Di cose belle la Toscana ne ha davvero tante. In questa sterminata lista, che comprende anche sorprendenti cibarie, manca la pizza. Davvero l’ultima cosa a cui si pensa parlando di Toscana.

Una tradizione sulla pizza tonda, se di tradizione è giusto parlare, da queste parti non c’è. Eppure gli abitanti di Siena crescono a Palio e “ciaccino”, una sorta di focaccia o pizza bianca che tra le mura della città è più che un simbolo.

Il rito

Il ciaccino può essere considerato un rito di passaggio: lo studente universitario che trascorre a Siena gli anni della sua istruzione raggiunge lo status di senese adottato solo quando trova nel ciaccino quel porto sicuro in cui affondare i denti nei tanti pranzi al volo o dopo lunghe ore passate in biblioteca a studiare. Un’abitudine che i senesi hanno da sempre. Il ciaccino è la merenda tipica, un po’ come la pizza rossa a Roma, per intenderci.

Eppure, passata la provincia, nessuno lo conosce. Cambia il nome (andando verso Arezzo si parla di “ciaccia”, più a sud, verso la Maremma, lo chiamano “schiaccia”), cambiano le consistenze e pure le storie. Le sue origini hanno davvero poco a che vedere con la pizza, sebbene oggi accanto alle teglie stracolme di tranci di margherita sia impossibile non trovare il ciaccino, che però viene tagliato con forma quadrata.

Nato per errore

Difficile dargli una collocazione precisa nel tempo. Nei forni storici dentro le mura, dal forno Il Magnifico fino al Forno dei Galli, il ciaccino si lavora dalla fine degli anni Quaranta del secolo scorso, quando questi indirizzi hanno avviato le loro attività.

Ma il ciaccino si è sempre preparato anche nelle abitazioni: gli ingredienti, d’altronde, sono i più comuni, farina, olio, lievito, acqua, sale. E come tante altre cose buone, pure in questo caso, c’è di mezzo un errore, anzi, una prova. Quando il timer da forno non c’era, si testava la temperatura con piccole porzioni di impasto: tra una cottura e l’altra, nasce il ciaccino, che ha una consistenza abbastanza morbida e una superficie più croccante, resa ancora più golosa dal filo d’olio versato in uscita e da una manciata di sale, che in bocca prima scricchiola e poi si scioglie.

Sebbene quindi la tradizione della pizza non sia il punto forte, a Siena le mani in pasta si sono messe e con risultati buoni, ad assaggiare il ciaccino, che etimologicamente parlando ha nel suo verbo di origine ogni spiegazione: “ciacciare” nel dialetto toscano significa appunto toccare, mettere le mani un po’ ovunque. Non poteva arrivarci quindi un termine migliore di ciaccino, il prodotto delle mani che impastano, “mesticciano” (come direbbero le nonne senesi) e lavorano.

E se la versione semplice basta a soddisfare l’appetito, negli anni questa focaccia è stata farcita a dovere da forni e pizzerie al taglio. Ed è una piccola pizzeria al taglio, che ha fatto del ciaccino ripieno la sua specialità.

Il Poppi si trova in via dei Banchi di Sotto, a due passi da piazza del Campo. Pochi metri quadrati di locale, inversamente proporzionali alle persone che ogni giorno passano di qui chiedendone affamati un pezzo con prosciutto cotto e mozzarella. Un prodotto che in questa piccola città scandisce le giornate, ma non ne lascia le mura, quasi a proteggersi, come se sapesse che in un altro posto non sarebbe più la merenda di tutti.

 

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