La Bielorussia è stata uno di cinque stati soltanto che hanno votato contro la risoluzione delle Nazioni unite del 2 marzo di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina. Le truppe russe stanno avanzando attraverso il territorio bielorusso e si avvicinano a Kiev. Il leader bielorusso Aleksandr Lukashenko ha trasformato il suo paese in co-aggressore. Ma lo ha fatto nel tentativo di mettere al primo posto gli interessi del suo regime, e questo ha ridotto drasticamente il suo spazio di manovra.

Dopo aver truccato le elezioni presidenziali e dato inizio a una brutale repressione delle proteste popolari nel 2020, Lukashenko si è ritrovato in un profondo isolamento internazionale.

È sopravvissuto soltanto grazie al sostegno della Russia, ma inizialmente ha posticipato i negoziati con il presidente Vladimir Putin circa il prezzo di questa assistenza.

Lukashenko è stato particolarmente restio a cedere le principali risorse economiche alla Russia. Resta aggrappato alle leve del potere: le forze di sicurezza, la burocrazia e le società statali. Eppure ha poca libertà di dettare la politica militare ed estera del suo paese.

Nel 2014, quando la Russia di Putin ha invaso per la prima volta l’Ucraina, la reazione di Lukashenko è stata completamente diversa. Temendo una minaccia simile per il territorio del suo paese – e naturalmente, per il proprio potere – ha diversificato le sue opzioni di politica estera. La capitale bielorussa è diventata la sede del processo di Minsk, mentre i suoi diplomatici hanno affermato che il loro paese era un «benefattore di sicurezza regionale».

Mani legate

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Questa volta ogni tipo di pretesa del genere è crollata. Il limitato spazio decisionale di Lukashenko è stato chiaro nella telefonata del 26 febbraio con il presidente francese Emmanuel Macron: la richiesta di quest’ultimo di ritirare le truppe russe dalla Bielorussia ha incontrato orecchie sorde. 

All’inizio di febbraio 30mila soldati russi si sono spostati in territorio bielorusso, presumibilmente per delle esercitazioni militari. Da quel momento si è chiarito che in realtà si stavano preparando per un’invasione.

E il 20 febbraio, l’ultimo giorno delle esercitazioni programmate, Mosca ha annunciato che le truppe sarebbero rimaste. Indipendentemente dal fatto che Putin abbia informato Lukashenko dei suoi piani, le autorità bielorusse sono state complici delle intimidazioni all’Ucraina e all’occidente.

Il 17 febbraio, prima dell’inizio dell’invasione, Lukashenko aveva deriso le dichiarazioni degli Stati Uniti sulla data dell’attacco e aveva definito “inutile” l’intelligence occidentale. In una conferenza stampa speciale il 16 febbraio, il ministro degli Esteri bielorusso Uladzimir Makei ha persino scherzato sul fatto che l’evento fosse stato programmato perché coincidesse con l’invasione russa.

Quando la Russia ha attaccato l’Ucraina, Lukashenko ha ammesso di stare offrendo tutta l’assistenza necessaria alle truppe russe. La maggior parte del contingente militare russo in Bielorussia è diventato parte della forza d’invasione.

Secondo i rapporti stilati dagli Stati Uniti, entro il 3 marzo, 70 dei 480 missili lanciati dalla Russia contro l’Ucraina provenivano dalla Bielorussia. E l’esercito russo trasporta regolarmente soldati morti o feriti attraverso Homel, in Bielorussia.

La complicità

Il 2 marzo l’Unione Europea ha dichiarato che il regime di Lukashenko stava «sostenendo l’aggressione militare russa contro l’Ucraina – tra le altre cose – permettendo alla Russia di lanciare missili balistici dal territorio bielorusso, consentendo il trasporto di personale militare russo e armi pesanti, carri armati e trasportatori militari, facendo volare gli aerei militari russi nello spazio aereo bielorusso verso l’Ucraina, offrendo punti di rifornimento e fungendo da deposito per armi ed equipaggiamento militare russo in Bielorussia».

Inoltre, in una dichiarazione rilasciata in una riunione speciale del Consiglio permanente dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, l’Ue ha sottolineato che il regime, «in quanto co-aggressore, è pienamente responsabile per la perdita di vite umane, i feriti e la distruzione».

La Bielorussia entrerà in guerra?

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Ci sono numerosi rapporti secondo cui l’esercito bielorusso si unirà all’invasione, tuttavia questo non è ancora successo. Ad ogni modo, poiché le truppe russe avanzano molto più lentamente di quanto Mosca o Minsk si aspettassero (Lukashenko aveva predetto che la guerra si sarebbe conclusa in «tre o quattro giorni»), forze aggiuntive sarebbero utili per l’assalto a Kiev. O Putin spera ancora che il suo esercito sia sufficiente, o Lukashenko, fissando l’abisso che attende l’economia bielorussa, lo ha convinto a non chiedere.

