Oggi a Washington la commissione giustizia della Camera tiene un’audizione dal titolo Online Platforms and Market Power, nella quale i membri del Congresso interrogheranno gli amministratori delegati delle quattro piattaforme tecnologiche che dominano il mercato: Amazon, Apple, Facebook e Google. L’audizione offre l’occasione ai rappresentanti eletti di usare il loro potere contro Big Tech. Lo useranno? E con quali risultati?

Anche se l’audizione rientra nell’ambito di competenza della sottocommissione sull’antitrust, e il titolo stesso contiene un termine del linguaggio dell’antitrust, market power, sarebbe un errore da parte dei legislatori limitare l’estensione dell’interrogazione alle soluzioni di antitrust. SI tratta soltanto di uno degli strumenti contro i monopoli, assieme ad altri come la regolamentazione della privacy, le regole per limitare la preferenza delle aziende verso i propri servizi o i limiti sull’appropriazione indebita dei dati dei creatori di contenuti.

Le leggi americane sull’antitrust orientate al controllo dei monopoli di singole aziende, che sono regolate dalla seconda sezione dello Sherman Act, sono state drasticamente limitate dai tribunali. E l’incredibile lentezza con cui si muove l’antitrust è inadeguata all’urgente necessità di moderare il potere delle piattaforme prima che queste infliggano danni permanenti ad app indipendenti, creatori di contenuti e intermediari che lavorano ai margini delle piattaforme.

Una soluzione per riequilibrare i rapporti fra una piattaforma dominate e fornitori atomizzati – ad esempio permettere la contrattazione collettiva fra gli editori quando trattano con Facebook, o tra produttori di app nei negoziati con Apple – implicherebbe, ironicamente, meno antitrust.

Al contrario della Commissione europea, che ha preso una posizione aggressiva nel difendere i consumatori europei dagli abusi più gravi di Big Tech, le autorità americane sull’antitrust si sono addormentate al volante. Una parte del problema può essere spiegata con le differenze negli standard e nelle soluzioni: in Europa, l’authority sulla competizione si avvale di un misto di antitrust e regolamentazioni (ad esempio, imporre un tetto alle commissioni che i gestori dei pagamenti digitali possono imporre alle aziende), e l’onere della prova ricade sui destinatari dell’indagine e non su chi fa ricorso, come invece accade negli Stati Uniti.

Inoltre, come dimostra l’economista Thomas Philippon nel suo libro The Great Reversal, le rendite per l’attività di lobbying sui regolatori antitrust sono molto più alte in Europa rispetto agli Stati Uniti, il che suggerisce che le agenzie regolatrici possono essere vittime delle stesse aziende che dovrebbero regolare. Nuovi dati sulle cosiddette “porte girevoli” di Washington dicono che Big Tech ingaggia personale che viene dalla divisione antitrust del dipartimento di Giustizia, dalla Federal trade commission e dalle sottocommissioni antitrust del Senato e della Camera, un modo velato per prevenire indagini e future regolamentazioni.

Al netto delle inadeguatezze, ci sono alcuni casi meritori di antitrust che potrebbero essere portati contro le piattaforme seguendo le leggi già esistenti. Per queste tipologie non è necessario forzare le leggi, e la commissione potrebbe usare l’interrogazione per raccogliere informazioni che potrebbero essere utili nelle presenti e future indagini di procuratori, agenzie federali antitrust e attori del settore privato. Per le pratiche lesive della competizione che sfuggono allo scrutinio dell’antitrust, tuttavia, la commissione dovrebbe affrontare questi abusi con nuove leggi. In fondo, stiamo parlando di legislatori.

Ecco una serie di domande che i rappresentanti dovrebbero fare ai capi di Big Tech:

Jeff Bezos (Amazon). Quali sono i costi e i ricavi di Amazon Prime? E della vostra sezione pubblicitaria? Del vostro apparato di transazioni di prodotti di parti terze? Del private label? Può quantificare i ricavi provenienti dagli Stati Uniti? I venditori indipendenti vengono penalizzati sui motori di ricerca se si rifiutano di acquistare i vostri servizi? Qual è la vostra politica di accesso per i servizi competitivi di streaming sulla vostra piattaforma?

Sundar Pichai (Google). Qual è la ragione per cui Google privilegia i propri prodotti e quelli dei suoi affiliati nelle ricerche? Quale beneficio ne viene per i vostri utenti? Che percentuale di ricavi proviene dai vostri affiliati quando un cliente clicca su un link? In che modo questa pratica non è ingannevole, considerato il fatto che i clienti non capiscono che l’algoritmo dà un peso maggiore ai contenuti affiliati a Google?

Mark Zuckerberg (Facebook). Facebook ha mai minacciato di appropriarsi della funazionalità di una app indipendente nel corso di un negoziato per acquistare quell’app? A parte il caso di Vine, Facebook ha mai negato l’accesso all’Application programming interface (Api) a uno sviluppatore di app considerate potenzialmente rivali? Facebook ha integrato i suoi servizi di messaggistica tra le varie app per creare una difesa contro possibili breakup in futuro? Facebook potrebbe accettare un regime di contrattazione collettiva in cui gli editori di piccoli giornali possono negoziare insieme i compensi che derivano dalle pubblicità generate da Facebook?

Tim Cook (Apple). Perché Apple permette a certe app, come Netflix, Dropbox e Uber, di non pagare le commissioni, mentre le impone alle app più piccole? Siete preoccupati dal fatto che imporre commissioni all’interno delle app oppure tasse sui giochi possa indurre gli sviluppatori di app ad aumentare i prezzi per la clientela? Siete disposti ad ammettere che i ricavi subordinati o distanti, come ad esempio quelli che provengono dagli acquisti all’interno delle app o acquisti fatti, diciamo, due anni dopo aver scaricato la app, sembrano minori rispetto alle vostre dichiarazioni sugli acquisti più ravvicinati rispetto al download delle app? Apple potrebbe accettare un regime di contrattazione collettiva in cui piccoli produttori di app possano negoziare insieme i compensi che derivano dagli acquisti generati tramite Apple?

Per tutti i testimoni. La vostre piattaforme potrebbero accettare una regola di non-discriminazione che impedisca di orientare le ricerche alle app, ai contenuti e alle merci affiliate alle vostre aziende? Ciò causerebbe una diminuzione degli investimenti nei mercati verticali o adiacenti? Potreste accettare una regola che vieti l’appropriazione indebita di dati da parti terze?

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