La temuta crisi umanitaria a Gaza è realtà. Prima è stato bloccato l’accesso ai viveri e ai beni essenziali. Poi anche l’ultima centrale elettrica ha smesso di funzionare. Ora le strutture sanitarie sono al collasso, mentre padri e madri disperati continuano a portare tra le braccia i loro figli ricoperti di polvere e sangue.

Anche le Nazioni unite battono bandiera bianca. «I rifugi a Gaza e nel Nord di Gaza non sono più sicuri. È una situazione senza precedenti» ha detto ieri l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, l’Unrwa, che negli ultimi anni aveva dovuto fare i conti con il taglio dei fondi decisi dall’amministrazione di Donald Trump.

L’operazione via terra

La guerra è destinata a intensificarsi. Nel pomeriggio il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, è stato in visita ai kibbutz colpiti da Hamas lo scorso fine settimana e in serata è arrivato l’annuncio dell’esercito: «Le forze dell’Idf si stanno preparando a espandere l’attacco» con «un’enfasi sull’operazione via terra». A nulla sono valsi gli appelli della comunità internazionale.

In solo una settimana, Israele ha lanciato su quel fazzoletto di terra che è Gaza un numero di bombe senza precedenti, circa seimila contro 3.600 obiettivi. Nel 2018 e 2019 in Afghanistan la Nato ne aveva lanciate poco più di 7mila. In una sola settimana, i raid hanno ucciso circa duemila persone (oltre un quarto sono bambini).

Impossibile scappare

È troppo poco il tempo a disposizione dei civili per raccogliere in uno zaino la vita intera e scappare verso l’ignoto. E se a questo si somma che Israele avrebbe bombardato anche i corridoi sicuri, mentre i civili si stavano spostando, il risultato è tragico. Venerdì mattina il governo israeliano aveva annunciato due direzioni da percorrere per le evacuazioni, ma secondo un’analisi della Bbc e dell’agenzia londinese Forensic Architecture, sulla base dei video e delle foto circolati online, su una delle due strade si sarebbero verificati attacchi israeliani che avrebbero coinvolto i convogli dei civili. Secondo il ministero della salute di Gaza, sarebbero morte 70 persone. Erano soprattutto donne e bambini. Il più piccolo aveva due anni.

Le forze di difesa israeliane (Idf) non hanno risposto alle domande dei media sulla vicenda e si sono limitate a dire: «L’Idf segue il diritto internazionale e prende precauzioni fattibili per mitigare i danni ai civili, comprese azioni specifiche intraprese ieri e oggi per sollecitare i civili a trasferirsi verso il sud di Gaza».

Ma i civili sono anche ostaggio di Hamas. Ieri il capo politico dell’organizzazione, Ismail Haniyeh, ha detto che non lasceranno mai il territorio. «Abbiamo una solo una strada che è il diritto al ritorno alle nostre terre in tutta la Palestina. La nostra decisione è di restare a Gaza», ha detto.

Omicidio eccellente

Nella parte settentrionale della Striscia sono continuati i bombardamenti e le incursioni sul terreno. L’esercito israeliano ha detto di aver trovato alcuni corpi degli ostaggi catturati nel feroce attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre. Il gruppo terroristico ha detto che sono nove i prigionieri uccisi dalle bombe, tre di questi sarebbero stranieri. Nella giornata di ieri è stato annunciato un omicidio eccellente.

L’esercito israeliano ha detto di aver ucciso Ali Qadi, il comandante di compagnia dell’unità d’élite di Hamas “Nukheba”. Il corpo speciale è accusato di aver condotto «l’attacco terroristico alle comunità israeliana a ridosso della Striscia» sabato 7 ottobre. Nella notte tra venerdì e ieri è stato ucciso in un raid anche Murad Abu Murad, il capo dell’aeronautica di Hamas. Secondo l’esercito israeliano è lui che ha pianificato e diretto l’attentato al festival musicale nel deserto, dove sono stati uccisi 260 ragazzi.

Mediazioni

I leader politici non riescono ad arrivare a una tregua. Si tratta per liberare gli ostaggi, per realizzare corridoi umanitari, per far entrare aiuti umanitari nella Striscia. L’unico obiettivo lo avrebbe raggiunto la Casa Bianca che sarebbe riuscita a convincere l’Egitto a far uscire dal valico di Rafah i cittadini americani presenti all’interno della Striscia.

A Riad il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha incontrato il suo omologo saudita. I due hanno discusso delle prossime mosse per risolvere la crisi. «Dobbiamo trovare un modo per una rapida de-escalation, per riportare velocemente la pace, almeno fermare le armi, e poi lavorare per affrontare anche le sfide umanitarie. Si spera poi di avanzare verso una soluzione più permanente», ha detto il ministro saudita.

Rischio allargamento

Il conflitto rischia di estendersi al Libano. Il vicecapo di Hezbollah, Naim Qassem, ha detto che la sua organizzazione è pronta a unirsi ad Hamas nello scontro con Israele. Secondo Haaretz, l’esercito israeliano avrebbe colpito alcune postazioni di Hezbollah nel sud del Libano, dopo aver abbattuto un drone.

«Qualsiasi aggressione israeliana al Libano sarà seguita da una risposta dura e rapida, senza esitazione», ha detto Nabil Kawuq, membro del Consiglio centrale di Hezbollah. Mentre il portavoce delle Idf Avichay Adraee ha detto che «Israele considera il governo libanese responsabile di ogni attacco che abbia origine dal suo territorio verso il nostro territorio sovrano». Di conseguenza ogni persona che attraversa il confine «sarà uccisa».

Come se non bastasse, al Qaida ha lanciato un appello internazionale al jihad per colpire i punti sensibili americani e israeliani nel mondo.

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