«Il ministro della Cultura non ha difeso la nostra casa, che dovrebbe essere anche la sua, visto che si dice uomo di cultura. Non sembra intenzionato a farlo. È come se una persona offrisse un milione di euro per acquistare un appartamento e la controparte dicesse “no, va bene la metà”. Non è una cosa comprensibile, è qualcosa che suona sinistro». Paolo Sorrentino, autore dei più importanti film degli ultimi anni, a Domani parla della lettera pubblicata in esclusiva dal nostro quotidiano in cui Gennaro Sangiuliano ha messo sul piatto tagli da 100 milioni di euro al fondo per il cinema e l’audiovisivo. Con una ricaduta soprattutto per la tax credit.

Cosa pensa di quella lettera?

«Quella lettera è un fatto mai visto prima. In genere è il ministro dell’Economia che chiede di ridurre le spese e gli altri ministri che cercano di difendersi dai tagli. Qua è successo il contrario con un ministro che chiede di subire più tagli per un suo settore. Non capisco il motivo e non voglio investigarlo».

Potrebbe essere fatto per colpire i registi di sinistra?

«Io non sto parlando per un mio tornaconto personale. Sono abbastanza fortunato da poter realizzare film anche senza tax credit in Italia. Ma credo sia necessario tutelare un sistema, in cui ci sono registi e soprattutto lavoratori di sinistra, di centro, di destra. Forse questo non è chiaro al ministro».

Quali sono le conseguenze pratiche

«La tax credit è un investimento che, per ogni euro, ha una ricaduta superiore ai 3 euro. Non è un danno al cinema, ma all’intera economia italiana. Per questo serve un appello per aiutare un settore che attualmente è in piena occupazione. Il cinema italiano andrebbe avanti comunque, anche senza tax credit. Lo ha fatto sempre in condizioni difficili. Ma il taglio aumenterebbe l’incertezza».

E quale sarebbe l’approdo?

«Parliamo di un settore che ha bisogno di investimenti a lungo termine. Quindi di fronte a una situazione poco chiara, le produzioni andrebbero altrove, dove il sistema della tax credit è più stabile. Per questo credo sia necessaria una mobilitazione».

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