L’annuncio risale a tre giorni fa, e si inserisce, forse non per caso, nella campagna avviata dal governo italiano per portare nel nostro paese le grandi case automobilistiche di Pechino, possibilmente aprendo nuove fabbriche che compensino almeno in parte la ritirata di Stellantis. Del resto, solo un paio di settimane fa, il ministro delle Imprese Made, Adolfo Urso aveva rivelato che proprio Dongfeng è tra le aziende con cui l’esecutivo ha già avviato una non meglio precisata «Interlocuzione».

Chissà, però, se il ministro immaginava che a muovere il primo passo nella direzione auspicata dal governo, orientato per ora alla sola distribuzione dei veicoli elettrici di Pechino nel nostro paese, sarebbero stati Paolo Berlusconi con il socio Bruno Mafrici, certo meno conosciuto al grande pubblico.

In realtà, come ha ricostruito Domani, anche Mafrici ha avuto un suo momento di notorietà, non per meriti propri, piuttosto per grane giudiziarie, che suo malgrado, gli hanno garantito, tra il 2012 e il 2016, ampio spazio nella cronaca giudiziaria. Il nome del nuovo partner di Dongfeng, infatti, compare tra gli indagati dell’indagine conosciuta con il nome in codice “Breakfast”, avviata dalla procura antimafia di Reggio Calabria seguendo lo scandalo dei fondi della Lega gestiti dall’allora tesoriere Francesco Belsito.

Una storia, dunque, che incrocia la truffa dei 49 milioni di euro di rimborsi elettorali ottenuti dalla Lega Nord grazie a bilanci farlocchi, e le spese pazze del partito a uso privatissimo della famiglia di Umberto Bossi, il fondatore. Lo scandalo che ha portato al sequestro della somma contestata, che la Lega ancora oggi sta restituendo a rate.

Dopo molti anni di indagine la posizione di Mafrici è stata archiviata, ma da quelle intercettazioni sono nati altri filoni come quello che ha portato alla condanna in primo grado (l’appello è in corso, il reato ormai prescritto) dell’ex ministro Claudio Scajola per aver favorito la latitanza a Dubai di Amedeo Matacena, già parlamentare di Forza Italia condannato per concorso esterno alla mafia.

Negli atti di quell’inchiesta giudiziaria restano scolpite le relazioni e l’ambiente in cui Mafrici si muoveva: Belsito lo aveva persino introdotto come consulente al ministero per la Semplificazione. Ma andiamo con ordine e partiamo dalla società tra Berlusconi e Mafrici con cui Dongfeng distribuirà le sue auto in Italia.

L’annuncio

La neonata Df Italia, costituita a fine febbraio davanti a un notaio di Milano, per il momento è dotata di un capitale di soli 10 mila euro, coperto al 90 per cento dalla Car Mobility, una società a responsabilità limitata controllata da Mafrici, mentre la holding di Pbf di Paolo Berlusconi ha versato i rimanenti mille euro. Nei mesi scorsi, la Car Mobility del nuovo partner di Dongfeng ha fatto il pieno di denaro fresco. A giugno, il capitale sociale è passato da 500 mila a 2 milioni di euro e a dicembre è stato deliberato un nuovo aumento, ancora da sottoscrivere, fino a 10 milioni di euro. L’alleanza con i cinesi è solo ai primi passi, anche se numerosi articoli comparsi in rete nei giorni scorsi, accreditano le ambizioni della neonata Df Italia, pronta a lanciare nel nostro paese i modelli della casa cinese, a partire dal suv elettrico Voyah Free, presentato qualche giorno fa in un evento al Fuorisalone di Milano. Mafrici si presenta come un professionista dalla vasta esperienza nel mondo finanziario e vanta collaborazioni con grandi marchi della consulenza come Kpmg e studi legali internazionali del calibro di Dla Piper. In Italia, la base operativa del socio di Paolo Berlusconi, si trova negli uffici milanesi della M Management, ma il nome di Mafrici porta anche in Svizzera, a Sankt Moritz, dove risulta domiciliato e dove ha sede una sua società, la BM advisory, che risulta attiva dal 2021, così come la già citata M Management.

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