine, come è possibile che la "responsabilità" verso il governo del paese del Pd abbia praticamente annullato la sua funzione storica di sorveglianza critica del potere sociale e di promozione e organizzazione della partecipazione dei cittadini?

L'abbandono dei cittadini

I cittadini non hanno solo bisogni e diritti ma anche disponibilità, capacità e forza per contribuire al consolidamento di una società democratica più inclusiva e giusta.

L'abbandono dei territori alle logiche dei potentati locali, e delle relazioni sociali e degli finanziari e imprenditoriali, è una delle ragioni più profonde dello “sragionamento” del partito più grande della sinistra. Dissociato dalla realtà, il Pd si trova dilaniato dalla lotta delle correnti e fazioni interne, incapace di confrontarsi con i cittadini e di coinvolgerli in iniziative pubbliche sul proprio destino: il grottesco homo homini lupus fra correnti e gruppi dirigenti li condanna alla impotenza operativa, mentre umilia la “potenza” dei loro naturali committenti, i cittadini.

Il tema più volte rimpianto o auspicato dell'identità del partito non può essere affrontato con la semplice riorganizzazione interna e con la formulazione di un nuovo programma.

L'identità di un partito si configura oltre che in principi condivisi e obiettivi dichiarati, con la capacità di sviluppare quell'energia collettiva capace di realizzarli. Dunque una identità teorico-pratica che emerge non solo in cosa si intende fare ma sperimentare come riuscire a farlo.

Allora, come hanno suggerito di fare Gianni Cuperlo (su Domani) e Giuseppe Provenzano (su Repubblica) , discutiamo, pensiamo, proponiamo iniziative compatibili con la presente drammatica condizione di separazione dei corpi materiali dal confinamento causa pandemia.

La soluzione della crisi del Pd non può essere lasciata alla sua leadership chiusa e litigiosa.

Svegliamoci allora dal sonno dell'irragionevolezza e attiviamoci al massimo della nostra creatività, capacità e responsabilità, per il necessario ritorno del "buon senso" e del coraggio nella politica.


Per intervenire in questo dibattito, potete scrivere agli autori oppure a lettori@editorialedomani.it 

Stefano Bonaga,  stefano.bonaga@libero.it   

Piero Ignazi, piero.ignazi@unibo.it  

Nadia Urbinati, nu15@columbia.edu


Hanno aderito anche: 

Fausto Anderlini

Manuel Anselmi

Massimo Anselmo

Renato Bocchi

Duccio Campagnoli

Francesco Ceci

Carla De Pascale

Giovanni Dispoto

Roberto Giannì

Luisa Lama

Emma Petitti

Stefano Pivato

Alessandro Ferrara

Pinuccia Magnaldi

Maria Mattioli

Santina Mobilia

Simone Oggionni

Cesare Pianciola

Giuseppe Rubinetti

Antonio Simondo

Franco Sbarberi

Gabriella Turnaturi

Davide Vanicelli

Vincenzo Visco

Lorenzo Viviani

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