«Sabato siamo stati in piazza con la Cgil per difendere la sanità pubblica, qualche settimana fa eravamo con tutti i sindacati per la giustizia sociale. È la direzione del nuovo Pd. Un partito che torna ad essere in sintonia con mondi che in questi anni ci avevano voltato le spalle». Marco Sarracino, 35enne, napoletano, area sinistra Pd, è il responsabile Sud nella segreteria di Elly Schlein.

«Oggi il clima nei confronti del Pd sta cambiando. Un esempio: la scorsa settimana sono tornato fuori i cancelli di Stellantis a Pomigliano D’Arco, per sostenere la vertenza di alcuni lavoratori. Ci hanno ringraziato, hanno percepito finalmente il Pd come utile per la loro battaglia. Qualche mese fa era impensabile. C’è un mondo che guarda alle nuove battaglie che stiamo facendo, che interessano la vita delle persone, a differenza delle polemiche interne. E da oggi alla Camera ci batteremo contro il dl lavoro, che è una vera certificazione della precarietà.

Sul dl lavoro la maggioranza è andata sotto in commissione. L’opposizione ha qualche chance?

È stata una settimana complessa per la tenuta della destra: in commissione bilancio al senato è mancata la maggioranza sul dl lavoro, sulle vicende della ministra Santanchè oltre all’opposizione, anche dalla maggioranza chiedono chiarimenti; sul Mes non si sono presentati e hanno rinviato una ratifica che prima o poi dovranno fare. La nostra opposizione si concentra soprattutto sulla questione sociale, finalmente il principale tema identitario del Pd.

Resta che se cadesse il governo non ci sarebbe una maggioranza alternativa. Anzi per un pezzo del Pd la questione ucraina è uno scoglio insormontabile fra voi e M5s.

Una coalizione non si crea in qualche settimana. E deve avere un’anima, un comune denominatore per ritrovarsi. In questo momento ci sono questioni su cui le forze dell’opposizione non la pensano allo stesso modo. Ma deve essere chiaro che chi pone veti alla costruzione di un campo alternativo all’attuale maggioranza non fa altro che favorire la destra. Lo dice uno che ha costruito la prima coalizione fra Pd, M5s e Iv per candidare Gaetano Manfredi sindaco di Napoli. Non l’abbiamo fatto in un giorno, ci abbiamo messo un anno. Si può fare, ma solo partendo da battaglie unitarie: e oggi sul salario minimo c’è un lavoro comune e può esserci anche sull’autonomia differenziata.

Sull’autonomia inaugurate l’“estate militante” proposta da Schlein. Credete che con il solleone il paese si infiammerà?

La segretaria ha proposto una serie di campagne tematiche su cui mobilitare il Pd. Il 14 e il 15 luglio saremo in piazza a Napoli contro il ddl Calderoli, un progetto che spacca l’Italia a metà e rischia di essere irreversibile. È un progetto antistorico: oggi l’Europa ci dà la possibilità di rafforzare la coesione sociale e territoriale con il Pnnr, e invece la destra fa aumentare le diseguaglianze fra nord e sud, tra chi vive in città e chi nelle aree interne. Ci batteremo con una campagna popolare, spiegandone i disastrosi effetti. Sfidiamo i sedicenti patrioti a difendere l’unità nazionale. Siamo di fronte a un governo contro il Sud, con un mix micidiale fra dl lavoro, autonomia e rimodulazione del Pnrr. Il dl lavoro prevede lo smantellamento del reddito di cittadinanza che, nonostante i limiti, è stato uno strumento di lotta alla povertà, specie nella pandemia; l’aumento dei contratti a termine; e l’impossibilità per i lavoratori delle piattaforme di accedere all’algoritmo che regola la giornata di lavoro. Sui salari infine, il maggiore problema, il governo taglia il cuneo fiscale con una misura spot, fra qualche mese si tornerà punto e a capo. Un colpo duro per i ceti più deboli.

Che però votano Meloni.

Vedremo quando la propaganda si abbasserà e rimarranno le macerie sociali. Meloni è brava a soffiare sul fuoco. Ma poi occorrono risposte. Il tutto si somma ad una classe dirigente inadeguata, vedasi caso Santanchè, e alla contrarietà ideologica al Pnrr: sono contrari alla transizione ecologica perché sono negazionisti climatici, contrari al rafforzamento della coesione territoriale, infatti vogliono l’autonomia.

FdI in realtà è ondivaga sull’autonomia. Contate sulle contraddizioni della destra?

