«Abolire l’obbligo di mascherina nei locali al chiuso è una decisione molto avventata». Lo afferma Nino Cartabellotta, presidente della fondazione indipendente Gimbe, che dall’inizio della pandemia ne monitora lo stato di settimana in settimana.

La mascherina al chiuso

A una settimana dal 1º maggio, data a partire dalla quale decadrà l’uso di mascherina al chiuso, ha notato Cartabellotta, sebbene tutte le curve relative ai nuovi casi, ai ricoveri, alle terapie intensive e ai decessi continuino a essere in diminuzione, «la circolazione del virus rimane ancora molto elevata: il numero di positivi, verosimilmente sottostimato, supera quota 1,2 milioni, i nuovi casi giornalieri si mantengono oltre 50 mila e il tasso di positività dei tamponi supera il 15 per cento»

Sarebbe dunque avventato abolire l’obbligo di mascherina al chiuso. E questo per tre ragioni spiega il presidente di Gimbe: «innanzitutto, nei locali affollati e/o scarsamente aerati la probabilità di contagio è molto elevata; in secondo luogo, la vaccinazione offre una protezione parziale dal contagio; infine, ci sono milioni di persone suscettibili, non vaccinate o senza booster. Utile ribadire – conclude –  che la protezione individuale è massimizzata con la mascherina Ffp2 e non con quella chirurgica, poco efficace nei confronti di Omicron».

Le curve

Dai dati del monitoraggio settimanale della fondazione, nella settimana compresa tra il 13 e il 19 aprile, i nuovi casi positivi sono stati 353.193, con una diminuzione del 19,5 per cento rispetto alla settimana precedente, in cui erano stati 438.751. «Un netto calo – lo definisce Nino Cartabellotta – dopo due settimane di lieve riduzione».

Calano però anche i test effettuati. «I numeri risultano condizionati  – come nota Cartabellotta – da una riduzione di oltre il 20 per cento dei tamponi in conseguenza delle festività pasquali». Passano da oltre 2,9 milioni della settimana precedente a oltre 2,2 milioni dell’ultima settimana

Anche il numero dei decessi continua a scendere. Negli ultimi sette giorni sono stati 861 i morti da Covid, di cui 55 riferiti a periodi precedenti, con una media di 123 al giorno rispetto ai 133 della settimana precedente.

Diminuiscono anche le degenze. Al 19 aprile i posti letto occupati in terapia intensiva da pazienti Covid sono 422, mentre quelli in area medica  sono 10.214.

I vaccini

La campagna vaccinale è «ormai al palo», afferma Cartabellotta, e questo «è un dato di fatto. I tassi di copertura vaccinale, infatti, nell’ultimo mese hanno registrato aumenti irrisori». Tra il 20 marzo e il 19 aprile le coperture con almeno una dose sono ferme all’85,6 per cento; quelle con ciclo completo sono cresciute di soli 0,2 punti percentuali passando da 83,9 per cento a 84,1 per cento.

Al 20 aprile, l’85,6 per cento della popolazione, corrispondente a  50.749.866, ha ricevuto almeno una dose di vaccino, con un incremento nell’ultima settimana di  6.926 rispetto alla settimana precedente,  e l’84,1 per cento, corrispondente a  49.828.463, ha completato il ciclo vaccinale.

Non hanno invece ancora ricevuto alcuna dose 6,89 milioni di persone. Di queste, 2,69 milioni sono però temporaneamente protette in quanto guarite da Covid-19 da meno di 180 giorni. Dunque mancherebbero attualmente all’appello 4,2 milioni di persone vaccinabili.

La quarta dose

Oltre che per le persone immunocompromesse, pari a 791.376, la circolare del ministero della Salute dell’8 aprile raccomanda il secondo richiamo (quarta dose) per tre categorie di persone: gli over 80 (2.795.910) i pazienti fragili della fascia di età 60-79 ( 1.538.588) e gli ospiti delle Rsa che non ricadono nelle categorie precedenti (88.099), per un totale di oltre 5,2 milioni di persone. 

Ma per raggiungere queste persone, sottolinea il presidente, servono «indubbiamente sia nuove strategie di comunicazione, sia meccanismi di chiamata attiva». Dopo sette settimane dal via libera della quarta dose per le persone immunocompromesse, infatti, solo il 10,2 per cento risulta vaccinato, cioè poco più di 80mila persone. Poco più di 29mila invece sono le somministazioni ricevute dagli appartenenti alle altre categorie.

Efficacia vaccinale

Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, l’efficacia sulla diagnosi rimane sostanzialmente stabile dal 51 per cento per i vaccinati con due dosi entro 90 giorni al 49,2 per cento per i vaccinati da più di 120 giorni, per poi salire al 66 per cento dopo il richiamo.

L’efficacia sulla malattia severa rimane sostanzialmente stabile dal 73,1 per cento per i vaccinati con due dosi entro 90 giorni al 74,5 per cento per i vaccinati da più di 120 giorni, per poi salire al 90,4 per cento dopo il richiamo.

Complessivamente nelle persone vaccinate con ciclo completo (più eventuale dose di richiamo), rispetto a quelle non vaccinate, nelle varie fasce d’età si riduce l’incidenza di diagnosi (del 18,5-60,1 per cento): fa eccezione la fascia 5-11 per la quale le diagnosi tra i vaccinati segnano un +23,4 per cento rispetto ai non vaccinati. In tutte le fasce di età si riduce soprattutto l’incidenza di malattia grave (del 31,7-83,7 per cento per ricoveri ordinari; del 61,2-86,6 per cento per le terapie intensive) e decesso (del 60,1-89,8 per cento).

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