A fine marzo 2020, la protezione civile cerca disperatamente dispositivi di protezione e paga lauti anticipi a chi promette forniture di mascherine, guanti e tute. Bisogna fare presto perché negli ospedali e nelle residenze per anziani mancano dispositivi di protezione. Tra i destinatari dei bonifici c'è anche Irene Pivetti, ex presidente della Camera dei deputati, in particolare la sua azienda Only Italia. Un bonifico per una commessa che sarà al centro di sequestri e contenziosi. Una vicenda già raccontata, ma con un particolare inedito. In quell'anticipo, infatti, c'era uno zero in più.

«In realtà non me ne sono accorta, poi ho visto una mail che era mezzanotte, non mi sono accorta della differenza», dice Irene Pivetti alla trasmissione Report che, ieri sera, ha raccontato la storia del bonifico lievitato magicamente. Quello giusto ammontava a un milione e 320 mila euro, quello che viene effettuato è pari a 13 milioni e 200 mila euro. La protezione civile ci mette qualche giorno per accorgersi di aver elargito una cifra dieci volte superiore rispetto a quella inizialmente prevista. Gianfranco Sorchetti, direttore dell'ufficio bilancio della protezione civile, scrive un'email alla Only Italia per chiedere la restituzione della differenza non dovuta, pari a 11 milioni e 880 mila euro, elargita per un «mero errore di digitazione».

La società di Irene Pivetti doveva fornire dispositivi di protezione individuale per un importo pari a 2 milioni di euro. «Codesta società è invitata a rimborsare la differenza non dovuta (…) entro il prossimo 3 aprile 2020», scrive Sorchetti. Il 3 aprile 2020 è passato, anche quello 2021, ma la protezione civile non ha visto neanche un euro. Pivetti, però, spiega di aver scritto alla protezione civile proponendo di trasformare quell'anticipo nel pagamento del saldo finale, visto che c'erano altre forniture da consegnare.

Dal dipartimento del governo non arriva alcuna risposta. Ma le mascherine consegnate diventano un caso, la procura di Savona sequestra diversi dispositivi di protezione perché hanno un certificato falso e non sono utilizzabili nelle corsie degli ospedali che si riempiono di malati covid. A maggio 2020, i finanzieri sequestrano un altro carico di mascherine, un milione e mezzo di pezzi, in arrivo dalla Cina.
Il tribunale del riesame convalida il sequestro anche se l'ex presidente della Camera sostiene a sua difesa che le mascherine sono state validate dal comitato tecnico scientifico. Lo stesso è accaduto anche a un altro lotto di dispositivi, proveniente dalla Cina e comprato dal commissariato guidato da Domenico Arcuri. Anche in quel caso i dispositivi erano inutilizzabili e non erano assimilabili a dispositivi di protezione, ma erano stati certificati dal comitato tecnico scientifico che fornisce un parere solo documentale, ma non effettua alcuna verifica in laboratorio.

Così Pivetti può raccontare a Report: «ho una pec (email, ndr) della protezione civile che mi dice: confermo che il comitato tecnico scientifico ha espresso parere favorevole». Pivetti è indagata per frode in commercio, ricettazione e riciclaggio, ma si dice estranea alle accuse. Le mascherine sequestrate si aggiungono a un altro lotto blocato in Cina. Dal canto suo la protezione civile ha provato a ottenere il dissequestro delle mascherine senza successo. «Quelle mascherine noi le possiamo tranquillamente prendere perché noi le abbiamo pagate, sono buone (...) perché non c'abbiamo anche noi gli anelli al naso», dice Angelo Borrelli, allora capo della protezione civile, in una riunione con i suoi collaboratori e Pivetti, svoltasi il 5 giugno 2020. Il dissequestro non arriva, ma arriva puntuale il rapporto dell'avvocatura dello stato che calcola in 21 milioni di euro i soldi che Irene Pivetti dovrebbe restituire allo stato. Soldi che non ha nessuna intenzione di restituire anche se il grosso delle mascherine promesse non si è visto a differenza del bonifico con lo zero in più.

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