Il 17 marzo la Camera degli Stati Uniti ha approvato, con un voto bipartisan, un disegno di legge (denominato “Suspending Normal Trade Relations with Russia and Belarus Act”)  che mira a sospendere le normali relazioni commerciali con Russia e Bielorussia.

Se approvato anche dal Senato – cosa probabile – consentirtà di non applicare loro l’obbligo del «trattamento generalizzato della nazione più favorita» (most favoured nation, Mfn) previsto dagli accordi commerciali multilaterali.

Tale obbligo è un’applicazione del principio di non discriminazione e impone ad ognuno dei 164 Stati membri dell’Organizzazione mondiale del commercio (tra i quali figura la Russia ma non la Bielorussia) di estendere a tutti gli altri ogni concessione tariffaria, cioè ogni abbattimento dei dazi doganali, concesso ad uno di essi.

L’Mfn ha portato a una costante riduzione del valore medio dei dazi doganali che dal 22 per cento degli anni ’50 del secolo scorso si attesta, oggi, in media, attorno al 2,5 per cento del valore delle merci importate.

La sua sospensione nei confronti della Russia, quindi, consentirà di aumentare discrezionalmente le tariffe doganali nei confronti dei prodotti russi (ciò è  già possibile nei confronti di quelli bielorussi), imporre contingentamenti e divieti di importazione di merci e di forniture di servizi, nonché di limitare lo sfruttamento commerciale di diritti di proprietà intellettuale russi.

Una dichiarazione di intenti analoga è stata adottata, il 15 marzo, dall’Unione europea e da altri partner commerciali, tra cui il Canada.

Liberalizzazione addio

La sospensione del trattamento è consentita dagli Accordi commerciali amministrati dall’Omc e, in particolare, dall’Accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (General agreement on tariffs and trade, Gatt).

L’art. XXI del Gatt, infatti, consente ad ogni Stato membro di derogare agli obblighi di liberalizzazione già assunti per adottare tutte le misure che reputi necessarie per la protezione degli interessi essenziali della sua sicurezza e, in particolare, quelle relative alle materie fissili, al traffico di armi, munizioni e materiale di guerra, quelle  da applicarsi in tempo di guerra o in caso di grave tensione internazionale o, ancora, quelle necessarie al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, derivanti dagli obblighi della Carta delle Nazioni Unite.

È proprio in applicazione di questa norma, quindi, e in particolare in quanto misura adottata «in caso di grave tensione internazionale», che può legittimamente esser disposta la revoca del trattamento generalizzato della nazione più favorita nei confronti della Russia.

In passato si è rivelato difficile verificare cosa sia la “sicurezza nazionale”: si è posta spesso, infatti, la questione della “giustiziabilità” delle misure statali basate sul tale concetto, cioè se sia possibile sottoporre le stesse a controllo di legittimità da parte di organi internazionali, dal momento che la formulazione molto lasca delle norme ha generato l’idea diffusa che ogni Stato abbia al riguardo una libertà assoluta e insindacabile non solo con riguardo al contenuto della sicurezza, ma anche alla sua “essenzialità”.

Proprio l’elaborazione di “strategie di sicurezza nazionale” ha rappresentato uno strumento attraverso il quale gli Stati hanno cercato di giustificare deroghe a obblighi di diritto internazionale in realtà inderogabili, come addirittura quelli che fissano le condizioni per l’uso della forza in legittima difesa.

Il precedente tra Ucraina e Russia

La più recente controversia decisa dagli organi contenziosi dell’Omc relativa alla sicurezza nazionale ha visto tra loro opposte proprio l’Ucraina e la Russia: nel 2016 l’Ucraina ricorreva all’Omc perché i suoi corrieri non potevano usare le rotte di transito lungo il confine Ucraina-Russia per raggiungere il Kazakistan a causa di una legge russa che consentiva loro solo il passaggio dal confine tra Bielorussia e Russia, e che comunque anche tale passaggio era soggetto a gravose condizioni di identificazione e controllo da parte delle autorità russe.

La Russia si era allora giustificata sostenendo che tali misure erano necessarie per la protezione dei suoi interessi essenziali di sicurezza, «in risposta all’emergenza nelle relazioni internazionali avvenuta nel 2014».

Gli organi dell’Omc, ad aprile del 2019, hanno confermato l’esistenza di una situazione, nelle relazioni tra Russia e Ucraina, tale da costituire un’emergenza nelle relazioni internazionali idonea a consentire una deroga legittima alla liberalizzazione commerciale.

Alla luce di questo precedente, quindi, appare probabile che un eventuale ricorso della Russia avverso le misure adottate in questo momento dai suoi ex-partner commerciali venga rigettato in considerazione dell’aggravarsi di una situazione che, già prima dell’aggressione della Russia all’Ucraina, era stata considerata sufficientemente grave da legittimare deroghe agli scambi commerciali internazionali.

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