Tra Heinz e l’intelligenza artificiale c’è sempre stato un legame particolare. Due anni fa, la multinazionale americana si era divertita a chiedere a Dall-E 2 di generare immagini partendo da una semplice descrizione di ciò che voleva veder rappresentato, rimanendo piacevolmente sorpresa dal risultato generato dall’algoritmo di OpenAi alla parola ketchup. Seppur sotto forme e stili differenti, la tecnologia aveva partorito una bottiglia di salsa di pomodoro molto simile a quella prodotta dalla Heinz, dando sfoggio di una naturale associazione tra l’azienda e la salsa al pomodoro.

Ancora meglio, la prima altro non era che un sinonimo della seconda e quella dell’Ia era insomma solo un’ulteriore conferma della sua fama.

Un anno prima era stata lanciata la campagna Draw Ketchup, per chiedere ai cittadini di 18 paesi differenti di disegnare il primo pensiero che gli balenava in mente pensando alla salsa rubra. E sui fogli c’era sempre un barattolino dell’iconica marca di Chicago. «Sappiamo che Heinz è inconfondibile per le persone di tutto il mondo», dichiaravano dall’azienda precisando che «siamo entusiasti di vedere che anche la fonte più imparziale lo riconosce». Un motivo in più per sfruttare la tecnologia, o di perfezionarla.

L’intelligenza artificiale può infatti molto ma non tutto. Rimanendo nel campo delle immagini, con un banale input è in grado di esaudire le proprie richieste, sebbene presenti dei limiti delle volte anche piuttosto evidenti.

Il cibo è uno dei suoi tabù. Chiedendole ad esempio di riprodurre un semplice piatto di spaghetti al sugo si rischia di veder svanire la fame: porzioni di pasta enormi, immangiabile solo a vedersi, con gli spaghetti che fuoriescono chissà come da un pomodoro. Va ancora peggio con le lasagne, che per l’Ia hanno una forma rotonda e poco raccomandabile. E qui Heinz è intervenuta per correggere il tiro.

Ricette tech

«Anche l’Ia necessita di aiuto in cucina», è lo slogan utilizzato per lo spot di lancio dell’Ai Cook Book di Heinz, il primo ricettario dalla e per la tecnologia, oltre per che l’uomo ovviamente. Il libro, realizzato in collaborazione con Vml, ne contiene più di trenta, tutte con la salsa di pomodoro come ingrediente di base. Il progetto segue il principio già espresso con il su programma Open Sauce, con cui ha dato modo ai cuochi amatoriali di cimentarsi con moltissimi piatti. L’azienda americana aveva infatti notato che, per una serie di fattori che partono dall’aumento del costo della vita, sempre più persone mangiano a casa per risparmiare.

Con l’Ai Cook Book è stato però compiuto in passo in avanti, sfruttando l’esperienza degli chef e quella degli esperti di Ia. «Nonostante sia in grado di parlare tutte le lingue, scrivere discorsi, lanciare satelliti nello spazio, abbiamo notato che in realtà quando si tratta di cucinare anche lei ha bisogno di una mano», ha osservato il direttore di Heinz New Ventures, Caio Fontenele. Non è l’unica novità tech nel mondo culinario. Un’iniziativa simile l’ha pensata anche Samsung, concretizzata nella sua app Samsung Food.

È stata rilasciata in otto lingue, in oltre cento paesi, per permettere a chiunque di scoprire più di 160mila nuovi piatti o di reinventarli. Che sia per palato o per ragioni di salute, con questi suggerimenti le persone possono infatti riadattarli in base alle proprie singole esigenze, come trasformare una ricetta in vegetariana o vegana. Se si hanno anche gli elettrodomestici compatibili, l’app è in grado di dettare anche i tempi di cottura o la temperatura dei fornelli. Con la pianificazione dei pasti, Samsung Food è inoltre un ottimo alleato per seguire un piano alimentare sano, ancor di più dopo l’integrazione con Samsung Health a fine anno scorso.

Spie anti-spreco

L’educazione alimentare insegnata dalla tecnologia non si ferma alla sola cucina, ma si allarga a più aspetti del mondo culinario. Negli Stati Uniti, un terzo del cibo prodotto non viene consumato. Per ridurre lo spreco, Winnow e Afresh hanno deciso di unire le forze. La prima è una società che sfrutta l’Ia per capire cosa finisce nel cestino dei ristoranti, mentre la seconda studia i dati dei supermercati per analizzare il divario tra ciò che viene comprato dai clienti e ciò che rimane sugli scaffali.

Le telecamere di Winnow installate nei cestini delle cucine dei locali selezionano i cibi in base alla loro importanza: se metà piatto di carne o pesce viene buttato, allora è “prezioso”; se a finire nel secchio è una buccia di un frutto, molto meno. In questo modo si potrebbe notare che, se un determinato piatto viene mangiato ma spesso non finito, potrebbe voler dire che è buono ma forse la porzione è troppo grande. E quindi va ridotta. Nella maggior parte dei casi (il 70 per cento, tanto per essere chiari) il problema principale dello spreco alimentare risiede proprio qui, nella quantità, a cui si aggiunge una percentuale compresa tra il 5 e il 15 per cento di prodotti acquistati dai locali che rimangono invenduti.

Una soluzione a questo problema viene offerta da Afresh. L’algoritmo che ha creato permette di comprendere quando le persone comprano un determinato prodotto e a quale prezzo, consigliando così il giusto stock da tenere in magazzino. Riducendo allo stesso tempo i costi, lo spazio e l’impatto ambientale, contribuendo allo sforzo internazionale nel raggiungere il dimezzamento dello spreco alimentare entro la fine del decennio. Lo stesso discorso si può allargare a diverse mansioni. Come ha spiegato al New York Times il cofondatore della start up Matt Schwartz, «l’intelligenza artificiale ci dà la possibilità di essere precisi. Non solo di ordinare una cipolla, ma quello specifico tipo di cipolla». Può sembrare banale ma è la rivoluzione digitale, entrata di diritto anche in cucina.

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