Leggo che Fitto dà del «piagnone» a chi si oppone. Forse ce l’ha con gli appunti della Banca d’Italia? O con gli uffici del Senato che hanno dimostrato che le diseguaglianze aumenteranno? O con la Commissione europea? L’elenco è lungo, la verità è che non si sa nemmeno come saranno garantiti e finanziati i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni. Siamo di fronte all’introduzione di un “diritto differenziato”, ovvero la possibilità di accedere ai diritti in base al luogo di nascita. Per noi è inaccettabile. Anche FdI è in difficoltà nel Sud, ma deve pagare la cambiale alla Lega.

Resta che in parlamento i numeri sono implacabili.

Abbiamo i nostri emendamenti, speriamo di entrare nelle contraddizioni della maggioranza. Se passa questo testo, la destra tradisce il Mezzogiorno.

Poi ci sono i problemi interni del Pd. Il presidente della Campania Vincenzo De Luca ha commentato così la vostra iniziativa sull’autonomia: «Schlein protesta? Io lo faccio da due anni».

Abbiamo problemi più seri delle polemiche interne, dobbiamo contrastare la destra. De Luca sarà invitato e sono certo sarà uno dei protagonisti della battaglia. Che è diventata identitaria per il Pd. Non era scontato perché prima, anche dalle nostre parti, c’è chi ha accarezzato l’idea che per alcune regioni potesse essere un’opportunità.

Ce l’ha con Stefano Bonaccini e lo stesso De Luca?

L’idea che una parte del paese può farcela anche senza il Sud è ingiusta oltreché sbagliata. La desertificazione demografica ed economica del Mezzogiorno e delle aree interne avrebbe effetti negativi anche al Nord. Per non parlare poi di chi pensa di far competere il nostro paese nel mondo con venti politiche energetiche differenti.

Schlein dice che nel Pd non debbono esserci “i padroni delle tessere”. Il riferimento è proprio alla Campania di De Luca. De Luca e Schlein possono convivere nello stesso partito?

Durante le primarie tutti i candidati sostenevano che c’era un problema su metodi e pratiche, spesso localizzate nel Mezzogiorno ma non solo, che andava affrontato. La segretaria ha fatto scelte nette contro queste pratiche, e in direzione sono stati tutti d’accordo. È un problema che chiede scelte radicali che aprano il Pd e costruiscano nuovi gruppi dirigenti. Ma occorre tempo.

A costo di perdere la Campania?

E perché mai? Ci dicevano che avremmo perso a Napoli se avessimo fatto l’alleanza con M5s, invece abbiamo vinto con la percentuale più alta d’Italia in quella tornata. E questo può essere il modello di alleanza anche alle prossime regionali.

Nel Pd è in atto un tentativo di logorare la segretaria?

La domanda di cambiamento del nostro popolo, alle primarie, è stata straordinaria. Il mandato ricevuto è molto forte. La segretaria non tradirà quella domanda e alimenterà la speranza di quel popolo.

«Servono luoghi dove democraticamente maturino le decisioni». Sono parole del suo compagno di corrente Peppe Provenzano, anche lui membro della segreteria.

In segreteria e in direzione il pluralismo è giusto che emerga come è giusto che quando ci sono idee diverse si trovi una soluzione ascoltando tutti. Se siamo uniti siamo più forti. Lo sforzo di sintesi è un requisito fondamentale e la capacità di realizzarla è uno dei tanti motivi per cui continuiamo a ritrovarci tutti dalla stessa parte anche quando non tutte le visioni coincidono.

Insomma nessuna critica a Schlein ha un fondamento?

Sul dibattito interno, alcuni giornali hanno addirittura evocato una scissione. Invece la discussione della direzione è stata in gran parte unitaria.

In realtà c’è stato chi ha detto «non ce ne andiamo». Non è che invece preferireste che qualcuno se ne andasse, per avere un Pd più omogeneo e più di sinistra?

Assolutamente no. Non l’ho mai pensato. Infatti sono rimasto a fare la minoranza anche quando il segretario era Renzi.

Se oggi Pd e M5s perdessero alle regionali del Molise, sarebbe un nuovo smacco per il progetto di alleanza giallorossa?

Ma no, si vince solo mettendo insieme tutte le opposizioni su un progetto per l’Italia. Neanche Giorgia Meloni ha vinto da sola, solo grazie agli alleati è arrivata al 43 per cento che le ha dato la maggioranza in parlamento.

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