Da una parte c’è un fiume di persone recintato in corridoi metallici – come accade per le bestie al macello – e alla disperata ricerca di qualcosa da mangiare, dall’altra i contractor militari assunti dal governo israeliano che non riescono a gestire la consegna degli aiuti umanitari.

La pressione era talmente forte che le recinzioni sono crollate mentre il fiume umano si dirigeva verso i magazzini del centro della Gaza Humanitarian Foundation (Ghf). E la risposta immediata dei contractor e dell’esercito israeliano presente sul luogo è stata quella di sparare colpi d’arma da fuoco contro la folla inarrestabile. Era tutto prevedibile. E forse proprio per questo voluto. Per alimentare una propaganda che disumanizza due milioni di civili ridotti a una fame feroce dopo lunghe settimane di assedio. Le immagini che giungono dal sud di Gaza – definite «strazianti» dal segretario Onu Antonio Guterres – sono la dimostrazione di un fallimento annunciato ancora prima di partire.

Gli spari sulla folla

«La gente era inferocita e non l’ha fatto perché lo ha detto Hamas – dice il giornalista Hassan Isdodi – ma perché ha fame e i criteri scelti da questa nuova organizzazione non sono accettabili». Di fronte alla folla l’Idf ha sparato, dal basso e dall’alto, coadiuvata da un elicottero. «Anche il personale della Ghf ha sparato sulla folla, sono armati», ha aggiunto Isdodi. Nel pomeriggio l’Idf ha spiegato in una nota la sua versione.

Le forze di difesa «non hanno eseguito attacchi aerei contro il centro di distribuzione degli aiuti umanitari nella zona di Rafah ma hanno effettuato spari di avvertimento nell’area esterna al complesso». Secondo l’esercito «la situazione è sotto controllo, le operazioni di distribuzione del cibo proseguiranno come pianificato e la sicurezza delle Idf non è stata compromessa».

La fame crescente sta portando alla disperazione milioni di persone e il nuovo piano di distribuzione non consente a tutti di poter accedere al cibo. «Attualmente – spiega ancora il cronista – la maggior parte della popolazione è lontana almeno 15 km dall’hangar. Non ci sono auto, come si fa ad andare fin lì e tornare trasportando sulle spalle un pacco da svariati chili?».

Paure

Tanti gazawi, poi, hanno il terrore di essere accusati di essere conoscenti di membri di Hamas o parenti di qualcuno che ha fatto parte dell’organizzazione e di essere, quindi, schedati o addirittura arrestati. E, dunque, di sparire per sempre. Secondo l’Idf, sarebbe già attivo anche un secondo centro di distribuzione del cibo, ma il piano prevede che ne aprano altri cinque nelle prossime settimane. Intanto, il cibo che fino a domenica è stato distribuito dal Programma Alimentare Mondiale è terminato.

«È rimasto solo qualche sacco di farina – racconta Ahmed Al-Banna, proprietario di un forno al nord della Striscia – ma non abbiamo più acqua per impastare, quindi non riusciamo a fare molto. Stiamo bruciando ogni cosa per alimentare il fuoco. Dopo aver tagliato molti alberi, ora stiamo usando i mobili di plastica e il pane puzza».

A Gaza, oltre al fumo delle bombe e alla polvere dei palazzi sbriciolati, c’è nell’aria anche una spaventosa cappa di diossina. «Siamo davanti a un disastro sanitario e ambientale – dice Khalil Al-Daqran, portavoce dell’Ospedale Al-Aqsa di Dayr al-Balah – e la quantità di rifiuti accumulata nella Striscia ha ormai superato un quarto di milione di tonnellate».

Ore concitate

Gli occhi sono puntati sulle prossime mosse del premier israeliano Benjamin Netanyahu che ieri ha anche rifiutato di incontrare alcune famiglie degli ostaggi. La condanna di ciò che sta accadendo a Gaza è sempre più unanime, con diversi leader internazionali che stanno cambiando la loro posizione politica pubblica.

Alle dichiarazioni del cancelliere tedesco, Friedrich Merz, che ha detto di non capire quale sia lo scopo militare d’Israele, ora si sommano quelle della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. In un colloquio telefonico con il re di Giordania von der Leyen ha definito «ripugnante» l’uccisione di civili e bambini nell’attacco del 26 maggio alla scuola rifugio di Fahm al Jarjawi a Gaza city. Dalle pagine di Haaretz l’ex premier israeliano, Ehud Omert, non ha risparmiato parole di condanna.

«Ora basta. Israele sta commettendo crimini di guerra», ha scritto. «Il governo sta conducendo una guerra senza scopo, senza obiettivi o una pianificazione chiara e senza possibilità di successo», ha spiegato. «Anche su questo, la banda criminale guidata da Benjamin Netanyahu ha stabilito un precedente senza eguali nella storia di Israele».

Difficile da capire se le pressioni sul gabinetto di guerra israeliano riescano ad accelerare le trattative per arrivare a un cessate il fuoco. Ieri, intanto, il ministro Ron Dermer, a capo della delegazione israeliana nei negoziati, avrebbe avuto un incontro a Washington l’inviato della Casa Bianca Steve Witkoff. Ma oltre a fermare i raid dell’aviazione israeliana, l’altra priorità è salvare i civili dalla fame. Il piano, per ora, è fallito miseramente.

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