Dopo dieci anni di vita e dopo aver ottenuto tre miliardi di dollari di finanziamenti da realtà come Google, Alibaba, Jp Morgan Chase e il fondo d’investimenti dell’Arabia Saudita, nel giugno 2019 Magic Leap finalmente presentava al pubblico il suo attesissimo visore in realtà aumentata: il Magic Leap One. L’eccitazione tra gli addetti ai lavori e gli appassionati era alle stelle: gli occhialoni della società con sede in Florida dovevano rappresentare la nuova frontiera della tecnologia, in grado di introdurre elementi digitali nel nostro campo visivo, sovrapponendoli quindi all’ambiente fisico.

Il Magic Leap One prometteva di portarci in una nuova era tecnologica, in cui, indossando i visori Ar (augmented reality), avremmo potuto proiettare le indicazioni di Google Maps direttamente sull’asfalto, visualizzare le informazioni relative a un monumento semplicemente osservandolo, vedere davanti ai nostri occhi le notifiche che oggi compaiono sullo smartphone e ammirare opere d’arte digitali integrate in luoghi fisici. Questo dispositivo venduto a 2.300 dollari, insomma, rappresentava il primo passo di una nuova rivoluzione digitale. Pochi mesi più tardi, queste grandi promesse si rivelarono un buco nell’acqua: nel dicembre 2019, il Magic Leap One aveva venduto solo seimila esemplari (contro il milione in un anno previsto dal Ceo Rony Abovitz), costringendo la società a licenziare mille persone (metà della sua forza lavoro) e a rivedere completamente i propri piani.

Crederci ancora

È un déjà-vu di quanto già vissuto pochi anni prima. Nel 2014, i pionieristici Google Glass erano infatti andati incontro allo stesso destino: la loro produzione era stata interrotta pochi mesi dopo il lancio per poi venire rilanciati come dispositivo a uso industriale e professionale. Col senno di poi, si tratta di fallimenti prevedibili: chi vorrebbe coprirsi di ridicolo andando in giro con addosso il Magic Leap One, costituito da un paio di occhialoni estremamente ingombranti, un mini-computer da attaccare alla cintura e una sorta di telecomando da tenere sempre in mano? A pochi anni di distanza l’uno dall’altro, i tanto attesi visori in realtà aumentata – da molti considerati la “next big thing” tecnologica – hanno messo insieme due clamorosi flop, dimostrando di non andare incontro ai gusti dei consumatori.

C’è però chi non è affatto d’accordo con questa conclusione. In particolare, continuano a pensarla diversamente colossi del calibro di Apple, Amazon, Facebook e anche Snapchat, che stanno progettando i loro visori e continuano a considerare la realtà aumentata la prossima frontiera della tecnologia digitale. Tutti sembrano avere ben chiaro che non si devono ripetere gli errori commessi da Google e da Magic Leap: i dispositivi Ar devono avere dimensioni molto più ridotte (anche a scapito delle funzionalità) e poter essere indossati come fossero normali occhiali, senza trasformare chi li porta in una sorta di cyborg.

La mela aumentata

Le maggiori attenzioni sono concentrate su Apple. La società di Cupertino, storicamente, è infatti in grado di perfezionare per il grande pubblico prodotti inventati da altri. Apple non ha inventato il lettore mp3, ma ha creato l’iPod. Non ha inventato lo smartphone, ma ha dato vita all’iPhone. E adesso starebbe puntando a ripetersi anche nel campo della realtà aumentata. D’altra parte, lo stesso Ceo, Tim Cook, lo ha affermato qualche mese fa durante una conferenza: «La realtà aumentata pervaderà ogni aspetto delle nostre vite».

Un’affermazione di questo tipo non può essere casuale. E infatti – secondo quanto riportato dal blogger Ming Chi-Kuo, una delle fonti più attendibili del settore – Apple si prepara a mettere in commercio, nel corso del 2022, un visore in mixed reality (pensato principalmente per la realtà virtuale, ma con qualche limitata funzione in Ar) e poi, attorno al 2025, a lanciare dei veri e propri occhiali in realtà aumentata, che dovrebbero unire le funzionalità di dispositivi come il Magic Leap One a un design piacevole e facilmente indossabile (al prezzo di circa 3mila dollari).

