Il partito tedesco di estrema destra, Alternative für Deutschland (AfD), è sempre più in balia di una guerra tra correnti e continua a perdere pezzi. L’ultimo ad andarsene è stato Konrad Adam, uno dei tre fondatori del movimento, che ha accusato il partito di «non avere più un futuro da formazione borghese-conservatrice». Adam ha terminato ieri la sua esperienza nel partito che ha contribuito a creare come avevano già fatto prima di lui anche gli altri due fondatori, Bernd Lucke e Frauke Petry, che avevano lasciato l’AfD rispettivamente nel 2015 e nel 2017.

Il punto centrale della dichiarazione d’addio di Adam, che da giornalista ha lavorato nelle redazioni di Frankfurter Allgemeine Zeitung e Die Welt e può fregiarsi di un dottorato in filosofia, è la presa d’atto che il partito, sotto la guida di Alexander Gauland, ex funzionario della Cdu di Angela Merkel, ora presidente onorario di AfD, è ormai irrimediabilmente in mano alla frangia più estremista del partito, il cosiddetto Flügel (“ala”, per l’appunto).

Il fondatore rimprovera a Gauland di aver a più riprese difeso Andreas Kalbitz e Bernd Höcke, due politici regionali del partito alla guida del Flügel, che più volte si erano distinti per atteggiamenti al limite della tollerabilità anche in un partito come AfD. Secondo quanto si legge nel documento fondativo, la corrente si posiziona tra le altre cose come «movimento del nostro popolo» contro «esperimenti sociali» e come «movimento di resistenza contro lo svuotamento della sovranità e dell’identità della Germania».

Dichiarazioni che hanno portato il Flügel all’attenzione dei servizi segreti interni e la direzione di AfD a decretarne lo scioglimento. Che però, nei fatti, non ha prodotto effetti: i membri fanno ancora parte del partito e si stanno imponendo in molti Land, soprattutto orientali, alla guida dei gruppi regionali.

Tutti dentro

In un contributo di un anno fa per la testata liberale Die Zeit, Adam attribuisce a Gauland le parole «voglio essere votato, non importa da chi». Una massima che, secondo il fondatore, il presidente onorario tradurrebbe in realtà permettendo, parallelamente all’attività parlamentare del partito, a individui come Kalbitz e Höcke di mantenere i contatti con ambienti estremisti.

Anche la vicenda di Christian Lüth sarebbe una prova della tendenza di Gauland di circondarsi, dopo aver tolto di mezzo le anime più moderate dell’AfD, di collaboratori che simpatizzano con ambienti radicali.

Lüth, che è stato portavoce del partito e poi del gruppo parlamentare, ha creato negli ultimi giorni più di un imbarazzo al presidente onorario, con cui intratteneva rapporti stretti. Secondo una trasmissione della televisione privata ProSieben avrebbe detto ad alcuni amici di esser contento dell’arrivo di nuovi migranti in Germania, perché il fatto aumenterebbe il consenso del suo partito e poi «possiamo sempre fucilarli tutti, oppure metterli nelle camere a gas».

Lüth si era già messo in evidenza ad aprile quando era emerso che in una chat privata si vantava di essere «fascista» e di avere «origini ariane». A quel punto il partito lo aveva rimosso dal suo ruolo. Durante l’estate poi l’addio al partito, che dopo le ultime rivelazioni ha disposto il suo licenziamento senza preavviso.

Se anche il partito riesce a mostrarsi unito su un fronte centrale nella sua agenda come l’accoglienza dei 1.500 migranti provenienti dalla Grecia decisa dal governo, lo strappo tra moderati ed estremisti rischia di portare AfD ad affrontare le elezioni federali dell’anno prossimo in piena crisi interna.

Il “defunto” Flügel resta infatti oggetto delle attenzioni di Alice Weidel, che insieme a Gauland presiede il gruppo parlamentare ed è in corsa per la nomina a candidata cancelliera nelle prossime elezioni in lotta con Jörg Meuthen, presidente del partito. Weidel, ex analista di Goldman Sachs, per non alienarsi la fetta di consensi del Flügel, si è infatti mostrata disposta anche a chiudere un occhio sulle procedure di espulsione degli esponenti più estremisti, a cui invece Meuthen dà volentieri una spinta quando si incagliano. Insomma, uno scontro che attraversa il partito a tutti i livelli.

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