I francesi hanno rieletto Emmanuel Macron presidente e hanno messo in salvo l’Europa. Non a caso le congratulazioni di Bruxelles, ma anche di palazzo Chigi e delle capitali europee, sono arrivate subito dopo la pubblicazione delle prime stime: con Macron al 58 per cento e Marine Le Pen al 42, l’Ue tira un sospiro di sollievo. Ci sono molte cose disastrose che un presidente della Repubblica francese può fare, e scegliere di usare un’arma nucleare è solo la più estrema delle sue prerogative. Parigi può accelerare la disintegrazione europea, ed è questo il brusco risveglio che un’elezione di Marine Le Pen all’Eliseo avrebbe portato agli europei. Perciò con il loro voto i francesi hanno messo in salvo tutti noi. Con sempre meno slancio, e meno partecipazione alle urne, riconfermano Macron. Ma l’estrema destra arriva a un livello mai così alto. «Abbiamo raggiunto un risultato storico», dice Le Pen. La barriera verso la destra estrema è ormai un velo. Come lo stesso Macron sa e dice da tempo: «Ci sono le disuguaglianze, e questo è insostenibile. Le abbiamo indubbiamente sottovalutate». Il costo di questa scelta «insostenibile» è che la destra estrema capitalizza politicamente il senso di esclusione e di ingiustizia sociale. Con questo voto, i francesi generosamente evitano grandi rischi per tutti gli europei. Ora Macron ha il dovere politico di evitare il peggio ai francesi: al prossimo voto non basterà la paura dell’estrema destra a salvare l’Ue né la Francia.

Un velo protettivo

Venti anni fa il Le Pen capostipite, Jean-Marie, è stato battuto da Jacques Chirac sotto il peso schiacciante di un 82 per cento di voti. La parola «sovranista» non era ancora in voga, né il «cordone sanitario». Ma è quello il punto della storia in cui l’Europa erge la barriera alla destra estrema: il front républicain, il fronte repubblicano, antesignano del cordone, è all’epoca molto solido, e Chirac non degna Le Pen neppure del confronto in tv. Non vuole far da sponda alla «banalizzazione dell’odio e dell’intolleranza», spiega. Ma la banalizzazione non si ferma: da quel 2002 a oggi, la destra francese è sempre più invadente e più estrema. Il fronte intanto retrocede: dal robusto 82 per cento di Chirac, al 66 per cento di Macron nel 2017, fino al velo di separazione odierno. Esiste un bacino di elettori che non è di destra e che respinge Le Pen, ma a loro Macron non parla: condanna le proteste degli studenti delusi, su clima e giustizia sociale fa promesse blande. Come spiega il direttore di ricerca di Ipsos France, Mathieu Gallard: «Macron non intende andare a sinistra. Ha bisogno di mobilitare quell’elettorato, ma lo fa riattivando la paura dell’estrema destra». La strategia regge ancora, ma per quanto?

Una Francia europea

Retrocedere sul fronte dei diritti e rinnegare un «popolo europeo», uscire dal comando integrato della Nato, sgretolare l’Ue e il suo ordinamento, disintegrare l’Europa sotto l’alibi di un rinascimento delle nazioni, dialogare con la Russia, e da Mosca farsi finanziare: questo è ciò che i francesi hanno evitato, lasciando Le Pen perdente.

Vince la strategia di Macron, riassunta dal suo slogan «Europa sovrana». Tiene insieme federalismo europeo e sogni di grandezza nazionali, non senza contraddizioni, a meno di far coincidere l’Europa con gli interessi della Francia e dei suoi campioni industriali. Ed è ciò che Macron ha fatto finora. Il suo appuntamento a Champ de Mars per festeggiare la vittoria dà sollievo a chi, compreso Olaf Scholz, ha tifato per lui. Ma venti anni di Le Pen impartiscono molte lezioni. La vittoria di Chirac nel 2002 non ha impedito, tre anni dopo, ai francesi di votare contro la costituzione europea, avversata da Le Pen padre. Il trionfo di Macron non rende immune l’Ue e i francesi dal senso di scollamento, anche dei più giovani, verso chi li rappresenta ma non li ascolta.

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