Onlife

Non molto dissimile la strategia di Facebook, che dopo aver reso popolare la realtà virtuale con l’acquisizione della società leader del settore, Oculus, sta investendo enormi risorse per conquistare anche il campo della realtà aumentata. Il primo passo è stato quello di stringere una partnership con l’italiana Luxottica, che si occuperà della produzione dei modelli – nome in codice Project Aria – che dovrebbero fare la loro comparsa sul mercato attorno al 2022. Non saranno ancora veri e propri visori in realtà aumentata, ma più semplici occhiali smart dotati di telecamere, microfoni e assistenti virtuali. Ma è solo il primo passo, che consentirà al grande pubblico di prendere confidenza con questi nuovi dispositivi. Col passare degli anni, i visori di Facebook verranno integrati con tutte le funzionalità più avanzate della realtà aumentata, fino a permetterci una vera immersione in quello che il filosofo Luciano Floridi ha definito un mondo “onlife”, in cui digitale e fisico sono fusi l’uno nell’altro.

La sorpresa di Snapchat

Apple e Facebook, quindi, stanno seguendo una strategia simile: lanciare nel prossimo anno dei dispositivi che avvicinino il pubblico a questo genere di visori e poi prepararsi, sul medio termine, a conquistare il mercato della realtà aumentata. Ciò che però Mark Zuckerberg e Tim Cook non avevano messo in preventivo era che qualcuno potesse essere più avanti di loro. Snapchat, social network da 500 milioni di utenti, ha infatti da poco presentato la nuovissima versione (per ora destinata solo agli sviluppatori) dei suoi Spectacles: occhiali dalle dimensioni molto contenute (e dal peso di 134 grammi), integrati con fotocamera e microfoni e che offriranno anche funzionalità di realtà aumentata, permettendo per esempio di applicare al mondo che ci circonda le animazioni digitali caratteristiche di questo social network (tra cui le classiche orecchie da coniglio che compaiono sulla testa di innumerevoli protagonisti di brevi video).

Un’applicazione priva di qualunque utilità pratica, ma che mostra quanto siano tecnologicamente avanzati gli Spectacles: «Credo che nessuno si aspettasse che fossimo già a questo punto, tutti gli altri prodotti in commercio sembrano degli elmetti. Ma invece di costringere le persone a cambiare il loro comportamento affinché si adatti alla tecnologia, dobbiamo cambiare i dispositivi e la tecnologia affinché si adattino agli esseri umani», ha affermato, parlando con il Financial Times, il fondatore di Snapchat Evan Spiegel

Piccolo spazio pubblicità

Questo futuro di totale integrazione tra mondo fisico e virtuale avrà però un elemento in comune con l’ambiente digitale del presente: la pubblicità. Se già oggi le inserzioni personalizzate rappresentano il modello di business dominante per social network e non solo, nell’ambiente in realtà aumentata in cui un domani potremmo vivere tutto ciò sarà ancora più pervasivo. Per avere un esempio, basti guardare a come, nel 2017, è stato sfruttato dal punto di vista pubblicitario una delle prime applicazioni di successo dell’Ar: Pokémon Go, il gioco che permetteva di andare a caccia nel mondo reale dei personaggi digitali del celebre videogioco e cartone animato, tramite un’apposita applicazione per smartphone. Niantic, la casa produttrice, aveva infatti stretto una partnership con McDonald’s e altre catene commerciali affinché i personaggi dei Pokémon venissero collocati digitalmente all’interno dei loro negozi, attirando così milioni di ulteriori potenziali clienti. Secondo uno studio della Purdue University, i negozi entrati a far parte della rete del gioco hanno incrementato le vendite del 4 per cento nel periodo preso in esame.

Più recentemente, durante la presentazione degli Spectacles di Snapchat avvenuta a Los Angeles nel mese di maggio, è invece stato mostrato come questi visori permetteranno di provare digitalmente i vestiti che si desiderano acquistare, sovrapponendoli al nostro corpo e superando così uno degli ostacoli principali all’acquisto online dell’abbigliamento.

La maggior parte delle potenzialità pubblicitarie di questo strumento devono ancora essere immaginate: c’è chi prevede che, un domani, i manifesti pubblicitari del mondo fisico proietteranno annunci digitali differenti a seconda di chi li inquadra, oppure che le vetrine dei negozi davanti alle quali passiamo mostrerannono digitalmente i capi di abbigliamento a cui potremmo essere più interessati. «Ma affinché tutto ciò si diffonda per davvero, ci vorrà probabilmente un altro decennio», ha spiegato sempre Evan Spiegel.

Il processo di integrazione tra fisico e digitale, iniziato con l’avvento dello smartphone, sta per compiere un fondamentale passo in avanti. Alcune realtà – come Samsung, la startup Mojo Vision e secondo alcune indiscrezioni anche Apple – stanno inoltre già guardando a un futuro ancora più avanzato, in cui indosseremo direttamente delle lenti a contatto smart. I colossi della tecnologia mirano insomma a fondere non solo il mondo online con quello offline, ma anche il corpo umano con i dispositivi tecnologici. Resta da capire se questo è un futuro da cui essere attratti o se invece guardare con un certo timore.

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