Markus Söder, presidente della Csu, vaccinato sette volte. Annalena Baerbock, leader dei Grünen e candidata alla Cancelleria, pronta a vietare i cani pur di ridurre le emissioni di anidride carbonica. Questi sono solo alcuni degli esempi di bufale che circolano sui social media in Germania. A poco meno di 4 mesi dalle elezioni federali in rete si contano sempre più casi di fake news e notizie montate ad arte semplicemente per indignare e quindi raggiungere una certa viralità. «Va fatta attenzione perché certe cattive informazioni, soprattutto su eventi ancora in corso come la pandemia di Covid-19, possono fare male alla nostra società», sostiene Alice Echtermann, responsabile della sezione “Faktencheck” di Correctiv, piccola testata giornalistica tedesca che analizza le bufale in rete.

Pericolo disinformazione

«Nessun altro stato membro dell’Unione europea è stato attaccato più ferocemente attraverso la disinformazione della Germania: dalla fine del 2015 sono stati raccolti oltre 700 casi di fake news, più del doppio della Francia, che ne conta più di 300; Italia, che supera le 170 segnalazioni; e Spagna, che non va oltre i 40». A dirlo è EuvsDisinfo, l’organismo di vigilanza dell'Unione europea sulla disinformazione, gestito dal servizio per l’azione esterna.

Un pericolo aggravato dall’avvicinarsi delle elezioni per il rinnovo del Bundestag, previste per il prossimo 26 settembre. «Crediamo che la pandemia abbia dolorosamente rivelato l’impatto crescente della disinformazione sulla società. Per mesi abbiamo notato solo fake news legate al Covid-19, ma recentemente c'è stato un improvviso cambiamento», sostiene Echtermann. Il 19 aprile scorso i Grünen hanno infatti annunciato che Annalena Baerbock sarà la loro candidata per la Cancelleria. «Per ora sono loro quelli finiti nel mirino, visto che sono molto forti nei sondaggi: per questo le attenzioni della destra sono soprattutto concentrate su di loro». In particolare, quelle di Alternative für Deutschland: in uno studio del think tank tedesco Stiftung Neue Verantwortung sulle cause, i canali di distribuzione e gli effetti delle fake news nella campagna elettorale federale del 2017, la conclusione è che l’estrema destra tedesca è la «punta di diamante della diffusione» della disinformazione in Germania. Infatti, in sette casi documentati su dieci, è stato tra i primi dieci propagatori con la maggiore portata. E le cose non sembrano destinate a cambiare: secondo Correctiv, infatti, anche stavolta il teatrino delle fake news presenta burattinai soprattutto interni.

«Questa grande ondata di disinformazione sembra guidata soprattutto da personaggi tedeschi. Al momento non ne vediamo altri, ma questo può anche cambiare», dichiara Echtermann. Gli attori interessati non sembrano mancare: la Russia è uno dei paesi che più di tutti potrebbe avere interesse affinché il successore di Angela Merkel non sia particolarmente ostile con Mosca, con cui è ancora in ballo il gasdotto Nord Stream 2. Forse anche per questo si sta intensificando la ricerca russa di un canale su cui trasmettere RT DE (RT sta per Russia Today), l’emanazione tedesca della tivù di stato russa che, dopo aver aperto il sito nel 2014, vuole iniziare a trasmettere i propri programmi televisivi da dicembre 2021, così come fa già in altri 100 paesi.

L’interesse di Mosca al buon funzionamento di RT DE è testimoniato dalle lamentele fatte pervenire a Berlino dopo le resistenze fatte da alcune banche in Germania, che si sono rifiutate di aprire un conto ai russi. «Chiediamo al governo federale di permettere a RT di funzionare, altrimenti le prime a pagare saranno le televisioni tedesche», ha fatto sapere la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Sakharova, in un’intervista all’agenzia di stampa tedesca a Mosca. Una minaccia legata al timore di vedersi bloccare sul nascere il canale, visto che la Costituzione tedesca impedisce allo stato di controllare radio e televisioni. Un principio che dovrebbe valere anche per uno straniero.

