Maggio 2023 è stato un mese che ricorderemo per tutta la vita.

Dopo giorni di pioggia battente e 500 e più millimetri d’acqua, la sera di martedì 17 maggio la terra di Modigliana ha cominciato a franare dappertutto ed è stato per ore e ore, fino alla sera dopo, un crepitare di tronchi sfasciati e tonfi paurosi.

Masse di terra che trascinavano tutto, spesso strappando le rocce ai lati delle frane. Strade cancellate e vigne rese inaccessibili, case improvvisamente buie e in bilico, telefoni muti e ancora acqua dal cielo, senza sosta. Il territorio di Modigliana in poche ore ha cambiato volto in modo drammatico e clamoroso.

Quelle stesse terre di marne e arenarie che regalano ai vini eleganza e speziature mai sentite prima, hanno mostrato tutta la loro fragilità. Il loro talento lo conosciamo tutti, le loro debolezze restano nascoste per decine di anni per poi venir fuori improvvisamente.

Il comune di Modigliana è quello più colpito in Romagna e i 350 ettari di vigne che in questi anni hanno fatto parlare di sé nel mondo sono in gran parte irraggiungibili.

Il rischio

Può succedere in agricoltura di vedere un anno di lavoro in fumo, fa parte del gioco, ma qui la riflessione deve essere più profonda. Il modello di agricoltura che si applica all’Appennino è lo stesso della pianura: si cercano produzioni di quantità ed economia di scala.

Questo evento ci riporta alla realtà, la montagna non è un luogo che può essere indirizzato verso produzioni agricole generiche, è un luogo dove il dettaglio e la qualità devono essere al centro di ogni ragionamento.

«Facciamo grande artigianato, a cominciare da quelle piccole vigne incastonate tra lingue di bosco e strapiombi dove ogni fosso, ogni riva, ogni sentiero deve esserci familiare. Lavoriamo manualmente ogni vite con costi folli, ma il risultato è memorabile. Il vino ha la possibilità di rivendicare nel mondo questo rango altissimo, purtroppo le altre produzioni agricole no. Occorre una riflessione sul modello complessivo».

Le parole di Francesco Bordini, agronomo e produttore insieme ai fratelli con Villa Papiano, sono chiare, è il modello di agricoltura che deve essere ripensato in Appennino.

Fatica e unicità

Faccio parte insieme a Francesco dell’Associazione che riunisce i produttori di vino di Modigliana e il lavoro che facciamo insieme per raccontare l’unicità del nostro territorio – la fatica, ma anche la straordinarietà del risultato– è l’unica strada per pensare ad un futuro tra queste montagne che amiamo. Noi siamo condannati all’eccellenza ed è una consapevolezza che alimenta ogni nostra decisione.

In questi anni abbiamo viaggiato in tutto il mondo e se oggi possiamo guardare ad un territorio devastato senza disperarci è grazie al riconoscimento che il mercato ci ha dato, produciamo fine wine anche nella percezione degli altri.

Le difficoltà

Non è mai facile produrre qui, tra rese bassissime e tempi dilatati, pendenze estreme, estati passate tra siccità e super temporali, e dobbiamo pensare al 2023 come ad una opportunità per fare ancora un salto di qualità, un passaggio che sta avvenendo prima di tutto nella nostra testa.

Il Novecento ci ha consegnato un Appennino spopolato, inadeguato all’agricoltura di massa che ha sfamato un’Italia uscita distrutta dalla guerra.

Nel nostro piccolo abbiamo saputo vedere questi boschi, sempre più egemoni, e queste terre in un modo nuovo e crediamo che questa esperienza possa essere un modello per tanti paesi sparsi per l’Italia. L’idea di eccellenza è pericolosa, è una forma di omologazione che si nutre di una retorica ormai consumata, ma è anche l’opportunità di comprendere che l’agricoltura non è tutta uguale, che ha territori e modelli diversi.

La sfida più grande è riuscire a raccontare la vita che c’è dietro a una bottiglia, a far capire che il prezzo è semplicemente corretto, che si compra con il vino un’idea di mondo, che davvero consumare cibo è un atto politico. Oggi dobbiamo accettare la distruzione, capire che fa parte della nostra storia e che torneremo ad una “faticosa normalità” se ci rimbocchiamo le maniche.

Storia antica

L’eterno braccio di ferro tra acqua e rocce è una storia antica. A Modigliana ci sono targhe di marmo, in alto, sui muri delle case, che testimoniano una inondazione terribile del 1634 (Hinc unda pervenit, 1634, L’acqua è arrivata fin qui, 1634). Impressionante. E ancora nel 1939 e nel 2014.

Noi siamo custodi anche di questo e abbiamo bisogno, più che mai, di raccontare, di dirvi che abbiamo la consapevolezza di un equilibrio sempre precario. Non si vince e non si perde, si lavora sodo e per fortuna il risultato è spesso meraviglioso. In questo momento è importante continuare a parlare di vino, del corredo di profumi unico che il Sangiovese esprime qui, delle speziature balsamiche, dell’eleganza, della longevità dei vini.

In ogni grande storia si passa per sconfitte, rivoluzioni, rinascite.

Quello che posso testimoniare è la voglia di parlare di futuro, di ritrovare la magia che sento ogni volta che attraverso le strade che salgono su per le tre valli di Modigliana, di riguardare alle pareti di marne e arenarie senza paure, di riportare al centro di tutto quella sfida che ci appassiona da anni.

© Riproduzione riservata