Il segretario Pd Nicola Zingaretti ha inviato oggi pomeriggio, come da statuto, la sua lettera di dimissioni alla presidente Dem Valentina Cuppi. Lo aveva annunciato ieri, e nonostante da varie voci si sia levata la richiesta di non formalizzarle, Zingaretti è andato avanti. Oggi ha detto che rinnoverà la tessera del Pd: «Un grandissimo grazie a tutte e a tutti coloro che in queste ore, da ieri sera, mi hanno scritto e mi stanno scrivendo. Nei prossimi giorni andrò a rinnovare la tessera del PD per il 2021, perché rimango convinto che sia la grande forza popolare che può garantire a questo Paese il buon governo e l'alternativa alle destre che cavalcano i problemi e non li risolvono» ha scritto su Facebook, dopo che ieri con lo stesso canale ha annunciato le sue dimissioni.

Ha prevalso la polemica

Zingaretti rinnoverà la tessera, ma non risparmia le critiche ai suoi: «Il Governo Draghi è forte e andrà avanti. Per quanto riguarda me, la questione non è quella di un mio ripensamento: non è un tema di ripensamento che non c'è e non ci sarà. Piuttosto penso debba essere il gruppo dirigente a fare un passo in avanti nella consapevolezza di avere un confronto più schietto, franco e plurale ma anche solidale sul ruolo del Pd, sui valori di riferimento, sulla nostra idea dell'Italia e dell'Europa». E ha detto: «Io non ce l'ho fatta ad ottenerlo, perché più che il pluralismo ha prevalso la polemica. Ho fatto dunque un passo di lato. Spero che ora questo confronto sia possibile». Adesso, ha risposto ai cronisti a margine di un evento «Continuo a fare e continuerò a fare il presidente della mia Regione. Stamattina a Torre Gaia, nella periferia di Roma, abbiamo inaugurato nuovi spazi pubblici e servizi per i cittadini. Dirò la mia e parteciperò alla vita politica».

In mattinata il primo segnale concreto del passo indietro. Zingaretti non ha partecipato alla riunione della segreteria Pd con i segretari regionali. Presenti invece, tra gli altri il vicesegretario Andrea Orlando e la portavoce della conferenza delle donne Cecilia D'Elia.

Le Sardine

Oltre alle reazioni interne, le Sardine sono tornate a dire la loro. Domani andranno al Nazareno. Anche se, scrivono, non come Sardine. «Domani andremo al Nazareno. Non ci andremo come sardine, ma come semplici cittadine, attivisti, militanti di altri partiti, lavoratrici, disoccupati, antifasciste, femministe, pensionati e disillusi. Le stesse persone che riempivano le piazze un anno fa». Un corpo eterogeno «come è l’elettorato di un partito che dovrebbe rivolgersi anche a noi ma la cui voce spesso non arriva oltre le stanze dei bottoni. Non ci andremo sfondando le porte ma chiedendo di aprirle. Se il PD non va al Paese, il Paese andrà al PD». Le dimissioni di Nicola Zingaretti si possono leggere in tanti modi, si legge nel comunicato, ma il punto rimane. «Se Piazza Grande e l’allargamento del partito non si è mai realizzato è anche colpa di tanti di noi, che hanno atteso un invito troppo a lungo, che hanno finito per innamorarsi delle proprie etichette esattamente come i dirigenti di partito si innamorano dei loro blocchi di potere». Chiedono un confronto alla presidente Valentina Cuppi: «Proporremo di portare il partito nel mare aperto del confronto, di aprire le porte delle sezioni, a partire dalla sede nazionale. Di non accontentarsi di siglare l’ennesima resa tra correnti tralasciando gli “esclusi”». L’invito è lanciato «ciascuno deciderà per sé. Ma il momento è ora. Ci vediamo alle 12 al Nazareno (tamponati!)».

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