“Nuove circostanze richiedono nuove strategie fuori dal comune”. Ad Angela Merkel è bastata una frase per capovolgere quindici anni di politica europea assolutamente inflessibile sull’emissione di debito condiviso a livello europeo. Da lunedì sera l’austerità di Berlino sui conti appartiene al passato.

Nel 2012 la cancelliera aveva giurato che gli eurobond non sarebbero esistiti finché fosse rimasta in vita. Una presa di posizione forte, che l’aveva consacrata come regina dei falchi europei: un’appartenenza chiara fin dai tempi della crisi della Grecia, da rimettere in riga con un rigido programma di controllo sui conti pubblici.

Eppure, oggi sembra che a parlare sia un’altra persona. Da cosa dipende un’inversione di rotta così netta? Tutti i commenti politici del giorno dopo, con l’eccezione di quelli provenienti dal partito della destra radicale Afd, celebrano la vittoria della solidarietà e del sentimento europeo. Sotto la superficie però si muovono diverse anime, sia nello stesso partito della cancelliera, sia tra economisti e imprenditori.

La presa di posizione più notevole è quella del presidente della Baviera, Markus Söder. Tradizionalmente il partito gemello bavarese della Cdu non ha mai guardato con troppa simpatia alla solidarietà economica europea. Ma anche in questo caso i tempi cambiano: Söder è dato come possibile erede di Merkel alla guida dei democristiani, e nei giorni scorsi parlava della necessità di “gettare il cuore oltre l’ostacolo” e di diventare “partner in uno sviluppo condiviso” dei paesi dell’Unione.

Anche l’altro falco storico della Cdu, Wolfgang Schäuble, grande promotore della politica dell’austerità negli anni della crisi finanziaria, ha cambiato tono. Oggi parla di “situazione nuova, in cui si rischia un crollo dell’economia come non l’abbiamo mai vissuto”. Ai suoi occhi, come rivela in un’intervista al giornale Die Welt, i Coronabond non rappresentano la condivisione di debiti pregressi, ma la possibilità di avviare nuovi programmi gestiti (e controllati) dalla Commissione europea.

Anche Friedrich Merz, un altro dei candidati alla successione di Merkel, vicino alla grande finanza e leader dell’ala destra dei democristiani, mette da parte lo scetticismo per gli aiuti. Norbert Röttgen, presidente della commissione Affari esteri e a sua volta in corsa per la candidatura a cancelliere, arriva addirittura a parlare di egoismo e incomprensione per i #GeizigenVier, i “quattro tirchi”: toni che dalla Cdu non si erano mai sentiti.

A invocare la tradizionale prudenza del partito è stato solo il vicepresidente del gruppo parlamentare, Ralph Brinkhaus. E’ lui che raccomanda di “non investire in strutture economiche e stati sociali pericolanti” e che dopo l’annuncio della proposta franco-tedesca di aprire ai Coronabond ha parlato di “crepa nel nostro partito”. Dopo l’accordo di Bruxelles ha twittato: “l’Unione europea è compatta”.

Arrivano segnali di scetticismo anche dal mondo dell’economia. Clemens Fuest, presidente dell’Istituto Ifo, un centro studi indipendente, che parla di un “anticipo di fiducia” nei paesi che beneficeranno dei bond, che però richiederà in cambio “notevoli sforzi di riforma”. Anche Gabriel Felbermayr, presidente del Kiel Institut für Weltwirtschaft, istituto che si occupa dell’economia globale, resta scettico sulle modalità di rimborso dei debiti. Wolfgang Steiger, presidente del Consiglio economico della Cdu, aveva addirittura raccomandato di gestire gli aiuti europei tramite prestiti, da trasformare poi in finanziamenti a fondo perduto una volta verificato che l’utilizzo fosse coerente con quanto previsto dal programma.

In realtà, la popolazione tedesca si schiera complessivamente a favore dell’emissione dei bond. Secondo un sondaggio effettuato dall’istituto Civey per Der Spiegel, il 51 per cento degli intervistati è favorevole alla condivisione dei debiti per finanziare la ripresa. Chiaramente, questa percentuale include soprattutto elettori che si posizionano a sinistra, tra Spd, Verdi e Die Linke, da sempre più favorevoli a manovre solidali nei confronti degli Stati mediterranei, ma anche il 51 per cento di chi vota Cdu è favorevole ai Coronabond.

Il cambio di rotta di Merkel offre diversi spunti politici. Innanzitutto, emerge che a dettare la linea nel suo partito è ancora la cancelliera. Chi ambisce a succederle deve fare i conti con questo dato. E’ probabile che però, nello scontentare alcune voci della Cdu, Merkel abbia tenuto un occhio sui sondaggi: nei più recenti, la Cdu si tiene saldamente intorno al 40 per cento. Con il gradimento che continua a salire diventa difficile per i colleghi di partito manifestare dissenso.
 

L’altra questione è il valore simbolico di questo momento per Merkel. Alla fine della sua ultima legislatura si trova a gestire un semestre europeo difficilissimo per il rilancio, ma soprattutto per la conservazione dell’Europa (e dell’euro). Sarebbe impensabile per la pupilla di Helmut Kohl, padre dell’Unione monetaria, veder minacciato dai sovranisti il progetto del cuore del suo mentore senza intervenire. L’altro aspetto è puramente pragmatico: per mantenere attiva e potente un’economia fortemente sbilanciata sull’export come quella tedesca è cruciale avere una controparte forte.

Uscire dalla crisi non come vincitore isolato ma intrecciando nuove alleanze, poi, servirà a Merkel per portare a termine il suo ambizioso programma per il semestre alla guida del Consiglio europeo. L’agenda è fitta: si parlerà delle politiche per il clima, del nodo dei migranti e del rapporto con Russia e Cina. Tutte questioni delicatissime, che possono essere sciolte solo con un grosso seguito alle spalle.

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