Quando lo scorso 20 agosto, due anni dopo l’inizio degli scioperi per il clima, l’attivista Greta Thunberg ha incontrato Angela Merkel, cancelliera tedesca e presidente di turno del Consiglio europeo, ha portato con sé Luisa Neubauer. È quello che succederà anche lunedì sera, quando la leader dei Fridays for Future dialogherà con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte per chiedergli di affrontare la crisi climatica come una vera emergenza e e denunciare le lacune dei piani europei. Neubauer è il volto dell’associazione ecologista in Germania: a 24 anni la si vede spesso nei talk show e ancora più nelle piazze, dove prima del Covid-19 ha portato nelle manifestazioni del venerdì oltre un milione di ragazzi.

Neubauer è a un bivio importante nella sua carriera di front woman del movimento. Da un lato, la sua presenza mediatica e il suo carisma l’hanno portata a diventare un riferimento sia per i Fff sia per i loro interlocutori. Diventare una figura di primo piano ha però anche lati negativi: la laureata in geografia è bersagliata da commenti degradanti sui social (oltre a insultarla per le sue posizioni politiche, gli utenti toccano spesso la sfera sessuale), ma viene messa in discussione anche dai suoi compagni di lotta. La leader è criticata per le sue posizioni moderate, troppo poco battagliere per qualcuno, e spesso i circoli locali che formano la base democratica di Fff non si sentono presi in considerazione quando viene determinata la linea generale del movimento. L’ultimo incontro con la cancelliera e la discussione di un mega evento pianificato per giugno in cui gli attivisti avrebbero dovuto votare su diverse petizioni in un grande esercizio di democrazia diretta, entrambi bollati come decisioni autonome di Neubauer prese senza consultare la base.

Al di là della critica alla leader, Fridays for Future in Germania stanno vivendo un momento di stallo. L’impressione è che i Fff si stiano facendo usare come foglia di fico dalla politica. Partecipano a tante opportunità di pubbliche relazioni, ma le loro istanze portano a poche conseguenze pratiche: l’ultima prova è stato il passaggio da parte del parlamento di una legge per l’abbandono del carbone molto al di sotto delle aspettative del movimento. Il Bundestag ha deciso che la materia prima inquinante sarà abbandonata nel 2038, mentre gli attivisti avevano richiesto che avvenisse già nel 2030. Secondo il movimento, l’esito sarà l’addio al trattato di Parigi. Anche dopo l’incontro con le quattro leader europee delle proteste, Merkel si è limitata a dire che stava «già valutando di cercare di essere più coraggiosa nei negoziati sul clima», una dichiarazione piuttosto timida. Inoltre, complice il Covid-19, l’entusiasmo per le manifestazioni del venerdì si è raffreddato: è per questo che Neubauer spinge intensamente per una nuova piazza il prossimo 25 settembre. Ma, oltre alla presenza fisica, gli analisti raccomandano una definizione più netta delle richieste politiche dei Fridays.

Neubauer è così esposta che ormai difficilmente sarà possibile per lei tornare a essere un’attivista qualsiasi. A inizio luglio, in un confronto televisivo con uno dei possibili eredi di Merkel, Friedrich Merz, lo ha incalzato con competenza e argomentazioni forti. Inizialmente il politico della Cdu sembrava aver preso la sua interlocutrice sottogamba, ascoltandola con sorrisi ironici e smorfie. «Non è stato un colloquio costruttivo, pensavo potessimo parlare di contenuti, ma poi non è stato possibile», dice Neubauer. Merz alla fine della trasmissione ha consigliato a Neubauer di candidarsi alle elezioni del Bundestag del 2021 con i Verdi, una proposta a cui l’attivista non darà seguito perché, dice, «c’è bisogno di mobilitazione al di fuori del parlamento. Non sarebbe utile se mi candidassi con un partito del quale sappiamo che la sua politica sul clima non è minimamente sufficiente».

L’attivista è tecnicamente un membro del partito, ma si mostra regolarmente critica rispetto all’efficacia della sua politica. «Faccio parte dei Verdi non perché creda che la loro politica sul clima sia sufficiente, ma perché da democratica ritengo che i cittadini abbiano anche altri compiti oltre alla semplice espressione del voto», dice.

Se dai Verdi è delusa, Neubauer non esclude che la presidenza di turno della Germania del Consiglio europeo possa portare a una svolta dell’ultimo minuto sul rispetto del limite delle emissioni stabilito dall’Unione europea. Ma per raggiungere questo scopo, secondo l’attivista, continuerà a esserci bisogno di un’opinione pubblica europea attiva che chiami in causa la politica e la cancelliera.

«Non si tratta del se accade ma del come accadrà», ripete spesso Neubauer. Spiega che di frequente i suoi interlocutori non colgono che il cambiamento climatico non è più soltanto una possibilità. Inoltre, il confronto con gli «uomini vecchi e bianchi» fa emergere il problema di genere e il conflitto generazionale che Neubauer denuncia. Spesso si sente screditata da politici e commentatori che fronteggia quando fanno riferimento ai limiti che secondo loro imporrebbero età e sesso: le accuse di inesperienza e di eccessiva emotività non mancano mai.

Anche online ci sono «tanti uomini che non riescono ad accettare il fatto che una giovane politica donna abbia una sua opinione che difende. Ma io non faccio l’attivista per occuparmi di hater offesi che girano sul web, non è questo il mio lavoro e non ho tempo da dedicargli», dice. Per tutto ciò che scavalca i limiti della legalità, l’attivista si affida a una Ong, HateAid, che la rappresenta in questi casi. Ultimamente il tribunale di Francoforte ha emesso un’ingiunzione contro lo scrittore di destra Akif Prinçci, che Neubauer aveva denunciato dopo un commento sessista postato su Facebook sotto a una sua foto. Aveva scritto: «Me la scoperei immediatamente, anche se poi dovrei ascoltare per ore quella roba sul clima». Denunciare con una certa frequenza l’hate speech fa parte del suo impegno per difendere gli spazi della democrazia su internet, spiega.

L’altra critica che arriva spesso all’indirizzo di Neubauer è il presunto elitarismo di movimenti ambientalisti come Fridays for Future. Un’affermazione che la leader non ritiene una svalutazione in sé. «Non credo sia sbagliato che chi è privilegiato sotto qualche aspetto ne faccia qualcosa di buono. Anzi, penso che sia positivo che ci si chieda che responsabilità comporti questo privilegio».

La responsabilità è anche la chiave che Neubauer vede all’origine del radicamento dell’ambientalismo nella società tedesca. Oltre a un motivo storico, che individua in quasi tutte le lotte sociali del Novecento una dimensione ecologista, secondo l’attivista il benessere che permette alla società di occuparsi di questi temi è stato generato proprio a costo dell’ambiente, con un bilancio emissioni-paese tra i più devastanti. Una crisi climatica made in Germany, insomma. Per questo, ora, i giovani tedeschi sarebbero tra i primi a volersi impegnare per il clima. «Grazie al benessere diffuso, le necessità che riguardano la pura sopravvivenza in Germania non consumano tutte le energie disponibili”, dice. «Capisco però che nell’Europa del sud questioni come la mancanza di lavoro occupino molto più spazio nel dibattito pubblico».

Per ora il suo futuro resta nell’attivismo, ma il ruolo di Neubauer non è più trascurabile. Starà a lei decidere se trasformare il suo potenziale in una presenza politica di primo piano, considerata anche la possibilità, sempre più concreta, che il nuovo governo abbia tra i suoi azionisti di peso proprio i Verdi.

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