Meglio Mario Draghi a palazzo Chigi o al Quirinale? Il galateo della politica europea impone agli eurodeputati di non interferire con le scelte nazionali. Ma non significa che l’Europa non abbia i suoi gusti in materia. I falchi tedeschi manterrebbero Draghi presidente del Consiglio, o vorrebbero un successore che li rassicuri quanto lui su conti e riforme. Ad ogni modo neppure l’ex Bce basta a convincerli che l’indebitamento comune sia una esperienza replicabile. I Verdi europei terrebbero Draghi a Chigi proprio perché se Roma gestisse bene le risorse del Recovery sarebbe più facile ripetere l’esperienza. I frugali olandesi da quando c’è lui al governo non ridono più. Per i socialisti spagnoli Draghi governa bene ma la tecnocrazia non può durare per sempre, e più a sinistra ci si spinge per l’ipotesi del Colle, se serve a spodestare dal governo, con Draghi, la politica neoliberista.

Il falco tedesco

«Ora che c’è Draghi al governo, quella frase sulla troika non la pronuncerei più. Lo so, in Italia mi ricordate per quella storia», dice il bavarese Markus Ferber. La sua casa politica è la Csu in Germania, e in Europa i popolari; li rappresenta nella commissione Economia e finanza dell’Europarlamento, dove è eletto a ciclo continuo dal 1994. La crisi pandemica non lo ha allontanato dalla sua tradizionale posizione: falco e uomo del rigore. «Quella storia lì, della troika» risale a maggio 2018, quando Ferber prefigurava un’Italia in bancarotta e avvertiva: «La troika dovrà invadere Roma e prendere possesso del ministero delle Finanze!». Draghi «lo conosco bene da quando era presidente della Bce». L’eurodeputato tedesco lo apprezza al governo: «Ha fatto un gran lavoro finora».

Un ruolo rasserenante

«Ho seguito da vicino come è diventato premier: bisognava far arrivare i soldi del Recovery in Italia. L’esecutivo precedente non trovava un terreno comune, Bruxelles aveva chiesto alcune riforme chiave e c’era il tema di come il governo avrebbe usato le risorse. Draghi si sta dimostrando capace di mettere a segno quelle riforme, tanto che ora l’Italia non è più la nostra grande preoccupazione. Parlo da tedesco, almeno. Negli scorsi anni l’Italia era in cima alle mie inquietudini, con la Grecia; ora mi agita più la Polonia». Draghi a Chigi rassicura anche i falchi, quindi; ma non al punto da smuovere Ferber dalle idee di sempre. Per lui, l’esperienza di indebitamento comune rimane un’eccezione. Sull’idea di replicarla «non credo ci sarà mai un clima favorevole, chiunque sia al governo». Ferber non esclude lo scenario di un Draghi al Colle: «Sarà il vostro parlamento a decidere. Ma da una prospettiva europea, a quel punto la questione chiave è chi succede a lui al governo. Se l’attuale premier va al Quirinale, cosa comporta ciò per le promesse fatte da Roma a Bruxelles sul Recovery?». Serve un primo ministro «che dia garanzia di mantenere quelle promesse. Vogliamo che le politiche avviate da Draghi continuino».

La liberale olandese

«Adesso i politici del mio paese non ridono più dell’Italia». Sophie in ’t Veld viene da un paese frugale, l’Olanda. Lei è una figura di punta dei liberali sia a livello nazionale, nel partito Democraten 66, sia a livello europeo. Eletta all’Europarlamento nel 2004, ha speso i primi anni dentro la commissione Economia e finanza; tuttora è eurodeputata, siede nelle file di Renew e battaglia per il rispetto dei valori democratici nell’Ue. Da purista dei diritti, rispetta «la buona e giusta tradizione di non interferire nel dibattito politico interno italiano». Ma un appunto se lo concede.

Una lezione ai frugali

«Fino a qualche mese fa, i politici di spicco del mio paese si permettevano di parlare dell’Italia in termini caricaturali». Nel 2020 il premier Mark Rutte si è opposto frontalmente all’indebitamento comune e al Recovery per l’Italia. «Ora, con Draghi al governo, voi state attuando le riforme, mentre l’Olanda per vari aspetti si trova nei guai. Perciò da tutta questa storia, e dalla buona performance del governo Draghi, una conclusione la possiamo trarre: non bisognerebbe mai svilire e deridere gli altri. Come un boomerang, poi ti torna indietro».

