I caffè e le strade di Tel Aviv pullulano di gente in questo venerdì di bel tempo e caldo primaverile. Gente fa jogging lungo la spiaggia, chiacchiera nelle terrazze dei bar e porta a spasso il cane. Ma la normalità apparente nasconde l’ansia per la liberazione dei tre nuovi ostaggi, dopo una settimana in cui si è temuto che la tregua tra Hamas e Israele potesse implodere, a causa delle accuse reciproche di mancato rispetto dei termini dell’accordo.

Alla fine il rilascio avviene come previsto, dopo 498 giorni di prigionia e scambiati con 369 detenuti palestinesi, incluso 36 condannati all’ergastolo.

Si tratta di Sagui Dekel Chen, Iair Horn e Alexander ”Sasha” Troufanov, catturati da Hamas nel kibbutz di Nir Oz, al confine con la Striscia, dove 117 persone – ossia circa un quarto della sua popolazione – sono state uccise o rapite il 7 ottobre del 2023.

Quel giorno Dekel Chen, 36 anni, era uscito di casa per aiutare a difendere il kibbutz sotto attacco dei miliziani di Hamas, mentre sua moglie incinta e le sue due figlie erano rimaste nascoste nella stanza di sicurezza della loro casa, riuscendo così a salvarsi.

Due mesi dopo, la moglie Avital ha partorito la loro terza figlia. Che Dekel Chen vedrà sabato per la prima volta.

Horn, 46 anni, era invece stato rapito insieme al fratello Eitan, che era andato a trovarlo quel giorno da Kfar Sava. Non si sa ancora quando Eitan potrà essere liberato.

Troufanov, un giovane di 29 anni, di origine russa, vive a Ramat Gan, vicino a Tel Aviv, ma quel giorno era andato a trovare la sua famiglia a Nir Oz.

Suo padre è stato ucciso durante l’attacco, mentre sua nonna, sua madre e la sua compagna sono state liberate nel primo scambio di ostaggi nel mese di novembre del 2023.

Il governo israeliano ha fatto sapere di essere al lavoro in pieno coordinamento con gli Stati Uniti per ottenere la liberazione del più alto numero possibile di ostaggi al più presto, non chiarendo però che cosa potrà succedere nei prossimi giorni.

«Intendiamo approfittare pienamente di questa opportunità. Dopodiché tutte le opzioni sono sul tavolo», ha affermato il governo in una dichiarazione emanata dall’ufficio del primo ministro.

Il governo si è, inoltre, solo limitato a dire di aver ricevuto la lista degli ostaggi correggendo una dichiarazione precedente in cui aveva invece detto di «aver accettato» la lista, lasciando la prosecuzione della tregua ancora nel limbo dei giorni scorsi, vale a dire da quando Hamas aveva annunciato di volerlo sospendere, accusando Israele di non averne rispettato i termini, in particolare per quanto riguarda l’entrata di aiuti umanitari nella Striscia.

Aiuti insufficienti

Cogat, l’agenzia militare israeliana che coordina la fornitura di aiuti umanitari, ha detto che 4.200 camion di aiuti sono entrati a Gaza questa settimana, consegnando alimenti, carburante, medicinali, tende e altri mezzi di sussistenza. Tuttavia, le organizzazioni internazionali coinvolte dicono che tali forniture sono ancora del tutto insufficienti a soddisfare i bisogni basilari della popolazione.

Nondimeno, il cessate il fuoco di queste ultime settimane ha permesso a molti abitanti di Gaza di tornare alle proprie case al nord dell’enclave, senza temere di finire sotto i raid dell’aviazione israeliana, trovando però solo macerie e, soprattutto, la quasi totale mancanza di disponibilità di acqua.

L’Autorità palestinese per l’acqua stima che ci vorranno circa 2,7 miliardi di dollari per riparare l’infrastruttura necessaria per la fornitura di acqua corrente alle abitazioni.

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