Nella famosa sequenza iniziale di Mangiare Bere Uomo Donna di Ang Lee vediamo il signor Chu, cuoco in pensione, cimentarsi con la preparazione di un elaborato pranzo tradizionale cinese per le sue tre figlie. Il film è ambientato a Taiwan, che durante la dittatura del Kuomintang, terminata nel 1987, aveva fatto propria l’identità culturale della Cina continentale, da cui molti degli abitanti provenivano.

I taiwanesi si sentivano talmente cinesi che ad esserlo era anche tutto quello che l’isola inventava o produceva, come la ricetta del pollo “General Tso” o anche la celebre cuoca Fu Pei-mei conosciuta, appunto, come la “Julia Child cinese”. La successiva transizione democratica dell’isola però, culminata con le prime elezioni del 1996, portò Taipei ad allontanarsi progressivamente da quell’identità culturale, in un processo che continua ancora nel presente. Con 23 milioni di abitanti residenti in un area poco più grande del Belgio, oggi la Repubblica di Cina (questo il nome ufficiale di Taiwan) possiede un proprio governo, la propria moneta, e un’economia fiorente grazie all’industria dei semiconduttori più avanzata al mondo.

Nonostante ciò, la sua sovranità è riconosciuta ufficialmente solo da una manciata di piccoli paesi nel mondo, tra i quali in Europa figura solamente il Vaticano. Questo perché la Cina, diventata nel frattempo la prima potenza asiatica e la seconda al mondo, rivendica il territorio dell’isola come parte del proprio, sostenendo che quindi, il governo di Taipei sia illegittimo. Queste rivendicazioni hanno contribuito ad aumentare il sentimento identitario dei taiwanesi, causando negli ultimi anni un aumento delle tensioni tra i due paesi.

Nel continuo processo di ricerca di una propria identità, Taiwan sente l’esigenza di presentarsi al mondo come altro rispetto alla Cina. Proprio per questo sta cercando di accreditarsi all’interno della comunità internazionale attraverso strategie meno convenzionali, ma altrettanto efficaci, come l’utilizzo della gastrodiplomazia. Con questo termine si fa riferimento a una forma di diplomazia culturale veicolata attraverso il cibo, che viene utilizzato come strumento di soft power, soprattutto dai paesi in via di sviluppo, per acquisire credibilità e rilevanza agli occhi della comunità internazionale.

Il termine è stato utilizzato per la prima volta dall’Economist nel 2002 per descrivere l’iniziativa “Global thai” promossa dal governo tailandese che aveva lo scopo, tra gli altri, di aumentare il numero di ristoranti che proponessero la cucina nazionale nel resto del mondo. Nel 2010 Taiwan, tanto ricca finanziariamente quanto povera a livello diplomatico, decide di seguire la stessa strada e sviluppare una propria strategia, volta ad aumentare la popolarità globale della gastronomia locale. L’isola si è impegnata nella promozione di molti cibi autoctoni, ma uno in particolare è stato scelto come simbolo del paese all’estero: il bubble tea, una bevanda a base di tè, latte e perle di tapioca dalla consistenza gommosa, creato alla fine degli anni Ottanta.

L’esplosione

La popolarità della bevanda rimase circoscritta al continente asiatico fino ai primi anni Duemila, quando iniziò a diffondersi negli ambienti della comunità asiatica della periferia est di Los Angeles. Inizialmente comparve all’interno dei menù nei ristoranti, successivamente come bevanda a sé. Ben presto il bubble tea (o boba) diventò il simbolo dell’identità degli adolescenti di quella stessa comunità, che si davano appuntamento nei boba shop per trascorrere il tempo con gli amici.

Dalla California arrivò a conquistare prima tutti gli Stati Uniti, poi il resto del mondo. Ad oggi il bubble tea è facilmente reperibile ovunque, in una vastissima scelta di gusti e varianti sempre più azzardate che col tempo stanno prendendo piede (l’ultima tendenza è quella di aggiungere alla bevanda del formaggio). Col tempo la “boba fever” ha contagiato molti personaggi famosi, da influencer e celebrità come Billie Eilish e Selena Gomez, a Hilary Clinton, che nel 2016, durante la campagna elettorale per le primarie democratiche decise di visitare un bubble tea shop del Queens, a New York, per provare la bevanda e dimostrare la sua vicinanza all’elettorato asiatico.

Ma quello di Clinton non è stato l’unico utilizzo politico del boba. Nell’aprile del 2020 un celebre attore thailandese, dopo aver palesato su Twitter il suo appoggio alla causa di Hong Kong, venne investito da un’ondata di critiche da parte di profili nazionalisti cinesi, che presto si scontrarono con utenti thailandesi, taiwanesi e di Hong Kong tutti uniti in un fronte anticinese con lo scopo di sostenere gli ideali di libertà e democrazia.

Nacque così la #Milktealliance, prendendo come simbolo di unità le tre bevande tipiche dei rispettivi paesi, accomunate tutte dall’aggiunta del latte al tè, in netto contrasto al tè liscio che tradizionalmente si beve in Cina. Il tè thailandese, con zucchero e latte condensato, il milk tea di Hong Kong, che si serve in tazzina e si beve a pranzo e il bubble tea taiwanese, sono col tempo diventati simbolo di ribellione nei confronti dei governi autoritari e più in generale delle élite che detengono il potere politico nei paesi dell’Asia orientale. Nel 2020 l’hashtag è passato dall’ essere solamente un fenomeno social ad un vero e proprio movimento quando durante le proteste pro-democrazia in Thailandia, è comparso sui cartelli dei manifestanti, e lo stesso è successo ad Hong Kong. Il 10 ottobre 2020, anche l’allora vicepresidente di Taiwan Lai Ching-te (oggi presidente, eletto lo scorso 13 gennaio 2024) ha twittò l'hashtag in un messaggio per commemorare la giornata nazionale del paese.

A luglio del 2020 il parlamento di Taiwan ha proposto di rinnovare il design del passaporto dell’isola che, a causa della dicitura “Republic of China”, nel corso del tempo si è prestato a molti fraintendimenti, diventati particolarmente spiacevoli durante la pandemia. Il concorso ufficiale per creare una nuova copertina è stato indetto dal New Power Party, formazione politica nata dopo le proteste giovanili del 2014. Tra le centinaia di progetti presentati, in molti avevano come soggetto proprio il bubble tea. Anche se nessuna di quelle idee è stata poi scelta come vincitrice, è innegabile che nel giro di qualche decennio la bevanda sia diventata il primo alimento taiwanese a raggiungere una popolarità così ampia, passando dall’essere solo un prodotto di Taiwan, alla rappresentazione di Taiwan stessa.

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