La difesa tedesca

Alle elezioni e alle possibili bufale la Germania arriva preparata. Già nel 2018 era stata creato un dipartimento del ministero dell’Interno chiamato “Modelli di ordine politico e minacce ibride”, volto a tutelare il paese da eventuali fake news. L’allerta è massima ma, per il momento, si può parlare solamente di “situazione di alta minaccia astratta”: il pericolo perciò c’è, anche se non è quantificabile. «Per il momento cercheremo di fare attenzione ma non possiamo spingerci oltre, specie se le influenze di altri paesi dovessero rimanere nel legale: se facessimo di più diventeremmo un regime autoritario», dichiara Markus Kerber, segretario di Stato del ministro dell’Interno Horst Seehofer, alla Faz. E non è il solo provvedimento.

Infatti, a marzo il Bundestag ha approvato una serie di normative in materia informatica volte a rafforzare in modo significativo la difesa contro eventuali attacchi di hacker. «La qualità degli attacchi sta diventando sempre più sofisticata e quindi più pericolosa per tutte le persone colpite. La crescente diffusione dell’Internet of Things e dei dispositivi dotati di connessione aggrava ulteriormente la situazione», ha scritto il governo federale nella bozza di legge. I più esposti sono però i parlamentari.

Il ministro Seehofer ha chiesto loro con una lettera di fare attenzione ai domini It utilizzati ma l’opposizione non sembra d’accordo. «La Germania ha un grosso problema di sicurezza: mancano le strutture per riconoscere e difendersi dalle minacce ibride. I parlamentari non possono fare il lavoro del governo», ha dichiarato Kostantin von Notz, vicepresidente dei Grünen. L’impressione è che potrebbe non bastare «È importante soprattutto educare i cittadini», sostiene Thomas de Maizière, ex ministro dell’Interno in quota Cdu. Una tesi condivisa anche da Echtermann. «Il problema più grande è la mancanza di alfabetizzazione mediatica dei cittadini. Vediamo bufale diventare virali senza l’aiuto di hacker o di reti di bot: il più delle volte è sufficiente condividere una foto con una falsa citazione di un politico su WhatsApp e la gente ci crede. E questo è qualcosa che una legge non può risolvere. Abbiamo bisogno di maggiori conoscenze sul giornalismo e di fonti credibili, di una migliore istruzione scolastica e anche di un’educazione degli adulti».

Smascherare le bufale

La partita sarà perciò sui social media e a Menlo Park, sede di Facebook, assicurano di essere già pronti. «Le elezioni del Bundestag sono la nostra priorità assoluta», ha assicurato alla Faz Nick Clegg, capo delle comunicazioni dell’azienda. Dalle elezioni statunitensi del 2016 Facebook ha iniziato una lotta senza quartiere contro le fake news che oggi vede impiegate ben 35mila persone e nell’ultimo trimestre del 2020 è arrivata a smascherare ben 1,3 miliardi di account falsi su scala globale.

Per far questo si avvale spesso nei singoli paesi dell’aiuto di piccole realtà giornalistiche indipendenti, come Correctiv in Germania. «È vero, abbiamo con Facebook un accordo di collaborazione che consente loro di utilizzare i lavori di factchecking che pubblichiamo. I nostri articoli sul sito sono sempre collegati al contenuto originale su Facebook e vengono visualizzati sul social con un’etichetta di avviso se le informazioni sono parzialmente o totalmente false o mancano di qualcosa. Le etichette di avvertenza dovrebbero avvertire gli utenti che hanno condiviso le false informazioni e impedire che il contenuto si diffonda ulteriormente. I post che noi giudichiamo come falsi vengono limitati da parte di Facebook», sostiene Echtermann. Se tutto questo basterà, lo scopriremo tra qualche mese.

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