Nome in codice: “Costellazione”, riferimento alle stelle che adornano la bandiera europea. È ottobre del 2018. Dopo aver mappato la presunta rete dei Fratelli Musulmani in Europa, gli Emirati chiedono all'investigatore privato Mario Brero di individuare i lobbisti usati tra i palazzi dell'Ue dal Qatar. Un piano “offensivo” ed “efficace”, indicano da Abu Dhabi i clienti dell'agenzia Alp Services. Secondo documenti ottenuti da Mediapart, condivisi con Domani e il consorzio di giornalismo investigativo Eic, la società svizzera ha fornito agli Emirati, per centinaia di migliaia di euro, un elenco con dozzine di nomi di politici e funzionari europei. Tutti etichettati come sostenitori del Qatar. Come lobbisti «traditional» o «dark», queste le due famiglie in cui sono stati divisi. La sorpresa è che, scorrendo l'elenco, si ritrovano alcuni di quelli che oggi sono i sospettati principali del cosiddetto Qatargate, l'inchiesta della magistratura belga che contesta la corruzione tra le istituzioni europee.

La guerra Emirati – Qatar

Come spesso accade nei progetti di Alp Services, tutto inizia con un invito al sole. Hotel di lusso e cene sotto i grattacieli di Abu Dhabi intervallano incontri discreti in cui si parla di affari e strategie di lobbying. A ottobre del 2018 Alp ha già stretto forti legami con gli Emirati, con l'agente Matar e con lo sceicco Ali Saeed al-Neyadi, consigliere per la sicurezza nazionale. Come abbiamo rivelato venerdì scorso, nell'agosto 2017 una delegazione guidata da Brero ha fatto una prima visita al cliente. Il rapporto si è sviluppato bene: con due progetti sui Fratelli Musulmani, Alp ha già incassato oltre 1 milione di euro. È a questo punto che parte il nuovo piano per contrastare il Qatar.

A marzo 2019, uno dopo l'altro, Alp produce tre documenti: il report “constellation – stage 1”, un'infografica di accompagnamento con la mappatura della cosiddetta rete del Qatar a Bruxelles e, infine, un “report investigativo” dedicato esclusivamente ad Avisa Partners, un'altra società di intelligence privata. Brero e i suoi scrivono che per farsi largo nelle istituzioni Ue, il Qatar usa principalmente Avisa, sedi a Parigi e Bruxelles, «specializzata in campagne di comunicazione occulta», scrive Alp. Nel giugno del 2022 i colleghi di Mediapart se ne sono occupati: nel proprio spazio per i blog, aperto ai lettori-abbonati, il giornale francese ha scoperto ben 634 post scritti da profili anonimi utilizzati da Avisa. Post su commissione, per veicolare informazioni utili. La stessa tecnica della Alp.

La guerra tra Qatar ed Emirati, combattuta sul terreno dell'Ue, è un groviglio d'interessi, spionaggio e controspionaggio. I 17 gygabyte di dati interni alla Alp sono solo un pezzo del tutto, ma permettono di capire concretamente com'è stata combattuta questo conflitto. Al termine del progetto, Brero e i suoi preparano per i clienti emiratini report e mappe con le conclusioni raggiunte dal piano “Costellazione”.

Panzeri, Kaili e Tarabella

Alp indica una serie di potenziali bersagli da colpire per contrastare l'influenza del nemico: quasi 70 persone, fisiche e giuridiche. Tra loro ci sono anche tre principali accusati per il Qatargate: i parlamentari Marc Tarabella (Belgio) ed Eva Kaili (Grecia) – associati al gruppo di amicizia Ue-Qatar – e la presunta mente, l'ex europarlamentare italiano Pier Antonio Panzeri.

È l'inizio del 2019 e alla Alp Services non pensa assolutamente di aver appena catalogato tra gli oscuri lobbisti del Qatar coloro che, a distanza di anni, diventeranno protagonisti di uno scandalo internazionale, per ora presunto visto che siamo ancora in fase d'indagine. Agli investigatori svizzeri, però, non sfugge un evento che si rivelerà cruciale nel Qatargate. Ad aprile del 2018 Panzeri, allora presidente della sottocommissione per i diritti umani del Parlamento, è stato in visita a Doha e si è impegnato ad organizzare nei mesi successivi un'audizione al Parlamento europeo di Ali Bin Samikh Al-Marri, allora presidente del Comitato nazionale per i diritti umani.

