L’implosione della Silicon Valley Bank (Svb) e le difficoltà di Credit Suisse hanno ricordato il pericolo di crisi finanziaria internazionale, addirittura come nel 2008.

Oltre alla stabilità dei prezzi, cioè il controllo dell’inflazione, le banche centrali perseguono anche la stabilità finanziaria. Dopo aver mancato abbastanza clamorosamente il primo obiettivo, con l’inflazione arrivata a due cifre sia in Usa che in Europa, mancare anche il secondo sarebbe un disastro. Quali sono, in prospettiva, le relazioni fra le due stabilità?

Stabilità dei prezzi e finanziaria

Al momento sembrano in conflitto: se si continua ad alzare i tassi e prosciugare liquidità per fermare l’inflazione, si mettono in maggior difficoltà: le imprese, le banche meno robuste, chi ha investito a debito, il debito pubblico, i corsi azionari e quelli delle obbligazioni, il cui prezzo si muove all’opposto dei tassi di interesse.

In un momento di tensioni finanziarie internazionali ciò sembrerebbe inopportuno. D’altra parte, se si smette di combattere l’inflazione per salvare i debitori e la borsa, la stabilità dei prezzi rimarrà compromessa più a lungo e sarà più difficile ripristinarla.

La stabilità finanziaria tornerà in pericolo per il disordine generale che la troppa inflazione causa all’economia e, in ogni caso, appena si sarà costretti a fermare l’accelerazione dei prezzi.

Le autorità monetarie devono trovare il modo di cavarsela al meglio in questo contrasto fra obiettivi. La prima ad affrontare la sfida è stata la Bce che giovedì 16 ha scelto di confermare il rialzo di mezzo punto dei tassi che aveva pronosticato sei settimane prima.

È importante però capire che l’apparente conflitto fra la stabilità dei prezzi e quella di banche e mercati finanziari deriva proprio dal fatto che le banche centrali non hanno ben badato a entrambi gli obiettivi per troppo tempo.

Per anni hanno inondato le economie di liquidità e tenuto i tassi molto bassi per stimolare l’economia e impedire una deflazione, una pericolosa diminuzione dell’indice dei prezzi.

Ma hanno forse esagerato l’intensità e soprattutto la durata dei loro stimoli. Ciò ha seminato il carburante dell’alta inflazione che è seguita alla ripresa della domanda dopo la pandemia, alle politiche di bilancio espansive e all’apprezzarsi delle materie prime anche per la guerra ucraina.

Non solo: ha incentivato per tanto tempo indebitamenti privati e pubblici, investimenti rischiosi, bolle dei prezzi dei titoli, rigonfiamenti patologici dell’attività finanziaria in generale. E tutto ciò ha minato la stabilità finanziaria.

L’incidente dell’Svb ha le sue cause specifiche ed è sintomo di carenze nella regolamentazione e nella vigilanza in Usa. Credit Suisse è da tempo una grande banca con grandi problemi, anche di correttezza e reputazione.

Ma l’emergere dei guai di entrambe è anche sintomo di fragilità diffuse, diverse per tipo e intensità, al di qua e al di là dell’Atlantico.

Se le politiche monetarie avessero avuto più riguardo anche all’obiettivo di stabilità finanziaria, sarebbero state più caute, meno ambiziose nello stimolare le economie e oggi non servirebbe un violento rialzo dei tassi. Se si procede paralleli – e prudenti – sui fronti di entrambe le stabilità non ci sono contrasti fra i due obiettivi.

Tassi bassi e fragilità finanziaria

Dov’è che i tassi bassi e la liquidità sovrabbondante possono minare la stabilità finanziaria? In diversi luoghi e modi. Elenchiamone alcuni, oltre al semplice fatto che gli eccessi di indebitamento vengono ovviamente favoriti e il rialzo eventuale dei tassi, soprattutto se forte e improvviso, può mettere in difficoltà la sostenibilità dei debiti fatti prima, oltre a far mancare la liquidità a chi deve rinnovare i debiti pagando somme di interessi improvvisamente raddoppiate o triplicate.

Immaginiamo un investitore che ha a disposizione un progetto che rende il 5 per cento. Se mette 20 avrà 21. Ma perché non mettere di più, prendendo a prestito il resto a tassi bassi?

Se si indebita per 100 a un tasso dell’1 per cento può investire 120, ricavare 6 (il rendimento del 5 per cento), pagare 1 alla banca e realizzare così un profitto di 5/20, il 25 per cento, cinque volte il rendimento del progetto.