L’11 marzo il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov ha reso noto che l’intelligence aveva informazioni su un’operazione russa sotto falsa bandiera per giustificare un’invasione delle truppe bielorusse.

Poche ore dopo i soldati ucraini hanno bombardato alcuni obiettivi in territorio bielorusso. Il fatto che Lukashenko fosse a Mosca quel giorno, per parlare con Putin, non ha fatto che aumentare la tensione. Tuttavia, il ministero della Difesa bielorusso ha rapidamente negato l’avvenuto bombardamento e ha affermato che le truppe bielorusse erano rimaste in patria.

È facile capire perché Lukashenko non voglia che la Bielorussia sia sanzionata dall’occidente come la Russia. La Bielorussia è già soggetta alle sanzioni occidentali per le elezioni truccate del 2020 dal regime di Lukashenko e per le successive violazioni sui diritti umani. E Putin è ora meno in grado di compensare la Bielorussia per eventuali ulteriori sanzioni che potrebbe ricevere, anche se non fossero così dure come quelle imposte alla Russia.

È già abbastanza dannoso che l’occidente abbia tappato i buchi i delle precedenti sanzioni (come la maggior parte di quelle relative alle esportazioni di potassio), e il 9 marzo abbia escluso diverse banche bielorusse dal sistema di messaggistica finanziario dello Swift.

La posizione dei bielorussi

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Lukashenko non rappresenta l’opinione pubblica della Bielorussia. Secondo un sondaggio della Chatham House condotto tra il 20 gennaio e il 9 febbraio 2022, il 56 per cento dei bielorussi voleva che il proprio paese assumesse una posizione neutrale in un’eventuale guerra tra Russia e Ucraina. Solo il 13 per cento era d’accordo a inviare truppe a sostegno della Russia, mentre il 58 per cento si opponeva a questa linea d’azione.

Un nuovo sondaggio condotto dopo l’invasione totale dell’Ucraina da parte della Russia ha rivelato un ancora minore sostegno alla guerra: solo il tre per cento dei bielorussi voleva che l’esercito bielorusso entrasse nel conflitto dalla parte della Russia. Dalla fine di febbraio più di un migliaio di persone sono state arrestate durante proteste contro la guerra in Bielorussia, nonostante la dura repressione che la società ha subito a partire dall’estate del 2020.

C’è il pericolo, tuttavia, che l’attuale solidarietà dell’occidente con l’Ucraina prevalga sul precedente sostegno all’opposizione bielorussa. Il movimento democratico bielorusso, infatti, potrebbe trovare difficile essere ascoltato. Il leader, Sviatlana Tsikhanouskaya, ha recentemente dichiarato che «non si tratta più di una crisi interna: questa è una guerra in cui la Bielorussia è risultata partecipe» e ha dissociato il popolo bielorusso dalle azioni del regime.

Gli esiliati politici bielorussi non hanno ricevuto lo stesso livello di empatia e solidarietà dei rifugiati ucraini nell’Ue. Alcuni cittadini bielorussi recentemente sfollati hanno avuto paura di visitare i centri profughi e, a volte, hanno persino nascosto la propria nazionalità. I loro conti bancari ucraini sono congelati. D’altro canto, solo 400 rifugiati ucraini inizialmente sono andati in Bielorussia, rispetto a oltre un milione che è evacuato in Polonia.

Il 27 febbraio Lukashenko ha condotto un referendum di modifica alla costituzione bielorussa. Ha affermato che l’affluenza alle urne è stata pari al 78,6 per cento, con l’82,9 per cento a favore dei cambiamenti e il 12,8 per cento contrario (il resto dei voti non era valido).

La costituzione modificata – in base alla quale «la Repubblica di Bielorussia esclude l’aggressione militare con il proprio territorio nei confronti di altri stati» – è entrata in vigore il 15 marzo.

Problemi di successione

Lukashenko ha annunciato che ci vorranno due anni per implementare i cambiamenti, ma si tratta di uno stratagemma per guadagnare tempo mentre valuta come rimanere al potere. Questi emendamenti non mirano né alla democratizzazione né al consolidamento della riforma.

L’obiettivo principale è di creare un’assicurazione personale per Lukashenko, quando inizierà il processo di successione. La nuova costituzione gli fornirà una difesa a più livelli dopo le dimissioni.

Tuttavia, nella nuova realtà dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, probabilmente cercherà di posticipare questo processo indefinitamente pur di non rischiare una sorte incerta.

Le sue decisioni sul futuro – la sua e quella del sistema politico, così come una probabile transizione politica in Bielorussia e l’integrazione con la Russia – dipenderanno dal corso della guerra di Putin contro l’Ucraina. Una cosa è certa: Lukashenko darà la priorità alla propria sicurezza e benessere rispetto all’indipendenza del suo paese e alla volontà della sua gente.

Questo articolo è stato pubblicato sul sito del think tank European Council on Foreign Relations. Traduzione di Monica Fava.

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