Chi si aspettava dalla nuova presidenza statunitense un ritorno a un approccio più fortemente multilaterale nelle relazioni con i partner stranieri, specie nel contesto commerciale, rimarrà certamente deluso dall’adozione, da parte di Biden, di un ordine esecutivo che rinforza l’approccio “buy american” del governo federale nella gestione degli appalti pubblici. Si tratta di una tendenza che aveva già caratterizzato la presidenza di Trump che, nei suoi ultimi giorni, aveva addirittura chiesto modifiche al Buy American Act, una legge adottata nel 1933 da Herbert Hoover per fronteggiare la fase più acuta della Grande depressione attraverso lo strumento degli appalti governativi.

L’ordine, adottato il 25 gennaio, mira ad assicurare che «quando il governo federale spende i dollari dei contribuenti, questi vengono spesi in beni di fabbricazione americana da lavoratori americani e con componenti di fabbricazione americana».

In quest’ottica, quindi, è molto probabile che assisteremo a un innalzamento delle soglie previste dall’attuale normativa statunitense sugli appalti pubblici, che prevede che le agenzie governative debbano preferire prodotti che siano almeno per il 55 per cento fatti negli Stati Uniti (95 per cento nel settore siderurgico). Ed è altrettanto probabile che saranno irrigidite le condizioni per la concessione di deroghe a queste regole.

Ovviamente un approccio di questo tipo, oltre a rischiare di mettere in difficoltà le stesse aziende statunitensi che potrebbero trovare difficoltà a reperire esclusivamente sul mercato interno i materiali e i prodotti di cui hanno bisogno, e penalizzare gli operatori commerciali stranieri, potrebbe anche impattare negativamente sugli obblighi internazionali che vincolano gli Stati Uniti in seno all’Organizzazione mondiale del commercio e, in particolare, su quelli che derivano dall’Accordo plurilaterale sugli appalti pubblici, di cui sono pure membri molti importanti partner commerciali come l’Unione europea, il Canada, l’Australia, il Giappone.

La tendenza protezionistica mostrata dall’amministrazione Biden – il quale ha pure dichiarato che intende promuovere una modifica delle regole internazionali sugli scambi commerciali – non fa ben sperare neppure con riguardo alla possibilità che gli Stati Uniti rimuovano il veto, fino a oggi ripetutamente esercitato, alla nomina dei nuovi giudici dell’Organo di appello dell’Organizzazione mondiale del commercio, veto che ha ormai comportato il blocco pressoché totale del sistema di soluzione delle controversie commerciali che consentiva a ogni stato membro dell’Organizzazione, di contestare agli altri il mancato rispetto delle regole commerciali multilaterali.

 

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