Una delle polemiche del giorno sembrerebbe sgangherata quanto le traiettorie di un autoscontro. Stiamo parlando del film La scuola cattolica. Chi l’ha visto non lo trova riuscito, soprattutto poi se commisurato all’omonimo romanzo di formazione di Edoardo Albinati, con cui l’autore ha meritato il premio Strega nel 2016.

Il film di Stefano Mordini seleziona il crimine da cui scaturiscono la narrazione e le considerazioni del libro, mettendo in scena la vicenda efferata che ha terrorizzato le donne della mia generazione: lo stupro e delitto del Circeo, che restò scolpito nelle nostre memorie non solo per l’efferatezza ma perché raccoglieva in sé anche il tema dello scontro di classe al contrario, cioè dell’odio dei ricchi fascisti verso i meno abbienti, oltre a quelli classici dello scontro di genere, con il disprezzo del maschio verso le donne.

Fatto sta che la squinternata Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche ha vietato la visione del film ai minori di 18 anni. «Il film presenta una narrazione filmica che ha come suo punto centrale la sostanziale equiparazione della vittima e del carnefice. In particolare i protagonisti della vicenda pur partendo da situazioni sociali diverse, finiscono per apparire tutti incapaci di comprendere la situazione in cui si trovano coinvolti. Questa lettura che appare dalle immagini, assai violente negli ultimi venti minuti, viene preceduta nella prima parte del film, da una scena in cui un professore, soffermandosi su un dipinto in cui Cristo viene flagellato, fornisce assieme ai ragazzi, tra i quali gli omicidi del Circeo, un’interpretazione in cui gli stessi, Gesù Cristo e i flagellanti vengono sostanzialmente messi sullo stesso piano. Per tutte le ragioni sopracitate la Commissione a maggioranza ritiene che il film non sia adatto ai minori di anni diciotto».

Liberi e buoni

I commissari, negati quantomeno nel campo della scrittura, si ergono a custodi dei valori religiosi e morali della collettività, inconsapevoli che qualsiasi adolescente è già abituato ai porno gratuiti offerti dal web e alla violenza assassina dei videogames. E vabbè. Per fortuna abbiamo invece dei liberal che gridano alla censura. Il film ha un valore pedagogico, dicono. Se lo vedono degli adolescenti magari imparano qualcosa, diventano rispettosi e corretti.

Fa però sorridere che questi portatori sani di libertaria pedagogia filmica siano perlopiù in prima linea nelle censure della cancel culture. Per giunta, chiunque viva nel nostro mondo fatica a immaginare un quattordicenne che si precipita a pagare il biglietto per vedere un film su un vecchio caso di cronaca, quando sappiamo benissimo che i ragazzi, se vanno in sala lo fanno solo per vedere blockbuster inzeppati di effetti speciali.

E così mentre moralisti new wave contro moralisti arcaici si scontrano, la vera morale vincente è quella di Enrico Lucherini, che proprio in questi giorni ha celebrato la sua tonitruante carriera di press agent cinematografico all’OffOff Theatre di Roma. La scuola cattolica, film che probabilmente non era destinato al successo, si trova pubblicizzato sulle pagine dei giornali con la prestigiosa fascetta “Censurato il film che denuncia la violenza sulle donne”, come fosse un Ultimo tango a Parigi politicamente corretto.

Una lucherinata perfetta, che rimanda agli espedienti del celebre press agent per promuovere film a forza di finti annegamenti, finte combustioni, finti litigi. Ora, almeno quei pochi lettori di giornali e polemiche giornalistiche rimasti, tutti rigorosamente ultradiciottenni, magari si faranno prendere dalla pazza voglia di staccarsi da Netflix e tornare in sala per testimoniare la propria militanza dalla parte dei liberi e buoni.

 

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