Un bambino che vive in Sicilia ha accumulato, alla fine delle elementari, un anno di istruzione in meno rispetto a un suo coetaneo della Lombardia. È uno dei numeri contenuti nell’ultima edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio curato Save The Children.

Un’edizione difficile, si legge nel rapporto, perché «l’emergenza Covid si è innestata in un contesto già fragile, caratterizzato da un calo demografico importante (abbiamo perso un milione di bambini in dieci anni) e da una carenza strutturale di investimenti nell'educazione».

La pandemia in questa cornice altro non è stata che un acceleratore di disuguaglianze, aumentando le fratture economiche e sociali già esistenti, con la chiusura di quell’istituzione, la scuola, che in molti casi rappresenta un fattore protettivo e talvolta l’unico luogo dove i bambini hanno accesso a un pasto completo.

I fondi

Nel 2019, l’Eurostat ha calcolato che in Italia il 6 per cento dei bambini tra uno e 15 anni sperimenta la povertà alimentare. Per questo oggi l’attenzione di tutti è rivolta alle risorse che arriveranno dal Pnrr e che potrebbero essere la leva per risollevare quell’1,3 milioni di ragazzi che nel nostro paese vivono in povertà assoluta e per tutti quelli che sperimentano le infinite sfumature del disagio.

Pochi giorni fa, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e la ministra per il Sud e la coesione territoriale Mara Carfagna hanno presentato i primi bandi per lavori pari a 5,2 miliardi per asili, scuole nuove, mense, palestre, manutenzione straordinaria.

Si tratta di un terzo delle risorse che sono a disposizione del capitolo Istruzione che dispone di 17,2 miliardi. Particolare attenzione viene data al sud, con l’obiettivo di colmare i divari esistenti: almeno il 40 per cento dei fondi messi a bando sarà destinato al Mezzogiorno per dare ai territori che ne hanno maggiore carenza mense scolastiche per il tempo pieno, servizi educativi per l’infanzia, palestre, scuole nuove ed efficienti.

Più in generale, nell’attribuzione delle risorse peseranno la scarsità attuale di infrastrutture nei territori, la densità della popolazione studentesca e, ad esempio, nel caso di mense e palestre, conteranno anche i dati relativi alle difficoltà negli apprendimenti e alla dispersione scolastica.

Gli osservatori sono certi che il Pnrr rappresenta un’occasione che non bisogna lasciarsi scappare per tentare di ridurre quella forbice di disuguaglianze che lascia indietro troppi minori. E la sfida per molti è quella di riuscire a innestare nuovi modelli in territori che sono privi di tutto.

Profondo sud

Al sud i bambini a scuola possono giocare in 5,7 metri quadrati di giardino contro gli 11 di un loro compagno che vive al nord. Un ragazzo di Messina ha a disposizione 0,21 chilometri di piste ciclabili contro i 4,2 di un suo coetaneo di Venezia. Per non parlare della disponibilità di mezzi pubblici fondamentali per gli spostamenti dei minori e l’accesso ai servizi lì dove sono presenti.

Perché in Italia, per esempio, esistono appena otto biblioteche ogni 10mila ragazzi da 0 a 17 anni, ma dal Lazio in giù il loro numero medio crolla a 3,2. E solo il 49 per cento offre corsi e animazioni per bambini.

Insomma il problema è sicuramente nell'offerta, ma anche nel riconoscere alle attività culturali un valore. Nel 2019, secondo l’Istat, il 79 per cento dei ragazzi tra i 6 e 17 anni non sono andati a un concerto; il 67,6 per cento non si è seduto in un teatro, il 21,2 per cento non è andato al cinema.

I risultati delle ultime prove Invalsi mostrano chiaramente il cosiddetto learning loss (perdita di competenze e conoscenze) nelle regioni dove il sistema dell’istruzione presentava difficoltà anche prima della pandemia. In Puglia, è salita al 50 per cento la percentuale degli studenti di terza media che non raggiunge risultati adeguati in matematica e al 43 in italiano.

In Campania non va meglio, con punte del 61 per cento in matematica e 49 in italiano. Tra gli alunni provenienti da famiglie fragili le percentuali di chi non ha raggiunto il livello minimo di competenze sono aumentate: in 15 province del Mezzogiorno oltre il 50 per cento degli studenti svantaggiati non ha superato il livello minimo in matematica alla fine della scuola media.

Così finisce che molti dicano addio alla scuola prima del tempo con percentuali di abbandono scolastico che in Sicilia sfiorano il 20, in Campania il 17, contro l’11 della Lombardia e il 9 dell’Emilia-Romagna.

C’è tempo fino al 2026 per spendere le risorse messe in campo dall’Europa, ma non basterà ridipingere una scuola per cambiare il futuro di molti ragazzi italiani, soprattutto al sud, dove spesso l’emergenza parte dalla famiglia e finisce al parco giochi.

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