Secondo le stesse dichiarazioni rese da Panzeri agli inquirenti belgi, ha scritto lo scorso febbraio Le Soir, è stato proprio durante questo viaggio del 2018 che Al-Marri e l'ex eurodeputato italiano avrebbero stretto il patto corruttivo. Culminato, secondo l'accusa, con il ritrovamento di 700mila euro in contanti nella casa di Panzeri a Bruxelles, lo scorso 9 dicembre.

Associated Press/LaPresse

Alle domande di Eic per questo articolo, i legali di Panzeri non hanno risposto. Quelli di Kaili hanno invece sottolineato due aspetti: «In primo luogo, le conclusioni tratte per conto dei servizi segreti degli Emirati Arabi Uniti nel 2019 sono le stesse contenute nel rapporto dei servizi segreti belgi del 2022. In secondo luogo, è preoccupante che il Parlamento europeo sia diventato un 'campo di battaglia' per i servizi segreti di Paesi che mettono deliberatamente sotto sorveglianza le attività di deputati democraticamente eletti, in violazione della loro immunità e dello stato di diritto europeo». Marc Tarabella ha risposto tramite il suo ufficio: «Essendo stato vicepresidente della delegazione della penisola arabica, non sorprende che abbiano cercato di raccogliere informazioni su di lui. La cosa molto più sorprendente è leggere che Marc Tarabella avrebbe fatto parte di un gruppo di amicizia con questo Paese il Qatar, ndr), il che è totalmente falso»

Da Mogherini a Capezzone

Nelle mappe di Alp, i tre politici sono solo alcuni dei 70 componenti della lobby «tradizionale» del Qatar in Ue. Al loro fianco due figure importanti nell'Ue: l'ex vicepresidente della Commissione, Joaquin Almunia, e l'allora Alto rappresentante per la politica estera europea, l'italiana Federica Mogherini. La cui presenza, spiega l'agenzia privata ingaggiata dagli Emirati in un documento, deriva dal fatto che Mogherini «sembra abbia subito pressioni» da parte del gruppo di amicizia Ue-Qatar.

Se in generale i politici europei accusati da Alp di fare gli interessi di Doha sono di centrosinistra, c'è una sorpresa nell'elenco dei membri della «dark lobbying»: Daniele Capezzone, allora deputato del partito Direzione Italia di Raffaele Fitto, già portavoce di Forza Italia e Pdl. Alp cita Capezzone come uno degli «agente chiave del Middle East Dialogue Center», un «think tank creato dall'ambasciata del Qatar in Belgio». Secondo Alp è il Middle East Dialogue Center il veicolo principale usato per fare «dark lobbying» in Ue. E Capezzone è uno dei suoi snodi: «Secondo alti professionisti e lobbisti delle relazioni pubbliche italiane, Cappezone è un lobbista mercenario abile nel vendere i suoi contatti nel mondo della politica e degli affari italiani», scrive Alp.

Tra i soggetti schedati perché considerati nemici degli Emirati c'è poi un altro nome reso noto dalle cronache giudiziarie del Qatargate: quello di Niccolò Figà-Talamanca, il segretario dell'ong “No Peace Without Justice”, rilasciato dopo due e mesi e mezzo di carcere con l'accusa di associazione criminale, corruzione e riciclaggio. A una richiesta di commento per questo articolo, Figà-Talamanca non ha risposto. Alp lo ha inserito nell'elenco degli attenzionati, ma non ha evidenziato alcuna connessione tra l'esperto di diritti umani e politici come Panzeri, Kaili o Tarabella. Figà-Talamanca viene schedato solo perché segretario della ong di cui è parte anche un altro italiano, l'ex deputato dei Radicali Marco Perduca. La sua colpa? Aver pubblicato su The Guardian, nel luglio del 2019, un articolo per denunciare il mancato rispetto dei diritti umani dei carcerati negli Emirati. Un mese dopo l'editoriale, Alp ha già pronto un dossier su di lui.

Nelle 26 pagine del documento si evidenziano i legami di Perduca con Più Europa, Emma Bonino, l'Associazione Luca Coscioni. Una serie di collegamenti porta a George Soros, noto finanziatore di Più Europa. E poi al Qatar, alla ong “No Peace Without Justice” e al suo segretario Figà-Talamanca. Tutti insieme, senza troppe distinzioni, nell'operazione organizzata de Brero per stanare i presunti nemici degli Emirati . Alcuni dei quali, quasi quattro anni dopo, sono stati arrestati dalle autorità belghe proprio con l'accusa di aver aiutato Doha in cambio di denaro.

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