Il leader dei Verdi

Anche in risposta ai frugali, Philippe Lamberts è convinto che la permanenza di Draghi a Chigi sia importante. Il belga Lamberts guida il gruppo dei Verdi nell’Europarlamento e lavora per rafforzare il ruolo dei Verdi in Europa; perciò segue da vicino anche l’Italia. «Per quel che so, in Italia i principali poteri del presidente della Repubblica si esplicano in caso di crisi: il Quirinale è cruciale come arbitro finale, ma non governa. Non sta all’Europa decidere per voi, posso dire che Draghi è un fattore importante per ricostruire la fiducia nell’Italia: dopo i governi Berlusconi, Renzi, M5s-Lega, la credibilità di Chigi era compromessa».

A Chigi per altri Recovery

La credibilità secondo Lamberts è preziosa non solo per Roma. «Se vogliamo un’Europa più solida serve più fiducia in paesi come l’Italia. Detesto quando i ministri di paesi frugali parlano degli italiani come di un popolo di pigri e corrotti, e soprattutto: io so che i frugali vogliono che l’esperienza di indebitamento comune rimanga una eccezione, mentre mi ritengo tra quelli che si battono perché questa esperienza sia il prototipo, il primo caso di una lunga serie». Perché ciò accada, deve avere successo. «E Draghi al governo può contribuire a ciò».

Il socialista spagnolo

L’eurodeputato socialdemocratico Domènec Ruiz Devesa è compagno di partito del premier Pedro Sánchez: viene dal Partito socialista operaio spagnolo (Psoe). Conosce bene l’Italia e l’italiano, d’estate va a Ventotene a commemorare Altiero Spinelli, e da federalista convinto si occupa di riforme istituzionali. «Credo sia stata una cosa buona scegliere Draghi come premier: ha rafforzato la posizione italiana nel contesto europeo e ha trasmesso un messaggio di autorevolezza per l’attuazione del Recovery». Il che «è un bene per tutta Europa: in questa fase complessa bisogna essere pronti a fare spese senza riguardo per il costo. Davanti al Covid-19, salvare vite viene prima del problema del debito»; chi sa gestire la spesa rafforza la posizione di chi in Ue vuole spendere di più.

La tecnocrazia non è eterna

Se Draghi dovesse diventare presidente della Repubblica, «non è detto che non ci sia un’altra figura che possa fare il premier al suo posto avendo comunque autorevolezza. Non credo all’indispensabilità di nessuno», dice Ruiz Devesa. «La guida di Draghi a Chigi mi è sembrata positiva ma non deve essere la soluzione standard in una democrazia, né un modello eterno: Draghi è un tecnocrate, non è mai stato eletto dal popolo in nessuna carica». Meglio al Quirinale? «Se le circostanze suggerissero che rimanga premier per pandemia e Recovery, si può pensare a un reincarico per Mattarella. Nessuna persona in sé è irrinunciabile, neanche Draghi, in nessuno dei due ruoli».

La sinistra europea

Marc Botenga è eurodeputato della sinistra europea. Viene dal Belgio, e dal Parti du Travail du Belgique (Ptb), ma ha ottenuto il dottorato a Lucca, parla bene italiano, ha una fitta rete di contatti con l’Italia. «C’è un legame forte tra la classe operaia belga e italiana, dai tempi dell’immigrazione per le miniere a oggi». Botenga si è mobilitato in Ue per i lavoratori Gkn ed era in piazza a Roma a manifestare contro l’assalto alla Cgil. «Se proprio dovessi scegliere su Draghi a Chigi o al Quirinale, sceglierei il Colle: avrebbe meno potere. Per me il problema non è la persona ma le politiche che porta avanti: non è cruciale cambiare nome al premier se poi il nuovo va a fare le stesse politiche».

Il nodo della credibilità

«Negli ultimi trent’anni in Italia gli stipendi dei lavoratori sono calati. Da europeo, a gestire i fondi di Recovery vorrei un governo che imponga condizioni alle aziende in termini di salari e impiego, altrimenti il Pnrr sarà solo un pacchetto di regali agli imprenditori». Draghi a Chigi è garante di credibilità in sede europea? «C’è un uso abusivo della parola “credibilità”. In Europa coincide con il fatto di non contestare le opzioni maggioritarie, e Draghi è l’incarnazione delle scelte dell’establishment: rispetta alla lettera le politiche liberiste. Io invece credo vadano scardinate, a favore dei lavoratori».

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