Ecco l’incentivo a far investimenti, anche rischiosi e/o a volte poco redditizi, finanziandoli con poco capitale proprio e tanto debito: il quadro di un’economia finanziariamente fragile per via dei tassi troppo bassi troppo a lungo.

Infatti, quando i tassi si alzeranno, magari per fermare l’inflazione causata dal loro livello troppo basso, la redditività scenderà violentemente e con essa il valore dell’impresa che ha fatto l’investimento.

L’investitore dell’esempio, indebitandosi al 4 per cento, farebbe un profitto del 10 per cento, più che dimezzato. E se l’investimento rischioso desse un rendimento inferiore alle attese, per esempio 3 per cento, anche come conseguenza della stretta monetaria, il profitto diventerebbe una perdita.

La prima fragilità finanziaria è dunque quella degli investimenti, dei progetti, dei budget, “a leva”, che vogliono moltiplicare il rendimento atteso con l’indebitamento.

Ma come si calcola il rendimento atteso di un investimento? È importante “scontare” i futuri profitti attesi, tenendo conto che 10 oggi è meglio di 10 domani e che 10 domani oggi vale 10 diviso per il tasso di sconto.

Ma 10 dopodomani vale oggi ancora meno, e 10 fra un anno molto meno, eccetera. Il tasso di sconto è un interesse applicato all’indietro e quando sale riduce i valori attuali dei profitti futuri.

In un periodo di tassi molto bassi, vengono finanziati più facilmente progetti che promettono profitti lontani nel tempo, perché scontarli a oggi li riduce poco. Ecco perché i finanziamenti alle start-up rischiose fioriscono soprattutto quando i tassi sono bassi.

La tentazione può essere a esagerare e finanziare anche idee improbabili, visto che il denaro costa poco. Ed ecco perché, quando i tassi salgono, il valore di progetti e imprese con profitti differiti può crollare, trascinando con sé la solvibilità dei suoi finanziatori.

Il problema può colpire anche imprese affermate con progetti di alta tecnologia e innovatività, ma con utili attesi solo dopo un lungo periodo di ricerca e sperimentazione.

Ecco perché il Nasdaq, l’indice delle azioni di società innovative e tecnologiche, è più sensibile di altri alla stretta monetaria. Un secondo tipo di fragilità finanziaria è dunque legato alle valutazioni di progetti e imprese a rendimento molto differito.

Un sottotipo di questa fragilità è quella dei prezzi delle obbligazioni, soprattutto a lungo termine, anche emesse da debitori pubblici sicuri: se son state comprate quando i tassi erano bassi, quando salgono i rendimenti sul mercato i loro prezzi scendono, per farle accettare anche quando ci son titoli che rendono di più.

Purtroppo le banche, un po’ dovunque, detengono notevoli quantità di obbligazioni, spesso pubbliche, che perdono valore quando i tassi salgono: si riduce allora il loro patrimonio ed emergono perdite, soprattutto se son costrette a venderle per far fronte a ritiri di depositi, dovuti anch’essi alla subentrata disponibilità di titoli a più alto rendimento.

Pare sia stato questo il guaio decisivo per il fallimento della Svb, presente anche fra i problemi di Credit Suisse.

La difficile normalizzazione

Ci sono altri tipi di fragilità in un sistema che ha vissuto a lungo in un clima di moneta facile, tassi bassi, finanza aggressiva nella ricerca di rendimenti accettabili, anche a costo di correre troppi rischi.

Un clima che ha caratterizzato sia gli Usa che l’Europa nella media del periodo 2009-21, con brevi e deboli interruzioni quasi solo in America. Da metà dell’anno scorso lo scenario prevede un difficile ritorno a tempi finanziariamente più normali.

Le autorità hanno gli strumenti e le capacità per evitare, o comunque affrontare con successo, le fragilità finanziarie potenziali che si manifestano. Speriamo che spieghino quanto faranno con chiarezza per avere la fiducia dei mercati.

E speriamo che politici, media e opinione pubblica si impegnino a comprendere quanto faranno le autorità competenti, senza seminare, su questioni che comprendono poco, giudizi grossolani e senza far pressioni motivate da interessi particolari.

Lo scenario del rientro da quindici anni di eccessi, comunque vada, merita che ci si allacci le cinture, come quando si atterra con un po’ di vento.

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